Ferentino: le persone con disabilità non sono reiette. Basta con le discriminazioni

“Ragaz­zi auti­sti­ci? No, gra­zie.” È suc­ces­so all’Hotel Ter­me di Pom­peo di Feren­ti­no, pro­vin­cia di Fro­si­no­ne, dove — come rac­con­ta Repub­bli­ca — “quan­do i fami­lia­ri dei ragaz­zi han­no fis­sa­to le stan­ze a caval­lo del Capo­dan­no, alla paro­la auti­smo sono ini­zia­te le scu­se del diret­to­re: dal nume­ro chiu­so per i bam­bi­ni al fat­to che la strut­tu­ra non fos­se attrez­za­ta. Rifiu­ta­ti con la stes­sa nor­ma­li­tà con cui alcu­ni alber­ghi spe­ci­fi­ca­no che non accet­ta­no cani e altri ani­ma­li domestici.”

Un epi­so­dio agghiac­cian­te. Sia­mo alle por­te del 2020 e anco­ra si pen­sa alle per­so­ne con disa­bi­li­tà, con sin­dro­me di down, asper­ger o auti­smo come a reiet­ti da mar­gi­na­liz­za­re e discri­mi­na­re. Sono ancor più gra­vi le paro­le del Diret­to­re con cui, in un ten­ta­ti­vo gof­fo e sur­rea­le, ten­ta di “giu­sti­fi­ca­re” il rifiu­to di acco­glie­re una deci­na di fami­glie con alcu­ni ragaz­zi auti­sti­ci

Vivia­mo in una socie­tà che anco­ra con­ce­pi­sce la diver­si­tà come peso, come ele­men­to dequa­li­fi­can­te che meri­ta di esse­re nasco­sto, mes­so da par­te, marginalizzato.

Quel­lo che ser­ve, inve­ce, è la pie­na inclu­sio­ne del­le per­so­ne con disa­bi­li­tà all’interno del­le nostre cit­tà e del­la nostra socie­tà, ini­zian­do dall’abbattimento del­le bar­rie­re archi­tet­to­ni­che, e pas­san­do, soprat­tut­to, dal­le bar­rie­re men­ta­li che trop­po spes­so por­ta­no a con­si­de­rar­le qua­si meri­te­vo­li di un trat­ta­men­to igno­bi­le come è quel­lo del caso di Ferentino. 

Que­ste per­so­ne, inve­ce, rap­pre­sen­ta­no una fon­te di ric­chez­za socia­le ed uma­na a cui non si può e non si deve fare a meno ma, soprat­tut­to, non sono effi­gi di bat­ta­glie effi­me­re, tra­sfor­ma­ti in cate­go­rie pro­tet­te da sal­va­guar­da­re in riser­ve india­ne, con una visio­ne pater­na­li­sti­ca e assi­sten­zia­li­sta più che egualitaria.

La nostra socie­tà sta pre­ci­pi­tan­do in un bara­tro che can­cel­la i valo­ri di fra­tel­lan­za, sorel­lan­za, soli­da­rie­tà ed inclu­sio­ne. Una deri­va peri­co­lo­sa che dob­bia­mo con­tra­sta­re in tut­ti modi. Ripar­tia­mo dai nostri valo­ri costi­tu­zio­na­li, da quell’ugua­glian­za for­ma­le e sostan­zia­le, da poli­ti­che socia­li atti­ve che sia­no accom­pa­gna­te da gran­di cam­pa­gne cul­tu­ra­li ed edu­ca­ti­ve a par­ti­re dal­le scuo­le, tut­te le scuo­le di ogni ordi­ne gra­do. Non solo per gli alun­ni, ma anche per le fami­glie, gli ope­ra­to­ri socio-sani­ta­ri e poi, con la par­te­ci­pa­zio­ne diret­ta dei Comu­ni e degli Enti pub­bli­ci di tut­ta la cittadinanza.

Tut­to que­sto per non sen­ti­re più, mai più, brut­te affer­ma­zio­ni come que­sta: “Capi­rà, è una real­tà e sono per­so­ne che non cono­sco. Ho avu­to pau­ra e ho dovu­to pen­sa­re alla strut­tu­ra. Se non fos­se sta­to così pecu­nia non olet. Paga­va­no come gli altri…”.

Ora basta, dob­bia­mo pre­ten­de­re rispet­to, ugua­glian­za, pari dirit­ti, pos­si­bi­li­tà e oppor­tu­ni­tà per tut­te, tut­ti, tutt*.

 

Gian­mar­co Capogna

Ali­cia Ambrosini

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Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.