Riportiamo l’intervento di Eulalia Grillo, referente nazionale Scuola di Possibile, all’assemblea organizzata dal Comitato contro ogni autonomia.
Segnaliamo inoltre due petizioni per chiedere il ritiro dei progetti di autonomia differenziata di Emilia-Romagna e Lombardia.
Buongiorno a tutte e a tutti e grazie al Comitato contro ogni autonomia differenziata per aver creato ancora una volta un’occasione di dibattito su un tema che anche a Possibile sta a cuore fin dall’inizio.
Nella notte tra il 29 e il 30 è comparsa nei decreti legge collegati alla Legge di Bilancio, l’intenzione del governo di rilanciare il percorso dell’autonomia differenziata su 23 materie, tra cui scuola e sanità, con l’emergenza pandemica ancora in atto e senza nessun preavviso né alcun confronto in Parlamento e nemmeno con la società civile.
Con Possibile ribadiamo la nostra ferma contrarietà a questo percorso.
È più che mai auspicabile che certi beni siano o diventino patrimonio comune –sappiamo che non sempre lo sono- per due motivi fondamentali: il primo, perché rappresentano un potenziale volano economico per lo Stato; il secondo per rispettare il principio di uguaglianza di tutti i cittadini, sancito dall’Articolo 3 della Costituzione italiana.
In particolare, per valutare le conseguenze che l’autonomia differenziata produrrebbe sulla scuola, è necessario partire dalla considerazione che lo stato di salute della nostra scuola è già oggi estremamente precario, grazie a vent’anni di riforme sbagliate, il cui comune denominatore è stato risparmiare, tagliare i fondi.
Per continuare a proporre un’offerta formativa di qualità, le scuole in questi anni hanno contrastato i tagli di risorse essenzialmente in due modi: chiedendo un contributo volontario alle famiglie per finanziare progetti, corsi di alfabetizzazione e di recupero, corsi di seconda lingua straniera, laboratori negli istituti tecnici, preparazione per l’accesso ai corsi universitari; accettando sponsorizzazioni di aziende ed enti che, in cambio, si sono sentiti autorizzati a interferire nell’offerta formativa e nelle programmazioni disciplinari.
Già adesso, quindi, le scuole delle regioni più ricche offrono agli studenti maggiori possibilità rispetto a quelle più povere. Sono già ben presenti, infatti, forti diseguaglianze tra scuole del centro città e della periferia, o tra quelle del Nord- dove ci sono imprese disposte a investire nelle attività scolastiche e quelle del Sud.
Con l’applicazione dell’autonomia differenziata questi divari potrebbero solo allargarsi a dismisura.
Infine, il sistema scolastico nazionale ha già al suo interno quattro regioni a statuto speciale e due province autonome; la gestione regionale della chiusura delle scuole durante la pandemia ha fornito prove lampanti di come l’autonomia differenziata non farebbe che accrescere le disuguaglianze già presenti sui territori.
Pensare di regionalizzare la scuola quando è assodato che le sfide della conoscenza diventano sempre più internazionali è un’idea in netto contrasto con l’esigenza di allargare confini e armonizzare tradizioni e valori diversi. La scuola deve rifuggire da criteri di parte e rimanere una funzione statale che garantisca i diritti fondamentali dell’intera cittadinanza.