Sono cinque gli operai morti venerdì 16 febbraio a Firenze.
Di uno si è saputo quasi subito il nome, degli altri quattro solo nella serata di sabato.
Tutti e cinque, insieme a un’altra cinquantina di operai, di cui tre ricoverati in ospedale, stavano lavorando a un cantiere per la costruzione di un grande centro commerciale in cui si collocherà anche la nota azienda Esselunga.
La ditta committente è La Villata Spa, interamente partecipata da Esselunga, il cui presidente è Angelino Alfano, già ministro dei governi Berlusconi, Letta, Renzi e Gentiloni.
La dinamica precisa dell’ incidente
è in corso di accertamento. Dalle prime ricostruzioni pare si sia determinato per il cedimento di una trave di cemento che ha causato una serie di altri crolli a catena.
I quattro operai, di cui si è saputo il nome solo sabato, erano stranieri, provenienti da Marocco e Tunisia. Due di questi pare fossero “irregolari” senza permesso di soggiorno e, se accertato, anche di questo si occuperà la Magistratura.
Non si può fare a meno di ricordare che Alfano, da ministro dell’Interno, così si esprimeva: “Accogliere i profughi, rimpatriare gli irregolari”.
A parte quelli sfruttati dalle ditte subappaltatrici che lavorano per la società di cui è presidente.
Loro, invece, che restino pure.
Da subito si è parlato anche, per espressa denuncia del segretario fiorentino della Fiom, di un probabile inquadramento di alcuni operai sotto un CCNL diverso da quello in cui rientrano le loro mansioni. Il CCNL applicato sarebbe stato quello dei metalmeccanici invece di quello degli edili. Il “giochetto” di inquadrare i lavoratori sotto CCNL “più favorevoli” ai datori di lavoro va piuttosto di moda nella barbarie che ormai contraddistingue il mondo del lavoro.
Qui il dito va puntato sia sull’esistenza di CCNL che tutelano troppo poco i i diritti dei lavoratori (di cui si approfittano datori di lavoro senza scrupoli) sia sulla mancanza di adeguati controlli per una carenza ormai strutturale negli organici dell’Ispettorato del Lavoro.
La differenza non sta tanto nelle retribuzioni, ma nel sistema di tutela e protezione previsto per i lavoratori edili, che prevede l’effettuazione di una formazione iniziale obbligatoria, nonché un suo periodico aggiornamento.
Nel rapporto di lavoro intervengono enti (quali le casse edili) che svolgono una funzione di verifica al momento dell’iscrizione e per ogni nuovo cantiere aperto quanto una funzione positiva premiante (che di fatto è poi anch’essa di controllo ex-post) attribuendo benefici economici alle ditte che dimostrano di essere in regola con le norme sulla sicurezza.
Per contro, dal momento che intervengono anche economicamente su alcuni elementi della busta paga, prevedono la corresponsione di un contributo mensile da parte della ditta.
Il tutto rende il rapporto di lavoro edile nel complesso più oneroso rispetto ad altri, sia sul piano economico che su quello burocratico.
Poi c’è il sistema degli appalti e dei subappalti: si parla di una sessantina di subappalti, con oltre trenta ditte coinvolte. E sorge spontanea una domanda: com’è possibile un coordinamento a prova di errore tra così tante aziende? Un difetto in una qualche comunicazione pare il minimo che possa accadere.
Dopo gli incidenti in un cantiere di Genova per la costruzione di un supermercato Esselunga della stessa ditta appaltatrice, la AEP, gli ispettori del lavoro scrivevano:
“Troppe imprese in subappalto, mancanza di comunicazione tra le stesse e lavori eseguiti troppo in fretta”.
Il supermercato, nel frattempo, è stato inaugurato. La frantumazione dei processi produttivi, che ha come scopo quello di far risparmiare sul costo del lavoro e di indebolire la forza lavoro, è la causa a monte della tragedia nel cantiere fiorentino.
Nell’attesa di ricevere notizie chiare e circostanziate sulla dinamica di quanto avvenuto in via Mariti a Firenze, una cosa si deve dire: non si è trattato di un errore umano.
E questo, nonostante le insinuazioni dei titoli dei giornali, arrivate appena passato lo shock iniziale, è necessario dirlo con chiarezza.