A Foggia la mafia spara ai bambini

Qualche giorno fa a Foggia la mafia ha sparato al presunto boss Roberto Sinesi e a suo nipote di quattro anni che stava seduto sulle sue ginocchia nell’auto che è stata presa di mira dai colpi di arma da fuoco.

 

Cos’è la poli­ti­ca? L’impegno a fare in modo che nul­la vada per­so: che non riman­ga­no indie­tro i fat­ti e nem­me­no le per­so­ne. Per que­sto i pro­iet­ti­li di Fog­gia non sono spa­ri di cri­mi­na­li­tà orga­niz­za­ta ma sin­to­mi di un male che va stu­dia­to, dif­fu­so e combattuto.

Qual­che gior­no fa a Fog­gia la mafia ha spa­ra­to al pre­sun­to boss Rober­to Sine­si e a suo nipo­te di quat­tro anni che sta­va sedu­to sul­le sue ginoc­chia nell’auto che è sta­ta pre­sa di mira dai col­pi di arma da fuo­co. Tut­to è avve­nu­to in pie­no gior­no nel quar­tie­re di Can­de­la­ro, peri­fe­ria di Fog­gia.

La mafia fog­gia­na (e più lar­ga­men­te quel­la puglie­se) sem­bra non esse­re rite­nu­ta abba­stan­za inte­res­san­te per diven­ta­re ogget­to di dibat­ti­to pub­bli­co eppu­re gli atti cri­mi­na­li, anche ecla­tan­ti, si sus­se­guo­no sen­za tre­gua. Nel­la mafia gar­ga­ni­ca c’è in atto lo scon­tro tra le fami­glie Romi­to e i Ber­go­lis men­tre le fami­glie del­la Socie­tà Fog­gia­na (Sine­si-Fran­ca­vil­la, Moret­ti-Pel­le­gri­no e i Tri­sciuo­glio-Tolo­ne­se) con­ti­nua­no impun­ti­ti a imper­ver­sa­re. Era il 25 giu­gno del 2014 quan­do deci­se­ro di assa­li­re la socie­tà di vigi­lan­za N.P. Ser­vi­ce bru­cian­do dician­no­ve camion dispo­sti in cer­chio e pro­van­do ad abbat­te­re un edi­fi­cio con una ruspa alla ricer­ca del caveau. Nem­me­no nel­le fic­tion più ame­ri­ca­ne si potreb­be imma­gi­na­re una sce­na del genere.

Eppu­re la cri­mi­na­li­tà puglie­se con­ti­nua a gode­re del­la nomea di “mafia mino­re” e così a garan­tir­si un bas­so livel­lo di atten­zio­ne. C’è una sto­ria che andreb­be rac­con­ta­ta: in Ita­lia poli­ti­ca e gior­na­li­sti non si accor­se­ro di una ter­ri­bi­le ban­da cri­mi­na­le con­si­de­ra­ta trop­po naif per esse­re con­si­de­ra­ta mafia. I magi­stra­ti che ci lavo­ra­va­no ven­ne­ro lascia­ti a lun­go nel silen­zio men­tre si ritro­va­va­no a gesti­re minac­ce serie e peri­co­lo­se. Nes­su­no se ne accor­se fin­ché uno scrit­to­re non deci­se di scri­ver­ne: era­no i Casa­le­si. E quel­lo scrit­to­re, Rober­to Savia­no, è oggi il nemi­co pub­bli­co del­la poli­ti­ca di cui ha mostra­to i limiti.

Ecco, ci pia­ce­reb­be che que­sta vol­ta maga­ri la poli­ti­ca ci arri­vas­se dav­ve­ro pri­ma che esca qual­che roman­zo o qual­che buon film: che la poli­ti­ca faces­se la poli­ti­ca, insom­ma. E che la Com­mis­sio­ne Anti­ma­fia (così inten­ta a gru­fo­la­re nei gio­chet­ti di par­ti­to) alzas­se la testa per guar­da­re il Paese.

Buo­na poli­ti­ca. Non si chie­de nien­te di più.

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