Fuori e dentro gli stadi: cosa ci racconta quanto avvenuto a Milano l’altra notte

Abbiamo un problema più profondo e stratificato: gruppi organizzati neofascisti e neonazisti dentro e fuori dagli stadi; atteggiamenti, azioni, cori, striscioni razzisti dentro e fuori dagli stadi; istituzioni immobili - quando non portate alla stretta di mano – dentro e fuori dagli stadi. E abbiamo un problema con la violenza, con pratiche violente e da guerriglia scambiate per sport, con la liberalizzazione delle armi da fuoco, con istituzioni che parlano della difesa violenta come di un modello.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Una per­so­na rima­sta a ter­ra e suc­ces­si­va­men­te dece­du­ta. A ter­ra – anche — spran­ghe, col­tel­li, una ron­co­la. Una vera e pro­pria guer­ri­glia urba­na che ha coin­vol­to il tifo orga­niz­za­to di Inter, Vare­se, Napo­li e Niz­za, men­tre all’interno del­lo sta­dio, dal­le tri­bu­ne, urla e insul­ti raz­zi­sti col­pi­va­no un gio­ca­to­re con la pel­le nera. Ci sono un insie­me di ele­men­ti, col­lo­ca­ti su sce­ne diver­se, a com­por­re quan­to suc­ces­so la scor­sa not­te a Mila­no. Un filo con­dut­to­re, però, c’è. È un filo nero, che ha a che vede­re con l’estrema destra, con i movi­men­ti neo­fa­sci­sti e neo­na­zi­sti, col raz­zi­smo che tut­to lega e tie­ne insie­me. E con un mini­stro che sul­le divi­se e sul­le cur­ve sta costruen­do par­te del­la sua pro­pa­gan­da, quel­la più sci­vo­lo­sa e più dif­fi­ci­le da tene­re sot­to con­trol­lo, come ci inse­gna la sto­ria più lon­ta­na e più recen­te, quan­do le deri­ve auto­ri­ta­rie han­no tro­va­to ter­re­no fer­ti­le e brac­cia for­ti sia nel­le divi­se che nel­le cur­ve.

Di Danie­le Belar­di­nel­li, che di que­sta sto­ria è diven­ta­to pur­trop­po pro­ta­go­ni­sta, è sta­to det­to mol­to: «era nome mol­to cono­sciu­to là dove si incro­cia­no tifo orga­niz­za­to ed estre­ma destra», «era uno dei lea­der del grup­po Blood & Honour del­la cur­va del Vare­se nato nel 1998 e tut­t’o­ra in atti­vi­tà, nono­stan­te i capi sto­ri­ci sia­no sta­ti col­pi­ti più vol­te da Daspo o coin­vol­ti in inchie­ste giu­di­zia­rie con­nes­se allo spac­cio di dro­ga e a fat­ti vio­len­ti» (Fanpage.it). «Nel 2012 ave­va rice­vu­to dal que­sto­re di Vare­se un Daspo per cin­que anni, per­ché coin­vol­to negli scon­tri duran­te una par­ti­ta ami­che­vo­le Como-Inter, fini­ta con due ore di guer­ri­glia urba­na. E un altro l’a­ve­va rice­vu­to nel 2007, sem­pre di 5 anni, per gli scon­tri a mar­gi­ne del­l’in­con­tro Vare­se-Lumez­za­ne» (Repub­bli­ca). «Dal pun­to di vista dell’impegno socia­le – ha dichia­ra­to il depu­ta­to leghi­sta e sin­da­co di Moraz­zo­ne, Mat­teo Bian­chi — non pos­so dire nul­la di que­sta per­so­na se non che era mol­to atti­va in modo posi­ti­vo: ave­va aper­to una pale­stra, coin­vol­ge­va i gio­va­ni». Quel che sap­pia­mo del­la sua atti­vi­tà spor­ti­va, ripor­ta­ta dai gior­na­li, è che «come atle­ta del­la ‘Fight Aca­de­my’ di Moraz­zo­ne ave­va vin­to duran­te un tor­neo inter­na­zio­ne l’o­ro in tre spe­cia­li­tà: col­tel­lo, giac­ca e col­tel­lo (scher­ma in cui un indu­men­to vie­ne usa­to come scu­do) e “capra­ia” (com­bat­ti­men­to con i due atle­ti lega­ti per le braccia)».

Un caso? Andrea Mon­ti, diret­to­re del­la Gaz­zet­ta del­lo Sport, non la pen­sa così, defi­nen­do l’asse tra il tifo di Inter, Vare­se e Niz­za «una sor­ta di inter­na­zio­na­le ultrà», che sareb­be «un dato ulte­rior­men­te pre­oc­cu­pan­te: un grup­po di delin­quen­ti tra­ve­sti­ti di neraz­zur­ro cui pre­sta­no man­for­te gli ami­ci gemel­la­ti di Vare­se e di Niz­za». «Tre cur­ve vio­len­te, raz­zi­ste, di estre­ma destra», gli ha fat­to eco Pao­lo Beriz­zi su Repub­bli­ca. L’estrema destra di cui stia­mo par­lan­do è l’estrema destra che si richia­ma al fasci­smo e al nazi­smo sen­za giri di paro­le. «Blood & Honour», infat­ti, è un mot­to che si ispi­ra alla gio­ven­tù hitle­ria­na, uti­liz­za­to «nel 1979, agli albo­ri del movi­men­to nazi­skin in Inghil­ter­ra, sia come fan­zi­ne musi­ca­le sia come vero e pro­prio bol­let­ti­no del movi­men­to», fino a diven­ta­re una vera e pro­pria rete inter­na­zio­na­le com­po­sta da «ban­de nazi-rock, case edi­tri­ci e disco­gra­fi­che, nego­zi di abbi­glia­men­to, luo­ghi di ritro­vo e orga­niz­za­zio­ni poli­ti­che» (Il Mani­fe­sto). In diver­si pae­si euro­pei l’organizzazione è sta­ta sciol­ta. Tra i sim­bo­li del­la tifo­se­ria vare­si­na rien­tra la “runa odal”, sim­bo­lo già adot­ta­to da una divi­sio­ne del­le SS e dall’organizzazione neo­fa­sci­ta e gol­pi­sta ita­lia­na “Avan­guar­dia nazio­na­le”. Così come si spre­ca­no i col­le­ga­men­ti – attra­ver­so lo sto­ri­co grup­po degli ultras del grup­po “Set­te Laghi” — con i neo­na­zi­sti vare­si­ni del­la Comu­ni­tà mili­tan­te dei Dodi­ci Rag­gi, dove i dodi­ci rag­gi richia­ma­no la sim­bo­lo­gia pro­pria di Wewel­sburg, castel­lo che, in epo­ca nazi­sta, era epi­cen­tro del­la for­ma­zio­ne del­le SS.

Tut­to ciò è sta­to deru­bri­ca­to dal mini­stro dell’Interno a que­stio­ne mino­re, che riguar­da solo un mani­po­lo di delin­quen­ti, e non un feno­me­no più vasto e diffuso:

Se voglia­mo con­dan­na­re e scon­fig­ge­re la vio­len­za, non dob­bia­mo far fin­ta che sia tut­ta la stes­sa roba. Con­vo­ca­re gli ultras? La tifo­se­ria orga­niz­za­ta è com­po­sta per la stra­gran­de mag­gio­ran­za da per­so­ne per bene. Quel­li di ieri non sono tifo­si, sono delinquenti.

Allo stes­so modo, facen­do fin­ta di non capi­re, i cori raz­zi­sti con­tro Kou­li­ba­ly sono diven­ta­ti dei sem­pli­ci cori da sta­dio per­ché – la tesi di Sal­vi­ni è que­sta – nes­su­no può esse­re così idio­ta da esse­re raz­zi­sta nel 2018:

Il raz­zi­smo è una roba da idio­ti nel 2018. Bonuc­ci quan­do è venu­to a gio­ca­re a San Siro con la maglia del­la Juven­tus è sta­to rico­per­to da offe­se e “buu”. Cos’è raz­zi­smo que­sto? I cori “Mila­no in fiam­me” sono razzismo?

Non è suf­fi­cien­te col­pi­re quel “mani­po­lo” (sic) e non è nem­me­no suf­fi­cien­te pun­ta­re i riflet­to­ri sul­le cur­ve, le tifo­se­rie, gli sta­di. Abbia­mo un pro­ble­ma più pro­fon­do e stra­ti­fi­ca­to: grup­pi orga­niz­za­ti neo­fa­sci­sti e neo­na­zi­sti den­tro e fuo­ri dagli sta­di; atteg­gia­men­ti, azio­ni, cori, stri­scio­ni raz­zi­sti den­tro e fuo­ri dagli sta­di; isti­tu­zio­ni immo­bi­li — quan­do non por­ta­te alla stret­ta di mano – den­tro e fuo­ri dagli sta­di. E abbia­mo un pro­ble­ma con la vio­len­za, con pra­ti­che vio­len­te e da guer­ri­glia scam­bia­te per sport, con la libe­ra­liz­za­zio­ne del­le armi da fuo­co, con isti­tu­zio­ni che par­la­no del­la dife­sa vio­len­ta come di un model­lo. Chi orga­niz­za assal­ti a col­pi di maz­ze e ron­co­le non è altro che il nucleo più duro e vio­len­to di un discor­so dell’odio ben più este­so, che come dal­la stra­da entra nel­lo sta­dio attra­ver­so i cori, così dal­le isti­tu­zio­ni tor­na alle stra­de a col­pi di foto e tweet: stra­ti­fi­ca­zio­ni e ingra­nag­gi del­la mede­si­ma mac­chi­na che spes­so, pur­trop­po, si pre­sen­ta anche sot­to le spo­glie più inno­cen­ti. «Il nostro dove­re – dice­va Eco — è di sma­sche­rar­lo e di pun­ta­re l’indice su ognu­na del­le sue nuo­ve for­me – ogni gior­no, in ogni par­te de mondo».[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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