Il prezzo del gas metano a 300 euro al MWh è insostenibile. Se questa situazione si protrarrà per lungo tempo, i riflessi sul mercato elettrico, e a cascata sul sistema produttivo, saranno molto gravi, tali da far precipitare l’Europa in una recessione molto severa.
La campagna elettorale è qualcosa di lontano anni luce dalla realtà. Perché la realtà è questa: un rischio gravissimo di uno shock energetico che neanche negli anni Settanta del secolo scorso. Salvini intende rispondere alla crisi con centrali nucleari che saranno pronte — se va bene — tra dieci, dodici anni? La chiama “energia pulita e sicura”, lui. Chissà se è disposto a tenere un reattore (di quarta generazione, eh) in giardino.
L’unica energia pulita e sicura è quella delle rinnovabili che vanno subito sbloccate, per arrivare a installare almeno 10 GW all’anno di impianti fotovoltaici, eolici, solare a concentrazione. Devono essere fatti subito i decreti attuativi per le comunità energetiche e deve essere rivisto il PNRR nel senso auspicato dall’Unione europea nell’ambito del piano RePowerEu, ossia ricavando le risorse per installare impianti di energia rinnovabile (e di stoccaggio) per 85 GW entro il 2030.
Questo tuttavia sono azioni di medio-lungo periodo che non rispondono alla domanda dell’elettorato. Cosa faremo a ottobre quando le aziende rischieranno di chiudere per i costi energetici alle stelle, e le famiglie italiane ed europee saranno sottoposte a prezzi fuori da ogni previsione?
> Ok al blocco delle tariffe, ma servono fondi aggiuntivi per sostenere la cassa integrazione
È positivo il blocco delle tariffe previsto sino ad aprile 2023 introdotto dal governo Draghi nell’ultimo Decreto Aiuti-bis, ma occorre studiare soluzioni per consentire il prosieguo delle attività alle imprese energivore e nei casi estremi dare sostegno attraverso gli ammortizzatori sociali, che devono essere adeguatamente finanziati. L’agevolazione introdotta con il Decreto Sostegni-ter dedicata alle imprese a forte consumo di energia elettrica, ossia il credito d’imposta pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel primo trimestre 2022, dovrebbe essere esteso a tutto il periodo presunto della crisi, quindi fino ad aprile 2023 e reso modulare in base all’andamento del prezzo dell’energia. Finora, per poter accedere all’agevolazione, infatti, deve essere dimostrato che il costo medio al Kwh dell’ultimo trimestre è superiore a quello del relativo periodo dell’anno 2019: tale criterio dovrebbe essere rivisto stabilendo un rapporto crescente tra costo eccedente e percentuale del credito d’imposta, nel limite superiore del 35%.
L’Unione europea deve agire unita per la sicurezza energetica. In questo contesto, in Europa, dobbiamo chiedere gli strumenti finanziari adeguati, come accaduto per il Covid-19: il programma SURE, inizialmente dotato di 100 miliardi di euro da distribuire sotto forma di prestiti ai paesi che ne fanno richiesta, è uno strumento temporaneo. Nel caso della imminente crisi economica e sociale dovuta al prezzo del gas metano, se gli Stati membri dovessero attivare schemi di lavoro a tempo ridotto – come la cassa integrazione in Italia – l’UE non avrebbe lo strumento per fornire un supporto immediato ai paesi in stato di necessità. Al momento in cui scriviamo, infatti, il SURE è in via di esaurimento (restano 4,6 miliardi ma l’Italia ha già ricevuto tutta la quota spettante), il Fondo sociale per il clima non è ancora definitivamente approvato (sono in corso i negoziati tra Parlamento e Consiglio) e in ogni caso il suo periodo di attivazione inizierebbe solo dal 2024 (per l’Italia sono disposti 7,8 miliardi, l’11% del totale, ma dispiegati su sette anni). La priorità in sede europea dovrebbe essere la sua rapida attivazione e anche un incremento della sua dotazione, oppure la riattivazione di SURE.
> La tassa sugli Extraprofitti è da rivedere, ma si potrebbe riformare l’IRES
La principale misura di redistribuzione messa in campo dal governo Draghi non sembra funzionare. Il prelievo del 25% sugli extraprofitti delle aziende energetiche ha ottenuto un gettito di appena 1 miliardo invece dei 10 attesi e posti a copertura del Decreto Aiuti. La norma sembra avere dei profili di incostituzionalità laddove prevede che l’imponibile sia determinato sulla base dell’incremento del valore aggiunto. In passato un caso simile era stato riscontrato dalla Corte Costituzionale nel giudizio sulla Robin Hood Tax del 2008, cassata proprio in violazione del principio di uguaglianza nella contribuzione alle spese pubbliche di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
Il sospetto di incostituzionalità ha fatto sì che le imprese energetiche sospendessero i versamenti, in attesa di impugnare le cartelle esattoriali e fare ricorso. Purtroppo un copione già visto. Una norma studiata poco, scritta male, rischia di generare un guasto ai conti pubblici e di vanificare la redistribuzione verso le famiglie colpite dal caro energia. Che fare quindi? Aggiustare la norma per proteggerla dall’incostituzionalità è il passo chiave. Altrimenti si dovrebbe agire sull’IRES, o trasformando l’imposta da proporzionale a progressiva (moderatamente progressiva, con uno schema a tre aliquote, l’ultima delle quali da applicare sopra il miliardo di euro), oppure inserendo una aliquota aggiuntiva alle imprese con ricavi superiori sempre a 1 miliardo di euro.
> La riforma del mercato elettrico per disaccoppiare il prezzo dell’elettricità dal gas
L’altra riforma urgente è quella del mercato elettrico. È Ursula von der Leyen ad averlo dichiarato, lo scorso giugno 2022 riconoscendo che «oggi il mercato [elettrico, ndr] è completamente diverso. Sono le rinnovabili le più convenienti e le più economiche». L’aumento dei prezzi del gas ha fatto schizzare al rialzo anche l’energia elettrica. Il perché è presto detto: il prezzo dell’elettricità è trainato dalla capacità di produzione “marginale” resa disponibile dalle centrali a gas, le quali possono essere accese con breve preavviso per soddisfare i picchi di domanda. Occorre riformare l’attuale sistema dei prezzi marginali per disaccoppiare i mercati del gas e dell’elettricità e introdurre il meccanismo cosiddetto pay-as-bid, il cui significato è che ogni produttore fa la sua offerta, sulla base della quale viene selezionato (con priorità alle offerte più economiche e compatibili con vincoli tecnici naturalmente), e ognuno di quelli selezionati viene remunerato al prezzo richiesto contenuto nell’offerta medesima. Nel sistema attuale invece, definito pay-as-cleared, tutte le offerte di vendita accettate sul mercato all’ingrosso vengono remunerate al prezzo indicato dall’offerta a prezzo più alto tra quelle accettate per coprire la domanda. Il passaggio al nuovo sistema trasferirebbe i vantaggi della tecnologia rinnovabile direttamente al livello di prezzo dei consumatori. In ambito europeo, a fronte delle richieste di riforma provenienti da Francia e Spagna, il governo Draghi si è “astenuto”. La Spagna ha adottato il modello pay-as-bid dal novembre 2020.