[vc_row][vc_column][vc_column_text]Lo scorso maggio, il consiglio regionale ligure ha approvato all’unanimità un ordine del giorno firmato da tutte le forze politiche che impegna la giunta a «sollecitare, anche attraverso i parlamentari liguri, il Parlamento italiano affinché, al pari di altri Stati europei, riconoscendo le gravi violazioni al diritto internazionale perpetrate nella guerra in Yemen, si esprima con fermezza per vietare l’esportazione e per bandire dal proprio territorio e dai propri porti il transito di armamenti destinati alla sanguinosa guerra yemenita».
Una presa di posizione davvero importante; resa ancora più lodevole dal fatto che tutte le forze politiche hanno collaborato e firmato il documento.
Tutto ciò, è avvenuto dopo che, il 20 maggio, una nave saudita, la Bahri Yambu, è attraccata al porto di Genova, per caricare del materiale bellico; la città si è subito mobilitata fin dalle prime ore del mattino e grazie anche al Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (che ha esposto uno striscione con su scritto: “Stop ai traffici di armi, guerra alla guerra”) ha tentato di impedire dapprima l’attracco della nave ma soprattutto, il carico dei materiali. Lo sciopero ha avuto successo, infatti, la nave è ripartita senza il carico.
A distanza di un mese però, una nave gemella, la Bahri Jazan, ha provato a ripetere l’operazione andata in fumo la prima volta e anche questa volta la risposta delle e dei genovesi non si è fatta attendere. Il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali ha indetto un presidio di protesta davanti a Palazzo San Giorgio in centro città per il 19 Giugno, il giorno prima dell’attracco della nave. Striscioni di Amnesty International, dei pacifisti e delle pacifiste dell’ora in silenzio per la pace e decine di persone si sono ritrovate per ribadire quello che già un mese fa Genova aveva espresso più che chiaramente. Con il Comitato Le Formiche di Possibile eravamo al loro fianco, per affermare un semplice principio: che i porti devono essere aperti per le persone e chiusi per le armi.
Il presidio delle e dei cittadini e lo sciopero dei lavoratori portuali sarebbero continuati la mattina successiva al ponte Etiopia se non fosse arrivata conferma durante il pomeriggio di mercoledì che non si sarebbe proceduto all’imbarco degli otto generatori (classificati ad uso militare) in attesa nel terminal genovese.
Tutto bene ciò che finisce bene, si potrebbe dire. I generatori non partiranno via mare e questa è una vittoria tutta genovese (si sa, a noi piace “fare scuola”, come nel caso del 30 Giugno 1960 di cui tra pochi giorni si celebrerà la ricorrenza con cortei e dibattiti). Tuttavia, è una vittoria parziale, perché i generatori saranno comunque spediti e viaggeranno via terra.
Ciò che stride in questa vicenda a “lieto fine” è quanto, mercoledì pomeriggio, scriveva il Presidente della Regione Giovanni Toti:
Ancora presidii e scioperi contro l’approdo di una nave che deve caricare a Genova generatori diretti in Arabia Saudita e, forse, destinati all’esercito.
Ma un sindacato come la Cgil non dovrebbe tutelare i lavoratori Italiani, quelli del porto (che deve competere con gli altri scali europei per non perdere traffico e occupazione) e quelli delle molte fabbriche presenti nella nostra regione? Ma non è assurdo che qualcuno voglia che dai nostri porti non si imbarchino questi prodotti, mentre in Liguria (e per fortuna) molte migliaia di persone lavorano per Fincantieri che fa navi militari e sommergibili, per Leonardo che fa radar e missili, per Oto Melara che fa cannoni navali e mezzi blindati, per Piaggio che tutti speriamo sviluppi presto droni militari? Tutto ciò, sul nostro territorio, dà lavoro a tante persone e così facendo, prima o poi, ci sarà chi deciderà di rivolgersi altrove, molti rischieranno il lavoro e il nostro porto sarà meno competitivo. Basta autolesionismo, basta strumentalizzazioni politiche e soprattutto basta ipocrisia!
Ecco, una città che dimostra di avere un cuore grande (ricordiamoci lo striscione con scritto “Benvenuti” appeso sul simbolo di Genova, la Lanterna, in occasione dell’arrivo della nave della Marina Militare “Cigala Fulgosi”, che aveva salvato dal naufragio un centinaio di migranti e il presidio di accoglienza il giorno dello sbarco), non si merita di avere come massima carica istituzionale un personaggio che fa queste dichiarazioni. E, soprattutto, non si merita un personaggio che cambia idea a seconda del vento che tira. Era già successo a marzo quando, in occasione del primo sciopero dei Fridays for Future, Toti si era subito affrettato a dichiarare alla stampa quanto lui appoggiasse la protesta delle e dei giovani scesi in piazza e a ricordare quanto avesse fatto la regione Liguria in tema ambientale; a distanza di una settimana, però, la maggioranza del consiglio regionale votava una legge per il ridimensionamento delle aree protette e dei parchi liguri, la cosiddetta legge taglia-parchi, per fortuna impugnata, forse anche grazie alla forte protesta sollevata proprio nei giorni di votazione della legge, ma sicuramente perché in contrasto con la normativa nazionale voluta dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
Genova è città burbera e piuttosto rude, è una città sofferente per tanti motivi (mancanza di lavoro, viabilità inesistente…), ma che non smette di avere un grande cuore che la fa risvegliare dal torpore in cui sembra avvolta da troppo tempo, nei momenti in cui c’è bisogno di esserci.
Leggevo qualche giorno fa un articolo che diceva: Genova è una città anziana in cui i giovani sono pochi, ma ci sono state 3 manifestazioni a cui hanno partecipato in massa: “Per Genova aperta, accogliente e solidale” del 26 gennaio, “Primo sciopero globale per il clima di Fridays for Future” del 15 marzo, “Liguria Pride” il 15 giugno. Manifestazioni con partecipazione superiore alle 10.000 persone, in gran parte giovani; manifestazioni, per chiedere diritti sociali, civili e coscienza ambientale. Siamo per la pace e per i diritti e lo stiamo dimostrando.
Claudia Moreni
Comitato Le Formiche Genova[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]