[vc_row][vc_column][vc_column_text]Il tema più a’ la page, per gli esperti vecchi e nuovi di migrazioni, è il Regolamento di Dublino, che disciplina la competenza dello stato membro europeo di primo ingresso a decidere sulla domanda di protezione internazionale e che per tale automatismo determina un sovraccarico di richieste di asilo sui Paesi, come l’Italia e la Grecia, più esposti geograficamente con le loro frontiere nell’area mediterranea.
Tuttavia, la riforma del sistema di Dublino, pur costituendo una tappa essenziale verso la più corretta, equilibrata ed efficace gestione del fenomeno migratorio, non è il solo ambito in cui si è fatta urgente la necessità di un’iniziativa politica. Trattandosi di un terreno di difficile (per la ferma ostilità dei paesi del gruppo di Visegrad ma non solo) soluzione, Dublino rischia di diventare un comodo alibi per una classe politica inadeguata che copre le proprie mancanze sul versante interno-nazionale con l’eterna polemica contro l’Europa.
Una riforma del sistema di asilo europeo è necessaria come previsto dal testo approvato dal Parlamento europeo nell’ottobre scorso (solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri superando il criterio del paese di primo approdo), non è più rinviabile la riforma organica del Testo Unico sull’immigrazione, nato nel 1998, deturpato dalla legge Bossi-Fini nel 2002. E tuttora vigente. Il versante interno di intervento non è meno importante del versante europeo perché è decisivo per stabilire le concrete modalità di ingresso e soggiorno nel nostro Paese: e più le regole d’ingresso saranno ispirate (come lo sono oggi) al proibizionismo, alla deterrenza e alla nevrosi securitaria, più il percorso della richiesta di protezione internazionale rimarrà l’unico praticabile, anche quando il movente migratorio non sia la fuga da guerre, conflitti, persecuzioni, avversi mutamenti climatici.
Oggi il sistema dell’asilo subisce una pressione impropria a causa esattamente della chiusura di fatto degli altri possibili canali di ingresso: cosicché chi potrebbe spendere pochi euro per salire su un volo low cost munito di visto d’ingresso temporaneo per ricerca lavoro, spinto dal bisogno è costretto a foraggiare mafie e trafficanti di esseri umani per affrontare un viaggio insicuro e costoso.
Ecco allora che diventa fondamentale la diversificazione e la semplificazione degli ingressi, con l’introduzione del visto e del corrispondente permesso di soggiorno temporaneo per ricerca lavoro (eventualmente limitato quantitativamente) ed il ripristino, per gli altri casi, della chiamata nominativa da parte di un datore di lavoro residente in Italia (senza flussi contingentati e limiti quantitativi, trattandosi in questo caso di proposta di lavoro individuale, concreta, attuale). È ciò che abbiamo fatto in oltre 1 anno di lavoro di studio e riscrittura, approdato alla proposta di legge a prima firma Maestri-Civati, n. 4551 depositata alla Camera dei Deputati il 15 giugno 2017.
Si tratta di un testo corposo, di 71 articoli, che riscrive organicamente la disciplina dell’immigrazione in Italia, superando le note criticità e individuando gli strumenti più efficaci per un governo razionale e umano del fenomeno. Un lavoro prezioso anche per le intelligenze e le mani che si sono raccolte intorno al tavolo di co-legislazione per elaborare insieme il testo: dal prof. Paolo Bonetti dell’ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) a Selly Kane e Kurosh Danesh di Cgil, Liliana Ocmin di Cisl, Giuseppe Capacci di Uil, Pierfranco Olivani di SIMM (Società di Medicina delle Migrazioni), Federico Oliveri del Centro interdisciplinare Scienze per la Pace di Pisa, Carlo Melegari del CESTIM (centro studi sull’immigrazione di Verona), Avv. Enrico Varali e Beatrice Rigotti di Cestim e Asgi, Stefano Catone, curatore di Nessun paese è un’isola e attivista di Possibile.
Poiché è molto comodo continuare ad alimentare l’odio e la chiusura come carburante per politiche di corto respiro e di facile consenso, siamo sicuri che il Governo verde-verde (sì, perché la componente pentastellata sulla materia migratoria sembra barcollare come un pugile suonato dall’uppercut sferrato da destra dall’avversario-alleato leghista) non toccherà la Bossi-Fini ed anzi, con lo stesso tragico cinismo mostrato sinora, renderà ulteriormente incostituzionale, deformato e impraticabile il testo vigente. Noi non ci scoraggiamo: continuiamo a raccontare solitariamente al paese l’altro modello possibile, quello che risolverebbe molti dei problemi che il fascioleghismo invece di affrontare cavalca. E ci mobilitiamo: come abbiamo fatto sollevando un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale per lesione delle prerogative del Parlamento in ordine all’Accordo Italia-Libia, sottratto alla ratifica parlamentare in barba all’art. 80 della Costituzione. Anche qui, non da soli ma insieme a figure come Giulio Marcon e con l’ausilio di avvocati qualificati e costituzionalisti.
Perciò continuiamo: a breve depositeremo un esposto alla Procura della Repubblica di Roma perché la magistratura vagli la sussistenza di responsabilità penale per coloro che hanno disposto la chiusura dei porti italiani, violando il divieto di respingimenti collettivi ed aggravando la condizione di richiedenti asilo, tra cui donne incinte e bambini.
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