L’entrata in vigore della normativa sul cosiddetto Green Pass ha determinato un acceso dibattito, su vari livelli.
Andiamo da quello “alto”, cioè giuristi e costituzionalisti che si interrogano sulla legittimità di queste norme, a quello “basso”, che fondamentalmente riguarda la quotidianità dei cittadini e le modalità di accesso ai servizi ora limitati, e infine a quello “rasoterra” con le due fazioni pro e contro che si insultano e che hanno già iniziato a scavare per abbassarlo ancora di più.
Intanto, mentre ci interroghiamo se sia costituzionalmente legittimo impedire l’accesso al ristorante, se i ristoratori possano chiederci i documenti (ieri la ministra Lamorgese lo ha negato, contraddicendo però il testo del DPCM 17.06.2021 che invece lo consente espressamente, per dire il livello di confusione), o se chi sta seduto fuori senza Green Pass possa andare al bagno dentro, ci sono persone che sono escluse dal Green Pass, perché a monte sono escluse dal vaccino. Ne scrive Oiza Q. Obasuyi sul suo profilo Facebook, riportando la notizia che arriva da Rai News, TGR Trento: Green pass obbligatorio anche per i senza tetto. Devono averlo — la decisione è della Provincia autonoma di Trento con la circolare D337/2021 del Dipartimento Salute e Politiche sociali del 05 agosto 2021 — per accedere alle mense pubbliche o nelle strutture dove dormono. Peccato che, essendo senza residenza, non possono chiedere di essere vaccinati e, quindi, non possono avere la certificazione. Una contraddizione destinata a rendere impossibile la vita a qualche centinaio di senza dimora in Trentino, che allo stato attuale non possono più accedere ai dormitori o alle mense. Il problema era ben presente ad associazioni e consiglieri provinciali. Paolo Zanella, di Futura, aveva proposto in aula di procedere con la vaccinazione dei senza dimora. La proposta era stata bocciata dalla maggioranza. In Trentino — dicono le associazioni — almeno 300 persone sono escluse dalla prenotazione. Una soluzione potrebbe essere quella dei tamponi, ma non è semplice. Sono persone che non possono pagarselo e i tempi sarebbero comunque troppo lunghi per chi ha bisogno — come chiunque — di un pasto e di un posto per poter dormire.
Così, mentre noi inseguiamo i novax a colpi di discorso di Mattarella e siamo appesi alle FAQ e alle fantasiose interviste di Lamorgese, i senzatetto, i migranti, chi non ha i documenti o non li ha abbastanza “buoni” non ha possibilità di scelta, rischia di perdere anche quei pochi accessi ai servizi essenziali, due pasti e un tetto, che aveva, oltre a non essere tutelato nella salute e a non tutelare gli altri. Non è certo un problema che si risolve con il tampone, che non si possono permettere, ma solo ed unicamente con il vaccino. Ed è il problema principale che ci troviamo ad affrontare, perché ripropone su scala nazionale quello che avviene nel mondo, dove i Paesi ricchi si vaccinano in massa e discutono sull’accesso a servizi non essenziali, mentre i Paesi poveri non hanno vaccini, e rappresentano il serbatoio reale del virus e delle sue temute varianti.
Ora, a livello locale sarebbe semplice copiare ad esempio dalla Francia che, estendendo l’obbligo del Pass Sanitaire a tutti i ristoranti, ha espressamente escluso la restauration non commerciale, notamment la distribution gratuite de repas, perché il legislatore francese evidentemente si è ricordato che esiste una ristorazione non commerciale e per essere sicuro ha specificato che è quella che prevede la distribuzione gratuita di pasti. Ma noi no, noi ci ricordiamo di chi ha la pelle un po’ più scura solo quando vince, per noi, una medaglia alle olimpiadi, figuriamoci di quelli che non hanno niente da offrire in cambio per la nostra attenzione, se non i loro diritti fondamentali costituzionalmente garantiti (a proposito di costituzionalisti). Senza dimenticare che fra i senza dimora abbiamo persone italianissime, che però non sono mai nei pensieri dei più accaniti sovranisti de noantri. Ed è vero che in altre regioni più virtuose la questione viene affrontata, ma manca a monte, fra i “migliori” di ieri e di oggi, per intenderci, la consapevolezza del problema e un approccio globale, come spiega la Fondazione Veronesi.
Neanche una pandemia, neanche il nostro stesso interesse alla vita, in senso stretto o semplicemente a quella che facevamo prima, ci fa capire che la cura va affrontata globalmente e non localmente, che le disuguaglianze vaccinali possono rendere inutili le vaccinazioni a tappeto nelle nostre ricche ma non impenetrabili bolle. Che la lotta alle disuguaglianze è globale, e investe i diritti civili e sociali, alla vita come ai mezzi di sostentamento come alla salute.
Quando ne abbiamo parlato, a giugno, la metafora era il Titanic: ora siamo ad agosto e la priorità è entrare nel ristorante della nave. Quando invece dovremmo vaccinare e vaccinarci tutti, e discutere di questo e di come farlo nel migliore dei modi, sia in Italia che ovunque.