Il procuratore Gratteri ormai ha una vera e propria ossessione per la legalizzazione della cannabis. Ieri è intervenuto durante il forum a San Patrignano, esprimendosi ancora una volta in maniera nettamente contraria.
E ancora una volta, però, il problema non risiede nella sua assoluta contrarietà, ma nelle motivazioni che porta.
Risulta decisamente spiacevole condurre questo dibattito, tra noi e il procuratore, a distanza: per questo motivo ci farebbe molto piacere poterci confrontare direttamente, in maniera civile e secondo regole condivise. Dimenticando qualsiasi approccio ideologico e restando sui dati e sui fatti.
Per il momento, ci accontentiamo di ribattere punto per punto a quanto dichiarato ieri.
«La differenza con l’alcol e il fumo, a cui spesso si fa riferimento per giustificare la richiesta di legalizzazione, è che chi si avvicina alle sostanze lo fa sicuramente per sballare e finirà nella dipendenza, mentre si può per esempio bere moderatamente», dice Gratteri.
Secondo il procuratore quindi non può esistere il consumatore moderato di cannabis. Verrebbe da chiedersi dove il procuratore trovi elementi che possano confermare questa sua affermazione, visto che la percentuale di adulti tra i 16 e i 65 anni che hanno provato la cannabis è superiore al 30% dei nostri concittadini. Onestamente non mi sembra che una persona su tre tra quelle che incontro siano sotto l’effetto di cannabis. Conosco personalmente decine se non centinaia di persone che svolgono professioni anche di alto livello (medici, avvocati, professori universitari) e che usano la cannabis per rilassarsi alla sera o nei momenti di svago, e mai si sognerebbero di fumarsi una canna prima di un’attività professionale. Se Gratteri vuole sono disposto a presentargliene alcuni (a patto che non poi non li porti in tribunale per chiedere le sanzioni amministrative per il consumo).
«Questo è ancora più vero considerando che il principio attivo della cannabis oggi è aumentato moltissimo rispetto al passato, ed è divenuto quasi uguale a quello della cocaina», dice Gratteri.
Questa affermazione è quasi comica dal punto di vista scientifico. Praticamente sostiene che aumentando la dose di un principio attivo questo si trasforma in un altro principio attivo. Un po’ come se dicessi che quando il caffè è troppo forte (principio attivo: caffeina) questo si trasforma quasi in un’aspirina (principio attivo: acido acetilsalicilico). Avrei potuto capire l’errore se avesse parlato di effetti del principio (ma anche in quel caso sarebbe stato facilmente smentibile), ma non del principio stesso.
«Non è una questione ideologica ma etica, commerciale e scientifica», dice Gratteri.
Sulla “questione scientifica” rimando alla risposta precedente, per capire come il procuratore sia preparato sul tema. Sull’etica ovviamente non posso dir niente non conoscendo fino in fondo l’etica di Gratteri. Sulla parte commerciale non si capisce bene cosa intenda, visto che nelle intenzioni del legislatore c’è la volontà di sottrarre il commercio di cannabis alle organizzazioni illegali e portarle sotto un cappello di legalità.
«L’alta quantità di detenuti tossicodipendenti non è legata al consumo (“per il quale non esiste alcuna prassi di arresto”), ma a reati connessi o indipendenti che resterebbero tali: quindi la legalizzazione non svuoterebbe le carceri», dice Gratteri.
Il procuratore ancora una volta sembra dimenticare, e a questo punto ci viene il dubbio che lo faccia davvero con dolo, che nella normativa in discussione non si vuole normare soltanto il commercio, ma anche l’autoproduzione delle piante di cannabis, quindi la possibilità di coltivarsi autonomamente quello che si vuol consumare. Ogni giorno nelle cronache locali dei quotidiani si possono trovare notizie di arresti di persone che in casa avevano una o due piante, e che quindi per questo subiranno un processo, e magari anche una pena detentiva, il che dipende quasi esclusivamente dal giudice che si troveranno davanti. Ovviamente se il giudice fosse Gratteri sarebbero tutti condannati, sempre, alla pena massima. Per facilitare la ricerca a Gratteri ho preparato una ricerca su Google: per la frase “arrestato per poche piante marijuana” i risultati sono circa 6,5 milioni di pagine.
Per il magistrato non è neppure vero che si libererebbero risorse di polizia, «le quali dovrebbero comunque controllare il traffico delle altre sostanze».
Vedi la risposta precedente.
La droga «è un mercato e quella prodotta dai criminali ha un costo che resterebbe molto inferiore a quello della sostanza eventualmente legalizzata dallo Stato», dice Gratteri.
Un’altra affermazione tutta da dimostrare, visto che è ampiamente documentato che nel mercato illegale il prezzo raddoppia ad ogni passaggio. Quindi, considerando che ci sono sempre almeno tre step (Produttore-grossista-spacciatore, ma spesso parecchi di più), quello che ha costo di produzione pari a uno si trova sul mercato a un prezzo superiore di tre o quattro volte. E’ invece ovviamente tutto da dimostrare che il nuovo mercato legalizzato possa avere prezzi superiori, mentre è assolutamente dimostrabile che l’autocoltivazione sarebbe per il consumatore una soluzione molto più economica.
Infine, Gratteri ha ricordato che resta il tema dei minori: «Legalizziamo anche per loro? Se non facciamo così resterebbero comunque legati alle narcomafie».
Spiace anche qui ricordare al procuratore che lo stesso problema esiste per alcol e tabacco, droghe già legalizzate e proibite per i minorenni, a cui però continuano ad avere ampio accesso tramite un mercato legale non ben controllato, oppure tramite comportamenti illegali da parte di commercianti senza scrupoli. Il consumo dei minorenni è purtroppo in forte aumento nonostante (o per meglio dire, grazie alle) politiche proibizionistiche che negli ultimi 50 anni hanno caratterizzato tutti gli stati occidentali.
Restiamo in attesa di poterci confrontare con il procuratore Gratteri di persona, personalmente. Altrimenti non ci resterà che aspettare le nuove affermazioni “fantasiose” nella prossima intervista, per poter smentire punto su punto anche quelle.