[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1510568198374{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]“Noi stiamo con i lavoratori”, scrivono sul blog di Grillo, a commento della proposta di legge con la quale Articolo 1 — Mdp, Possibile e Sinistra Italiana propongono la reintroduzione delle tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ai lavoratori assunti dopo il 7 Marzo 2015 e la loro estensione alle imprese con meno di 15 dipendenti. Il post, a metà fra il commento tecnico e il commento politico, di fatto costituisce il perno sul quale il Movimento 5 Stelle sceglie di non sostenere tale proposta e di portare avanti, in maniera isolata e quindi inconcludente, una sua propria linea:
Per quelli che si dicono della sinistra, però, il problema è il numero dei dipendenti in azienda. Ebbene la verità è che la questione non è questa ma la reintroduzione delle norme previgenti al 2012 e al 2015. Si deve ritornare al vecchio articolo 18 perché è questo che proponiamo da sempre e che proporremo con un nostro emendamento in sede di esame.
Soffermiamoci per ora sulla motivazione tecnica. La discriminante del numero dei dipendenti è definita «questione di lana caprina», ma nel capoverso precedente si ventila che la soluzione indicata dai tre partiti della sinistra provocherebbe una sorta di danno alle piccole imprese («in Italia la quasi totalità delle imprese impiega meno di 15 lavoratori e in queste realtà il più delle volte il datore di lavoro è impegnato in prima persona nelle attività lavorative e spesso»), ed avrebbe più senso, scrivono, mantenere il discrimine «come nella norma previgente e garantire una più coerente e facile valutazione dei casi di illegittimità del licenziamento, senza formule complesse e difficili da dipanare per il giudice».
Forse l’autore dimentica che la reintegra era ed è prevista per tutte le aziende indipendentemente dal numero dei dipendenti in caso di licenziamento nullo o discriminatorio. La tutela è invece differenziata in caso di illegittimità legate alle cause poste a giustificazione del licenziamento o a vizi procedurali.
Occorre ricordare che la disciplina relativa ai licenziamenti contenuta nel Jobs Act trova applicazione solamente per i lavoratori assunti dopo il 7 Marzo 2015 e per quelli alle dipendenze di aziende che per effetto delle nuove assunzioni superano il limite dimensionale delle 15 unità. Quindi non crediamo si possa parlare di «combinato disposto».
Se si vuole davvero tutelare i lavoratori, come scrivono, non c’è valida ragione per opporsi ad una proposta che chiarisce i casi in cui il licenziamento deve intendersi discriminatorio, nullo o “totalmente illegittimo” (ovvero il licenziamento disciplinare quando non sussiste il fatto, il fatto non è commesso dal dipendente oppure è prevista una sanzione conservativa). Escludere le piccole imprese significherebbe creare una trattamento differenziato che — tra l’altro — è fra le ragioni storiche della mancata crescita delle imprese italiane, spinte dal sistema a scelte ulteriormente precarizzanti per il lavoratore (somministrazione, co.co.co, partite iva).
Se i 5 Stelle intendono proporre un ritorno alla vecchia disciplina prevista dall’articolo 18 in versione ante Fornero, al fine di favorire le piccole imprese che — dicono — sarebbero altrimenti in balia delle interpretazione dei giudici, allora non si capisce perché si oppongano alla Legge Fornero che tuttavia aveva posto dei limiti massimi alle indennità risarcitorie evitando che — per effetto delle lungaggini giudiziarie (anche 10 anni dal licenziamento alla reintegra) — le aziende si trovassero a dover pagare indennità troppo elevate.
Se davvero la prospettiva politica è quella del “Noi stiamo con i lavoratori” ma anche con le piccole imprese vessate dai risarcimenti, ci si chiede perché i medesimi intendano opporsi al Jobs Act di Renzi, il quale invece ha previsto un regime molto favorevole alle piccole imprese, e molto sfavorevole ai lavoratori, eliminando del tutto la riassunzione e mantenuto, e in alcuni casi riducendo, le stesse indennità, previste dalla Legge Fornero.
Perché, infine, intendono opporsi alla proposta di legge di Articolo 1 — Mdp, Possibile e Sinistra Italiana, la quale comunque contiene una casistica ben definita in cui il giudice deve applicare la reintegra, limitando la discrezionalità del giudice e prevedendo per le aziende sotto i cinque dipendenti di tener conto delle “specifiche condizioni ambientali e relazionali in cui dovrebbe svolgersi il rapporto di lavoro”?
I lettori si saranno già dati una risposta, che molto probabilmente è squisitamente politica. Ma ancora una volta, per ragioni strategiche, gli attori politici dimenticano i diritti dei lavoratori, che sono in balia della deregolamentazione, della precarietà, delle esternalizzazioni farlocche. Al di là del facile slogan, stare con i lavoratori significa trovare soluzioni concrete affinché si stabiliscano percorsi di stabilizzazione, di risoluzione delle controversie fra le parti senza tollerare alcuna discriminazione. Significa un salario dignitoso e tutela dallo sfruttamento. Poche semplici cose.
Daniela Minnetti
Davide Serafin [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]