HUB Mattei: la ristrutturazione dei diritti

«I pullman dovrebbero arrivare questo pomeriggio e noi siamo qui ad aspettarli. Ieri il vicario del prefetto ha comunicato che la decisione arriva dall'alto e che quindi è immodificabile». A raccontarmi quel che sta succedendo fuori dal cosiddetto "Hub Mattei" di Bologna  è Francesca Zalambani

[vc_row][vc_column][vc_column_text]«I pull­man dovreb­be­ro arri­va­re que­sto pome­rig­gio e noi sia­mo qui ad aspet­tar­li. Ieri il vica­rio del pre­fet­to ha comu­ni­ca­to che la deci­sio­ne arri­va dal­l’al­to e che quin­di è immo­di­fi­ca­bi­le». A rac­con­tar­mi quel che sta suc­ce­den­do fuo­ri dal cosid­det­to “Hub Mat­tei” di Bolo­gna  è Fran­ce­sca Zalam­ba­ni, che nel­l’­hub ci ha lavo­ra­to fino a set­ti­ma­na scor­sa come ope­ra­tri­ce lega­le e che ora, insie­me a tan­ti altri, è in pre­si­dio all’e­ster­no del cen­tro. Fran­ce­sca rac­con­ta di aver appre­so la noti­zia del­la chiu­su­ra del cen­tro, e del­le con­se­guen­ti depor­ta­zio­ni degli ospi­ti e dei licen­zia­men­ti degli ope­ra­to­ri, leg­gen­do una locan­di­na, fuo­ri da un’edicola.

Ma cos’è l’Hub Mat­tei? Fran­ce­sca lo rac­con­ta sul suo blog:

L’HUB si tro­va in via Mat­tei n.60 a Bolo­gna, da qui il nome. Da fuo­ri sem­bra un car­ce­re. C’è un can­cel­lo alto tan­ti metri che si apre solo dal­la guar­dio­la del­la poli­zia situa­ta all’interno, ci sono le sbar­re e c’è il filo spi­na­to. Sul­la sini­stra però c’è anche una por­ta da cui le per­so­ne pos­so­no entra­re ed usci­re. Quin­di anche se da fuo­ri può sem­bra­re un car­ce­re, non lo è più.

L’Hub Mat­tei, infat­ti, è nato come Cen­tro di Iden­ti­fi­ca­zio­ne e Espul­sio­ne (CIE, poi diven­ta­ti Cen­tri di Per­ma­nen­za per il Rim­pa­trio) ed è sta­to chiu­so nel 2013 «per varie ragio­ni tra cui il fat­to che i rim­pa­tri non si rie­sco­no a fare (non per iner­zia ma per­ché è impos­si­bi­le far­li) e per le ripe­tu­te denun­ce con­tro le vio­la­zio­ni siste­ma­ti­che dei dirit­ti uma­ni avve­nu­te in que­sti luoghi».

Poi nel 2014 arri­va la cosid­det­ta Emer­gen­za Nord Afri­ca: il cen­tro vie­ne ria­per­to ma la sua natu­ra si ribal­ta e diven­ta un HUB. Hub in ingle­se signi­fi­ca cen­tro ma anche pun­to di sno­do che uni­sce arri­vi e par­ten­ze da e per altri luo­ghi diver­si per un perio­do di tem­po limi­ta­to. […] Pra­ti­ca­men­te le per­so­ne sbar­ca­no, alcu­ne ven­go­no por­ta­te a Bolo­gna, stan­no all’HUB pochis­si­mo tem­po – a vol­te meno di 48h – e poi ven­go­no tra­sfe­ri­te nei veri cen­tri di accoglienza.

La sto­ria, però, non è fini­ta: «a segui­to del calo degli sbar­chi e del­le nuo­ve poli­ti­che di gestio­ne del­la que­stio­ne asi­lo (sia di destra che di sini­stra), la per­ma­nen­za del­le per­so­ne all’HUB ave­va ini­zia­to a pro­lun­gar­si anche per mesi ed era sta­to neces­sa­rio garan­ti­re dei ser­vi­zi in più, come quel­lo lega­le per l’appunto». «Ci sono per­so­ne — mi spie­ga Lucio Cavaz­zo­ni — che si tro­va­no all’­Hub da un anno, un anno e mez­zo, in atte­sa di un respon­so sul loro sta­tus e che nel frat­tem­po si sono inte­gra­te, lavo­ra­no, van­no a scuo­la».  E così, a mar­zo del 2019, arri­va quel­lo che sem­bra esse­re un pun­to di svol­ta: vie­ne pub­bli­ca­to il ban­do di gara che avreb­be dovu­to san­ci­re, a par­ti­re dal pri­mo luglio, la tra­sfor­ma­zio­ne a tut­ti gli effet­ti del­l’­Hub in un Cen­tro di Acco­glien­za Straor­di­na­ria (CAS), isti­tu­zio­na­liz­zan­do una for­ma di acco­glien­za pro­lun­ga­ta sul territorio.

In que­ste ore, ora­mai al ter­mi­ne del­la pro­ce­du­ra di asse­gna­zio­ne, è arri­va­ta la deci­sio­ne impre­vi­sta e improv­vi­sa di ristrut­tu­ra­re con urgen­za il cen­tro e, per­ciò, di espel­le­re le per­so­ne che vi risie­do­no: due nuclei fami­lia­ri e alcu­ne ragaz­ze «ver­ran­no tra­sfe­ri­ti in strut­tu­re loca­li men­tre la mag­gior par­te degli ospi­ti, 144 uomi­ni di età dai 18 anni in su, saran­no tra­sfe­ri­ti a Cal­ta­ni­set­ta, che non è pro­prio die­tro l’angolo». Una deci­sio­ne che, come dice­va­mo, coin­vol­ge anche 35 per­so­ne che per­de­ran­no il lavo­ro con una set­ti­ma­na di pre­av­vi­so.

«E’ chia­ra­men­te una scel­ta poli­ti­ca», mi dice Fran­ce­sca. «Gli oltre 170 ragaz­zi ad oggi ospi­ta­ti al Mat­tei — spie­ga Bolo­gna Pos­si­bi­le — sono inte­gra­ti in cit­tà gra­zie al lavo­ro e vici­nan­za di chi li assi­ste in diver­se atti­vi­tà in cit­tà: scuo­la, lavo­ro, for­ma­zio­ne, socia­liz­za­zio­ne. Han­no già radi­ci in Bolo­gna e ver­ran­no depor­ta­ti da un gior­no all’altro a Cal­ta­nis­set­ta. Signi­fi­ca distrug­ge­re con un solo atto gra­tui­to le loro nuo­ve gio­va­ni radi­ci e tut­ti gli sfor­zi di adat­ta­men­to». Anche Lucio Cavaz­zo­ni è d’ac­cor­do: «Sono di fat­to depor­ta­zio­ni al con­fi­ne sen­za che ce ne sia alcu­na neces­si­tà: cosa andran­no a fare que­ste deci­ne di per­so­ne in una caser­ma a Cal­ta­nis­set­ta? Le man­dia­mo lì a soprav­vi­ve­re».

«Chi non vuo­le par­ti­re per Cal­ta­nis­set­ta — spie­ga­no le lavo­ra­tri­ci e i lavo­ra­to­ri — si tro­va costret­to a dover rinun­cia­re all’ac­co­glien­za e a rima­ne­re sul ter­ri­to­rio di Bolo­gna sen­za nes­su­na tute­la». Per que­ste ragio­ni, in que­ste ore, le reti per l’ac­co­glien­za si stan­no mobi­li­tan­do. Per offri­re acco­glien­za — cer­ta­men­te — ma, soprat­tut­to, per garan­ti­re dirit­ti e per oppor­si a una scel­ta che non ha alcu­na logi­ca, come non può ave­re alcu­na logi­ca spo­sta­re for­za­ta­men­te del­le per­so­ne che stan­no cer­can­do di costrui­re il pro­prio futu­ro in un deter­mi­na­to luo­go e, al con­tem­po, com­pro­met­ten­do la situa­zio­ne lavo­ra­ti­va del­le ope­ra­tri­ci e degli operatori.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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