Il nostro impegno sui diritti civili e l’ennesima dichiarazione di incostituzionalità della legge sulla procreazione medicalmente assistita: l’intervento di Filomena Gallo
Pippo Civati è impegnato nella affermazione dei diritti civili rispetto ai quali il nostro Paese rimane un fanalino di coda in Europa (e ormai non solo). Per questo ne ha fatto uno dei punti del Patto Repubblicano, il documento promosso alcuni mesi fa come fondamento del programma della sinistra di governo. Ultimamente è tornato anche sulla questione dell’eutanasia e dei trattamenti di fine vita, sostenendo la campagna #iostoconmax e invitando il Parlamento a occuparsene quanto prima, tanto più considerato che pende in merito una proposta di legge di iniziativa popolare.
Perché, in effetti, a fronte di un Parlamento che da anni si trova ormai su posizioni più arretrate rispetto a quelle degli elettori, è soprattutto attraverso gli istituti della democrazia diretta e partecipativa, il cui potenziamento ha rappresentato uno dei punti dell’attività parlamentare di Civati, che si muovono le iniziative di affermazione dei diritti civili.
Come i referendum del 2005 per la riforma della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita, per i quali Pippo Civati si è speso in prima persona cercando di far ottenere quel quorum che invece mancò per l’atteggiamento oscurantista di gran parte delle forze politiche e anche di alcuni esponenti del centrosinistra.
Ecco, mentre noi continuiamo quasi isolati a portare avanti in Parlamento le questioni dei diritti civili, nei giorni scorsi, la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della parte relativa alla diagnosi pre-impianto della legge n. 40 (dopo poco più di un anno dall’annullamento di un’altra parte della stessa legge), anche grazie all’impegno dell’Associazione Luca Coscioni e dell’avvocato Filomena Gallo (segretaria dell’associazione stessa), alla quale abbiamo chiesto un intervento in merito. Eccolo:
Per oltre dieci anni abbiamo dovuto subire i divieti illogici, illiberali e antiscientifici della legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. In tutto questo tempo i tribunali e la Corte Costituzionale sono intervenuti complessivamente per ben 36 volte, modificandola e cancellandone delle parti. L’ultimo divieto a cadere è stato quello dell’accesso alla diagnosi pre-impianto per le coppie fertili, portatrici di patologie genetiche. L’anno scorso, con gli avvocati Gianni Baldini e Angelo Calandrini, siamo riusciti a far sollevare dal tribunale di Roma due dubbi di legittimità costituzionale proprio su questo divieto, dopo che due coppie si erano rivolte all’Associazione Luca Coscioni perché una struttura pubblica romana aveva vietato loro di accedere alla tecnica di fecondazione assistita. Ad un mese esatto dall’udienza dinanzi ai giudici della Consulta, arriva la notizia che tutti aspettavamo: quel divieto non rispetta la Costituzione, non rispetta il diritto alla salute e non tutela il principio di uguaglianza. La Corte Costituzionale ha pienamente accolto le motivazioni delle nostre memorie e ha restituito a tante coppie la possibilità di sentirsi nuovamente cittadini di serie A. E la politica che ha fatto? Semplice: è rimasta a guardare. Tutti i Governi e gli oltre mille parlamentari che hanno occupato i banchi di Camera e Senato, fatto eccezione per alcuni, si sono completamente disinteressati alla questione e hanno lasciato ai giudici il compito determinante di ripristinare garanzie costituzionali. Come radicali e come Associazione Luca Coscioni proponemmo subito, oltre dieci anni fa, un referendum abrogativo, che le gerarchie clericali e una dis-informazione pianificat