I lavoratori senza rete protettiva: una testimonianza

L’emergenza sanitaria sta colpendo tutti ma non colpisce tutti allo stesso modo. In una società diseguale, diseguali sono anche gli effetti del lockdown sulla vita economica e sociale delle persone. Nonostante le parole del ministro Gualtieri – “Giorni difficili, non vogliamo lasciare indietro nessuno” – ci sono molte tipologie di lavoratori rimasti scoperti, senza una rete protettiva, dai DPCM dei giorni scorsi e dal ‘Cura Italia’.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]L’emergenza sani­ta­ria sta col­pen­do tut­ti ma non col­pi­sce tut­ti allo stes­so modo. In una socie­tà dise­gua­le, dise­gua­li sono anche gli effet­ti del loc­k­do­wn sul­la vita eco­no­mi­ca e socia­le del­le per­so­ne. Nono­stan­te le paro­le del mini­stro Gual­tie­ri – “Gior­ni dif­fi­ci­li, non voglia­mo lascia­re indie­tro nes­su­no” – ci sono mol­te tipo­lo­gie di lavo­ra­to­ri rima­sti sco­per­ti, sen­za una rete pro­tet­ti­va, dai DPCM dei gior­ni scor­si e dal ‘Cura Italia’.

Qui un’accorata testi­mo­nian­za di chi vive sul­la pro­pria pel­le l’incertezza del pre­sen­te e del futu­ro lavorativo.

 

Vor­rei testi­mo­nia­re l’abbandono in cui ver­sa la mia cate­go­ria. Sia­mo i gio­va­ni atto­ri di que­sto Pae­se e sia­mo sta­ti dimenticati.

Mi rife­ri­sco non solo ai gio­va­ni e meno gio­va­ni ope­ra­to­ri cul­tu­ra­li, musi­ci­sti, attri­ci, sce­no­gra­fi, regi­sti, scrit­tri­ci, e mae­stran­ze arti­sti­che tut­te – lin­fa vita­le som­mer­sa di que­sto mon­do. Mi rife­ri­sco anche e soprat­tut­to ai gio­va­ni e meno gio­va­ni che sta­va­no cer­can­do lavo­ro al momen­to del­lo scop­pio del­la pan­de­mia, facen­do uno “sta­ge” ter­mi­na­to anzi­tem­po sen­za tute­le, ai came­rie­ri, a colo­ro che lavo­ra­no oggi stes­so da casa in nero in “smart working”…

Per noi non c’è nien­te. Se non, per l’ennesima vol­ta, gli sfor­zi del­la nostra fami­glia di ori­gi­ne (per­ché una fami­glia nostra non ce la pos­sia­mo per­met­te­re) e la soli­da­rie­tà degli amici.

Sono una don­na di 28 anni, da quan­do ne ho 16 stu­dio e lavo­ro. Sono una ragaz­za for­tu­na­ta per­ché mi han­no rega­la­to un sogno. Sono un’attrice neo­di­plo­ma­ta, a luglio 2019 per la pre­ci­sio­ne, per for­za di cose (ci sareb­be un capi­to­lo da apri­re sul­la situa­zio­ne del lavo­ro nel­lo spet­ta­co­lo ma per ades­so chiu­de­rei qui) non ho rag­giun­to 30 gior­na­te ex-ENPALS nel 2019: ne ho due, rego­lar­men­te retri­bui­te e bel­lis­si­me. Tut­ta­via, ho lavo­ra­to due mesi con con­trat­to subor­di­na­to duran­te l’estate 2019, per poter­mi per­met­te­re il sal­to dal­la peri­fe­ria vene­ta alla capitale. 

La NASPI mi è sta­ta rifiu­ta­ta la set­ti­ma­na scor­sa con moti­va­zio­ne “La S. V. (Signo­ria Vostra) non ha pre­sen­ta­to la doman­da entro il 22/01/2020”.  Non l’a­ve­vo mai chie­sta pri­ma, per­ché ho sem­pre fat­to solo le scel­te che mi pote­vo auto­fi­nan­zia­re con l’aiuto del­la mia fami­glia “nor­ma­le”. L’ho richie­sta la set­ti­ma­na scor­sa in pie­na pan­de­mia per­ché il bonus per i lavo­ra­to­ri del­lo spet­ta­co­lo di 600 euro gra­zie agli attua­li cri­te­ri me lo scor­do, e per­ché sono in affit­to a Roma e sto dila­pi­dan­do cin­que anni di risparmi. 

Sono aman­te appas­sio­na­ta del­le rego­le, ho sem­pre pen­sa­to che la liber­tà pos­sa vive­re e frut­ta­re nel vin­co­lo e per que­sto non ho mai imbro­glia­to per far­ce­la (for­se in un paio di ver­sio­ni di lati­no ave­vo i bigliet­ti­ni nel dizio­na­rio) fino ad oggi. E anco­ra oggi pago l’affitto, anco­ra oggi pago le masche­ri­ne a peso d’oro (10 euro) non detrai­bi­li per rispet­ta­re la salu­te del­la comu­ni­tà, anco­ra oggi scel­go di non sal­ta­re sul pri­mo tre­no per tor­na­re a casa e obbli­ga­re mio padre metal­mec­ca­ni­co 64enne a sta­re a casa dall’officina, una del­le tan­te ria­per­te in Vene­to in que­sti giorni.

Sono arrab­bia­ta, mol­tis­si­mo, ma coscien­te che lasciar­si pren­de­re dal­le emo­zio­ni non risol­ve nul­la. Biso­gna agire.

Sono in con­tat­to con il sin­da­ca­to dei lavo­ra­to­ri del­lo spet­ta­co­lo, che sta facen­do il pos­si­bi­le per far ascol­ta­re le nostre istan­ze. Sono in con­tat­to con i miei com­pa­gni di acca­de­mia, che sono tor­na­ti a casa con i geni­to­ri per­ché non pote­va­no pagar­si l’affitto. Sono in con­tat­to con col­le­ghi del set­to­re più o meno coe­ta­nei che non pos­so­no fare altro che aspet­ta­re che passi.

Ma tut­to que­sto non deve pas­sa­re, non pos­sia­mo per­de­re l’occasione uni­ca di ricon­ver­ti­re il siste­ma. Ogni minu­to che pas­sa, ci addor­men­tia­mo un po’ di più, la nostra soglia di sop­por­ta­zio­ne diven­ta sem­pre più alta.

Vedo che sia­mo a un bivio epo­ca­le e se non lo per­ce­pia­mo tut­ti, se non sce­glia­mo la stra­da, non ci sarà nes­su­na reden­zio­ne. L’Italia reste­rà l’Italia del com­pian­to, dell’amarezza, degli sco­mo­di diven­ta­ti mar­ti­ri, del “Tan­to non ser­ve a nul­la”, di tan­ti pic­co­li orti­cel­li genui­ni ma isolati.

Ma sono sicu­ra di una cosa, che il resto del mon­do si sta risve­glian­do e che gli altri sì, andran­no avan­ti. Se non lo fac­cia­mo anche noi ita­lia­ni, uni­ti, tut­ti assie­me, sare­mo rele­ga­ti al fana­li­no di coda. Suda­rio di una civil­tà bel­lis­si­ma, ammaz­za­ta e mai risor­ta.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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