I numeri pesano, le parole di più

Men­tre scri­vo sto seguen­do la diret­ta strea­ming di Non una di meno che segue la Mani­fe­sta­zio­ne Nazio­na­le a Roma di saba­to 24 novem­bre e mi riem­pie di orgo­glio e di entu­sia­smo la con­sa­pe­vo­lez­za di far par­te di tut­to questo.

Ave­vo segna­to la data in agen­da e vole­vo esser­ci. Eppu­re non ero cer­ta che avrei pre­so quel tre­no. Dopo una vita che con­vi­vi con te stes­sa ini­zi un po’ a cono­sce­re i tuoi limi­ti e ho sem­pre tro­va­to dif­fi­ci­le but­tar­mi da sola in situa­zio­ni dove non cono­sci anco­ra nes­su­no, sen­za una spal­la, sen­za qual­cu­no a cui affian­car­ti se nes­su­no par­la con te. Sen­za sem­bra­re una sfi­ga­ta, insomma.

Nell’ultima set­ti­ma­na ave­vo spar­so un po’ la voce cer­can­do per­so­ne ami­che che voles­se­ro veni­re con me, ma i gior­ni pas­sa­va­no e nes­su­no mi appog­gia­va. La Deni­se pigra e impau­ri­ta sta­va vin­cen­do, ma qua­si sen­za ren­der­me­ne con­to mi sono ritro­va­ta in mac­chi­na ver­so la sta­zio­ne. Anche se mi fos­si tro­va­ta da sola non pote­vo per­de­re quel tre­no. Sen­ti­vo che, se non ci fos­si sta­ta, lo avrei rimpianto.

Arri­vo a Roma e, nono­stan­te sia una gior­na­ta gri­gia, vedo un mon­do a colo­ri. Vedo grup­pi di don­ne di Non Una Di Meno che si diri­go­no can­tan­do ver­so Piaz­za del­la Repub­bli­ca, sor­ri­do e rin­gra­zio me stes­sa di esserci.

Arri­vo nel pun­to di incon­tro e tro­vo il grup­po di Pos­si­bi­le. Non ero sola, non più. Non puoi sape­re cosa signi­fi­chi sen­tir­si a casa se una casa non l’hai mai avu­ta. Non puoi cono­sce­re la liber­tà di esse­re te stes­so se non hai mai respi­ra­to ossi­ge­no. Ieri mi sono sen­ti­ta libe­ra e final­men­te a casa ed è gra­zie a voi.

Ini­zia la mar­cia. Sia­mo tan­ti, colo­ra­ti e rumo­ro­si. La vio­len­za sul­le don­ne e la vio­len­za di gene­re han­no innu­me­re­vo­li appli­ca­zio­ni e sono tut­te lì, nei mani­fe­sti, negli stri­scio­ni, nei cori e nei vol­ti. E nei numeri.

Non ho mai avu­to un buon rap­por­to con i nume­ri. Per me era­no incom­pren­si­bi­li e se a scuo­la sono soprav­vis­su­ta è sta­to solo gra­zie a mio padre che mi face­va i com­pi­ti alle medie e ai miei com­pa­gni che mi pas­sa­va­no le solu­zio­ni dei com­pi­ti in clas­se al liceo (sul­la soglia dei 30 anni pos­so ren­der­lo pub­bli­co e libe­ra­re la mia coscien­za sen­za il rischio che il fan­ta­sma del prof pas­sa­to ven­ga a tor­men­tar­mi nei miei sogni — o alme­no lo spero).

I nume­ri non li puoi inter­pre­ta­re a tuo pia­ci­men­to e han­no del­le rego­le che non puoi non segui­re. Le paro­le inve­ce mi han­no fat­to sem­pre sen­ti­re libe­ra, sen­za gab­bie da cui eva­de­re e libe­ra di inter­pre­ta­re il mon­do con le mie “licen­ze poetiche”.

Nume­ri e paro­le. Par­tia­mo dai numeri.

106 le don­ne ucci­se in que­sto 2018. Un fem­mi­ni­ci­dio ogni 72 ore. Dovreb­be basta­re da solo que­sto nume­ro per far capi­re quan­to sia neces­sa­rio inter­ve­ni­re ma la real­tà è che 106 sono “solo” la pun­ta dell’iceberg. Sono 49152 le don­ne che han­no chie­sto aiu­to a un cen­tro anti­vio­len­za nel 2017 e di que­ste 29227 han­no intra­pre­so un per­cor­so di usci­ta assi­sti­to. Non sap­pia­mo qua­le sia sta­to il desti­no di quel 40% di don­ne tor­na­te a casa dall’uomo “amo­re­vo­le” ed è impos­si­bi­le ave­re un dato su quan­te don­ne abbia­no subi­to vio­len­za dome­sti­ca sen­za denun­ciar­la. Abbia­mo però il dato sta­ti­sti­co sul­la nazio­na­li­tà del­le vit­ti­me e su quel­la dei car­ne­fi­ci ma non mi inte­res­sa dar­ve­la. Non esi­sto­no vit­ti­me di serie A e vit­ti­me di serie B così come non pos­sia­mo con­ti­nua­re a met­te­re in pri­ma pagi­na gli omi­ci­di com­mes­si da stra­nie­ri e in cro­na­ca loca­le quel­li com­mes­si da ita­lia­ni. Non ho inten­zio­ne di con­ti­nua­re un gio­co in cui per­dia­mo tutti.

Le paro­le. Le paro­le han­no un pote­re che mol­ti igno­ra­no men­tre altri lo han­no com­pre­so così tan­to da sfrut­tar­le per modi­fi­ca­re il lin­guag­gio e la nar­ra­zio­ne del nostro tempo.

Ieri di paro­le ce ne era­no tan­te. Paro­le sem­pli­ci e appa­ren­te­men­te bana­li ma quan­to mai neces­sa­rie. Paro­le che gri­da­no rab­bia e giustizia.

  • NO SIGNIFICA NO
  • NO ALLA VIOLENZA OSTETRICA
  • FUORI GLI OBIETTORI DAGLI OSPEDALI
  • LA MATERNITÀ NON E’ UN DESTINO, LIBERE DI ABORTIRE
  • QUANDO VIAGGIO DA SOLA NON VOGLIO ESSERE CORAGGIOSA, VOGLIO ESSERE LIBERA.
  • MEN OF QUALITY SUPPORT GENDER EQUALITY

E poi c’era tut­ta la que­stio­ne “paro­le su Pil­lon”, che meri­te­reb­be un capi­to­lo a par­te sen­za in real­tà sape­re come sia­mo arri­va­te a “spre­ca­re” le nostre paro­le per difen­der­ci da per­so­ne del gene­re. Spoi­ler per Pil­lon: non vincerai.

Sono paro­le che da sole potreb­be­ro soste­ne­re un pro­gram­ma di gover­no sul­le pari oppor­tu­ni­tà, inve­ce ci ritro­via­mo anco­ra oggi a chie­de­re del­le solu­zio­ni come se ci stes­se­ro facen­do un favo­re per il qua­le maga­ri dovre­mo anche rin­gra­zia­re. Gra­zie, ma NO grazie.

Amo le paro­le per­ché san­no emo­zio­nar­ti, sono can­ti che par­la­no alla tua ani­ma e pos­so­no smuo­ve­re le maree. Ieri era­va­mo una marea dal­la qua­le non si può più pre­scin­de­re. Non mi inte­res­sa sape­re il con­teg­gio del­la Que­stu­ra e non mi inte­res­sa sape­re nem­me­no per qua­le ragio­ne la Poli­zia abbia rite­nu­to neces­sa­rio cari­ca­re e trat­te­ne­re i mani­fe­stan­ti nel­la fer­ma­ta del­la metro a San Gio­van­ni. Non mi inte­res­sa e non ci inte­res­sa sape­re il vostro pun­to di vista. È il momen­to che toc­chi a noi inte­res­sar­ci. È il nostro momen­to e, come “dice­va” ieri uno dei car­tel­li, In two is LOVE, In three is a PARTY, All toge­ther is a REVOLUTION.

Pren­dia­mo­ci la NOSTRA Rivoluzione.

 

Deni­se Doghini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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