Il condono fiscale lascia intatti i guasti del sistema di riscossione

Non è una Pace Fiscale ma un condono, questo lo si era capito da settimane. Il con-dono (stando all’etimologia del termine, condonare deriva dal latino e significa propriamente «concedere in dono») è elargito al proprio elettorato che così potrà liberarsi dal giogo del terribile fisco italiano.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Non è una Pace Fisca­le ma un con­do­no, que­sto lo si era capi­to da set­ti­ma­ne. Il con-dono (stan­do all’etimologia del ter­mi­ne, con­do­na­re deri­va dal lati­no e signi­fi­ca pro­pria­men­te «con­ce­de­re in dono») è elar­gi­to al pro­prio elet­to­ra­to che così potrà libe­rar­si dal gio­go del ter­ri­bi­le fisco ita­lia­no. Cari­ca­tu­re a par­te, è cer­to che il deci­so­re poli­ti­co non abbia intra­pre­so tale scel­ta sul­la base di valu­ta­zio­ni pre­li­mi­na­ri del­lo stru­men­to, la cui effi­ca­cia rispet­to allo stock dei cre­di­ti — fisca­li e con­tri­bu­ti­vi — inca­glia­ti è ampia­men­te discutibile.

Fra le ipo­te­si allo stu­dio del gover­no, la più pro­ba­bi­le pre­ve­de la pos­si­bi­li­tà di ade­ri­re alla pace fisca­le pagan­do una per­cen­tua­le mini­ma del­la car­tel­la (25%, 10% o 6%), deter­mi­na­ta in base alla spe­ci­fi­ca situa­zio­ne eco­no­mi­ca del con­tri­buen­te. Il regi­me — defi­ni­to di sal­do e stral­cio — si sovrap­por­reb­be a quel­lo pre­e­si­sten­te del­la defi­ni­zio­ne age­vo­la­ta intro­dot­ta con il Col­le­ga­to Fisca­le alla Leg­ge di bilan­cio 2017 (D.L. 193/2017), che già pre­ve­de­va una ridu­zio­ne dell’importo da cor­ri­spon­de­re inter­ve­nen­do sul­la san­zio­ne e sugli inte­res­si di mora del­la car­tel­la, limi­ta­ta­men­te ai cari­chi affi­da­ti agli agen­ti del­la riscos­sio­ne negli anni com­pre­si tra il 2000 e il 2015. Il con­tri­buen­te avreb­be così paga­to solo le som­me iscrit­te a ruo­lo a tito­lo di capi­ta­le, di inte­res­si lega­li e di remu­ne­ra­zio­ne del ser­vi­zio di riscos­sio­ne. Il paga­men­to pote­va esse­re fat­to in un’unica rata o da un mini­mo di 3 ad un mas­si­mo di 5 rate. Nel 73% dei casi, infat­ti, è sta­to scel­to il paga­men­to in for­ma ratea­le e in 9 casi su 10 si è opta­to per il nume­ro mas­si­mo di rate (dati Agen­zia del­le Entra­te, 2017).

Ave­va­mo già sot­to­li­nea­to come que­sto stru­men­to, «per una par­te di que­ste posi­zio­ni debi­to­rie […] ha avu­to essen­zial­men­te fina­li­tà dila­to­rie rispet­to all’espletamento del­le pro­ce­du­re ese­cu­ti­ve» (Cor­te dei con­ti, Rela­zio­ne sul Ren­di­con­to Gene­ra­le del­lo Sta­to per l’anno 2017). In buo­na sostan­za, i con­tri­buen­ti moro­si han­no chie­sto acces­so alla defi­ni­zio­ne age­vo­la­ta con rateiz­za­zio­ne, han­no paga­to il pri­mo rateo e poi stop. Le ragio­ni? Le rate anda­va­no paga­te in un arco tem­po­ra­le di sei mesi. Trop­po poco tem­po — evi­den­te­men­te — per ver­sa­re impor­ti con­si­sten­ti (16mila euro è il valo­re medio di una car­tel­la rot­ta­ma­ta nel 2017).

Il ‘sal­do e stral­cio’ sarà più van­tag­gio­so? Dif­fi­ci­le a dir­si, spe­cie in pre­sen­za di una pro­po­sta che si modi­fi­ca di gior­no in gior­no e a secon­da degli equi­li­bri poli­ti­ci nel gover­no. Va però sot­to­li­nea­to che la rot­ta­ma­zio­ne ren­zia­na già deter­mi­na­va un taglio del­la car­tel­la dal 30% al 50% a secon­da del tipo di tri­bu­to non paga­to. Cer­ta­men­te si con­ti­nua a tra­scu­ra­re il pro­ble­ma di un siste­ma di riscos­sio­ne inef­fi­ca­ce, cari­co di cre­di­ti ine­si­gi­bi­li, che per­met­te scap­pa­to­ie per i fur­bi e vice­ver­sa si insi­nua come una pia­ga per il con­tri­buen­te in dif­fi­col­tà. Seb­be­ne nei pae­si OCSE l’ente di riscos­sio­ne è in gene­ra­le dota­to di pote­ri infor­ma­ti­vi e di mez­zi coer­ci­ti­vi mol­to per­va­si­vi, nel nostro pae­se — a fron­te di una ridu­zio­ne dei secon­di e di una faci­li­ta­zio­ne del mec­ca­ni­smo dila­zio­na­to­rio — si svi­li­sce la peren­to­rie­tà del­la san­zio­ne ini­zia­le per avvia­re il debi­to nel­la spi­ra­le degli inte­res­si di mora il cui risul­ta­to è quel­lo di spin­ger­lo — anno dopo anno — nell’area dell’inesigibilità. Occor­ro­no però dei distin­guo: se da un lato alme­no l’86% dei sog­get­ti richie­den­ti la defi­ni­zio­ne age­vo­la­ta era com­po­sto da per­so­ne fisi­che — che avan­za­va­no richie­sta per il 43% dei cre­di­ti — l’altro 57% del debi­to fisca­le e con­tri­bu­ti­vo era a cari­co di per­so­ne giu­ri­di­che (che com­po­ne­va­no il rima­nen­te 14% dei sog­get­ti richie­den­ti). Quan­ti di que­sti con­tri­buen­ti e di que­ste socie­tà fos­se real­men­te nel­la con­di­zio­ne di insol­ven­za non è noto. Pri­ma del cam­bio di nome, Equi­ta­lia van­ta­va cir­ca 1.058 miliar­di di euro di cre­di­ti, dei qua­li sono una mini­ma par­te era rite­nu­to effet­ti­va­men­te esi­gi­bi­le. Le sti­me indi­ca­va­no que­sta quo­ta par­te in appe­na 51 miliar­di di euro, il 5% (cfr. Di Tan­no, lavoce.info 2016).

Il pas­sag­gio a Agen­zia del­le Entra­te — Riscos­sio­ne ha lascia­to immu­ta­to il siste­ma di cal­co­lo dell’aggio (che è anco­ra nor­ma­to dall’art. 17 del D. Lgs. 112/1999), la cui base di cal­co­lo equi­va­le alla som­ma degli impor­ti iscrit­ti a ruo­lo, degli inte­res­si di mora e del­le san­zio­ni. La sua appli­ca­zio­ne in quo­ta per­cen­tua­le fis­sa deter­mi­na impor­ti com­ples­si­vi del­le car­tel­le rile­van­ti, in modo ecce­den­te rispet­to a quel­lo che dovreb­be esse­re solo il “com­pen­so per la riscos­sio­ne” desti­na­to alla remu­ne­ra­zio­ne dell’attività svol­ta dal con­ces­sio­na­rio. Un anti­co prin­ci­pio del nostro ordi­na­men­to fisca­le — tut­to­ra in vigo­re e con­te­nu­to nel­la Leg­ge dele­ga n. 825/1971, art. 10, com­ma 10 — pre­ve­de che gli aggi del­la riscos­sio­ne sia­no incor­po­ra­ti nel­le ali­quo­te sta­bi­li­te per i sin­go­li tri­bu­ti. Ma il siste­ma di cal­co­lo attua­le per­met­te che l’aggio sia cal­co­la­to in quo­ta fis­sa per­cen­tua­le sul tota­le del­le som­me dovu­te, quin­di anche sugli inte­res­si di mora, per­met­ten­do così che esso cre­sca al cre­sce­re degli inte­res­si, i qua­li a loro vol­ta sono in rela­zio­ne al ritar­do di paga­men­to. Non è chia­ra la moti­va­zio­ne per cui al con­ces­sio­na­rio è rico­no­sciu­to un aggio mag­gio­re nei casi in cui il debi­to­re non paghi entro la sca­den­za dei pri­mi ses­san­ta gior­ni dal­la noti­fi­ca del­la car­tel­la. La con­trad­di­zio­ne è evi­den­te se pen­sia­mo che l’obiettivo del­la riscos­sio­ne dovreb­be esse­re il ver­sa­men­to di quan­to dovu­to, non la mas­si­miz­za­zio­ne degli introi­ti.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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