Il Decreto della dignità piccolissima

È comin­cia­to in aula alla Came­ra il dibat­ti­to sul Decre­to Digni­tà (Decre­to Leg­ge n. 87/2018) e non pos­sia­mo ter­gi­ver­sa­re oltre sul­le distor­sio­ni che le rela­zio­ni di mag­gio­ran­za, ed in par­ti­co­lar modo quel­la del Mini­stro Lui­gi Di Maio, han­no fat­to del testo pro­po­sto. Di Maio ha pom­po­sa­men­te affer­ma­to l’intenzione del gover­no di tute­la­re «i dirit­ti degli impren­di­to­ri anche quan­do eli­mi­nia­mo la buro­cra­zia inu­ti­le e cer­vel­lo­ti­ca che sono costret­ti a subire».

Il prin­ci­pio è sem­pli­ce: gli impren­di­to­ri han­no il dirit­to di fare impre­sa; lascia­mo­li in pace fac­cia­mo­glie­lo fare con il mas­si­mo com­fort possibile.

Il prin­ci­pio è tan­to sem­pli­ce quan­to stu­pi­do. Cosa signi­fi­ca com­fort? Si inten­de col­pi­re quel­la buro­cra­zia fasti­dio­sa per la libe­ra impre­sa, quel­la buro­cra­zia che ad eli­mi­nar­la in real­tà si fa un favo­re ai diso­ne­sti. Un favo­re agli eva­so­ri, quel­le per­so­ne — per favo­re, non distur­ba­te­le, ve lo chie­de il Mini­stro — que­gli impren­di­to­ri che un altro Di Maio avreb­be apo­stro­fa­to come ‘pren­di­to­ri’.

Allo­ra via lo spe­so­me­tro, via il red­di­to­me­tro — alme­no per ini­zia­re — e via lo split pay­ment per le par­ti­te IVA. Basta com­pi­la­re scar­tof­fie o dover sem­pre dimo­stra­re di esse­re onesti.

Le scar­tof­fie, dice lui. Lo split pay­ment nul­la ha a che vede­re con le scar­tof­fie. È quel mec­ca­ni­smo — fra l’altro abbon­dan­te­men­te rac­co­man­da­to dal­la Com­mis­sio­ne Euro­pea e con­ces­so al nostro pae­se con una dero­ga ai sen­si dell’articolo 395 del­la Diret­ti­va 2006/112/EC da par­te del Con­si­glio ECOFIN — median­te il qua­le l’IVA ori­gi­na­ta dal­la ven­di­ta di un bene o di un ser­vi­zio da un pri­va­to a una pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne vie­ne scor­po­ra­ta dal­la fat­tu­ra e diret­ta­men­te ver­sa­ta dal­la PA al fisco. È un effi­ca­ce stru­men­to di con­tra­sto all’evasione dell’imposta sul valo­re aggiun­to che, a par­ti­re dal 2015, ha dato i suoi frut­ti, come ampia­men­te dimo­stra­to dal­la rela­zio­ne del­la Com­mis­sio­ne Euro­pea, Ana­ly­sis of the impact of the split pay­ment mecha­ni­sm as an alter­na­ti­ve VAT col­lec­tion method, del­lo scor­so Dicem­bre 2017. I dati degli anni 2015 e 2016 mostra­no un aumen­to net­to del­le entra­te IVA attri­bui­bi­li diret­ta­men­te al mec­ca­ni­smo del­lo split pay­ment per cir­ca 2,5 miliar­di di euro nel 2015 e di 1 miliar­do di euro nel 2016, per un impat­to cumu­la­ti­vo tota­le di 3,5 miliar­di di euro, al net­to del­le com­pen­sa­zio­ni che pure sono aumen­ta­te e han­no fun­zio­na­to come ele­men­to pre­mia­le per i con­tri­buen­ti one­sti. Infat­ti, ci ricor­da Ales­san­dro San­to­ro su lavoce.info, il siste­ma per­met­te di «com­pen­sa­re i cre­di­ti Iva anche in modo “oriz­zon­ta­le” ovve­ro non solo con l’Iva a debi­to, ma anche con altre impo­ste o con­tri­bu­ti dovu­ti». I mec­ca­ni­smi di com­pen­sa­zio­ne (e in par­ti­co­la­re la com­pen­sa­zio­ne oriz­zon­ta­le) sono van­tag­gio­si per le impre­se, «poi­ché con­sen­to­no di ridur­re gli impat­ti del flus­so di cas­sa all’in­ter­no di cia­scun perio­do di rife­ri­men­to, in quan­to i cre­di­ti IVA pos­so­no esse­re uti­liz­za­ti per ridur­re altre spe­se per gli obbli­ghi fisca­li» (cfr. Com­mis­sio­ne Euro­pea). Nel perio­do in esa­me, 2015–2016, i flus­si in usci­ta, ovve­ro ver­so le impre­se, sono sta­ti pari a 7,1 miliar­di, men­tre il flus­so in ingres­so è sta­to pari a 10,6 miliar­di con il sud­det­to extra­get­ti­to di 3,5 miliar­di di euro.

La razio­na­li­tà avreb­be dovu­to sug­ge­ri­re di con­cen­tra­re gli sfor­zi sul peg­gio­ra­men­to del flus­so di cas­sa del­le impre­se come è emer­so dai dati, seb­be­ne prov­vi­so­ri, del perio­do 2015–2016. Per ridur­re tale impat­to sono già pre­vi­ste dispo­si­zio­ni che per­met­to­no di pre­sen­ta­re richie­ste di rim­bor­so del­l’I­VA su base tri­me­stra­le e che asse­gna­no prio­ri­tà nell’erogazione dei rim­bor­si. In media, le impre­se rice­vo­no rim­bor­si per i loro cre­di­ti IVA in tre o sei mesi. Va da sé che i rim­bor­si più rapi­di non com­pen­sa­no inte­ra­men­te il peg­gio­ra­men­to del­la liqui­di­tà del­le impre­se. Un ulte­rio­re svi­lup­po pote­va esse­re l’eli­mi­na­zio­ne del limi­te per la com­pen­sa­zio­ne oriz­zon­ta­le, oggi fis­sa­to alla soglia annua­le di 700 mila euro annui e la revi­sio­ne dei requi­si­ti spe­ci­fi­ci pre­vi­sti a secon­da del­l’im­por­to del cre­di­to IVA rivendicato.

Ma per­ché impe­gnar­si tan­to quan­do si ha a dispo­si­zio­ne una via più como­da e faci­le da divul­ga­re al popo­li­no? Lascia­mo­li lavo­ra­re in pace. E lan­cia­mo loro un po’ di fumo negli occhi. L’ar­ti­co­lo 12 del Decre­to Leg­ge 87/2018 can­cel­la l’estensione del­lo split pay­ment effet­tua­ta lo scor­so anno dal gover­no Gen­ti­lo­ni, ovve­ro resti­tui­sce in cas­sa ai pro­fes­sio­ni­sti, già gra­va­ti dal­la rite­nu­ta alla fon­te del 20%, l’IVA al 22%. Anzi­ché ten­ta­re di affron­ta­re il pro­ble­ma del­la liqui­di­tà, sia per i pro­fes­sio­ni­sti, sia per le impre­se, il gover­no ha pre­fe­ri­to rifu­giar­si nel pas­sa­to e tor­na­re al model­lo dell’IVA a esi­gi­bi­li­tà dif­fe­ri­ta. Insom­ma, tan­ta — trop­pa — timidezza.

Il Decre­to Digni­tà can­cel­la anche lo spe­so­me­tro. Una scar­tof­fia? Una gabel­la? No, un retag­gio del pas­sa­to la cui scom­par­sa avver­rà una vol­ta este­sa a tut­ti la fat­tu­ra­zio­ne elet­tro­ni­ca. La sua abro­ga­zio­ne infat­ti è già pre­vi­sta dal Col­le­ga­to fisca­le 2018 ed avrà luo­go dal 1 Gen­na­io 2019. Anche in que­sto caso, la fan­fa­ra mes­sa in ope­ra con il Decre­to Digni­tà ha ingi­gan­ti­to una scel­ta pic­co­la, pic­co­lis­si­ma (pur sem­pre dan­no­sa per le stra­te­gie di con­tra­sto all’evasione fisca­le). La fine anti­ci­pa­ta del­lo spe­so­me­tro lasce­rà for­se qual­che mese di vuo­to nei data­ba­se dell’Agenzia del­le Entrate.

Quan­to saran­no effet­ti­va­men­te dan­no­si i paro­lo­ni del Mini­stro Di Maio lo sapre­mo cer­ta­men­te fra qual­che mese. Resi­ste­ran­no i nostri eroi alla ten­ta­zio­ne di posti­ci­pa­re la sca­den­za dell’introduzione del­la fat­tu­ra­zio­ne elettronica?

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