Il decreto Lilliput e l’emergenza virus

Misure straordinarie, dicono. Serve intervenire per frenare l’altro virus, quello della paralisi economica. Direttamente correlato al virus, quello vero, il Sars-Cov2 che sta generando i presupposti di un collasso del sistema sanitario pubblico, il virus economico si sovrappone alle debolezze strutturali del paese, amplificandole.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Misure straor­di­na­rie, dico­no. Ser­ve inter­ve­ni­re per fre­na­re l’altro virus, quel­lo del­la para­li­si eco­no­mi­ca. Diret­ta­men­te cor­re­la­to al virus, quel­lo vero, il Sars-Cov2 che sta gene­ran­do i pre­sup­po­sti di un col­las­so del siste­ma sani­ta­rio pub­bli­co, il virus eco­no­mi­co si sovrap­po­ne alle debo­lez­ze strut­tu­ra­li del pae­se, ampli­fi­can­do­le.

Se il Sars-Cov2 sem­bra esse­re ai pri­mor­di del­la cur­va espo­nen­zia­le di dif­fu­sio­ne (che è tipi­ca di ogni feno­me­no natu­ra­le, sia chia­ro), le misu­re di con­te­ni­men­to — al di là del­le zone ros­se — paio­no più dei pal­lia­ti­vi per non per­de­re la fidu­cia dei nostri tra­di­zio­na­li part­ner eco­no­mi­ci che del­le vere e pro­prie azio­ni pre­ven­ti­ve. Per dir­la in bre­ve, non sia­mo affat­to pre­pa­ra­ti al peg­gio (che deve anco­ra veni­re). Tut­to il bal­bet­tio fra Pre­si­den­te del Con­si­glio e gover­na­to­ri sta lì a dimo­strar­lo, enne­si­ma con­fer­ma di come l’antica rifor­ma dell’articolo 117 del­la Costi­tu­zio­ne e l’attribuzione di mate­rie a com­pe­ten­za con­cor­ren­te pos­sa gene­ra­re solo caos isti­tu­zio­na­le, aggra­vi di costi e altre mise­re figuracce.

L’emergenza Sars-Cov2 ci sta for­nen­do però l’occasione per testa­re la rispo­sta all’emergenza più gra­ve che incom­be sul­le nostre teste, quel­la del­la cri­si cli­ma­ti­ca. E ci con­fer­ma come la cri­si — ogni cri­si — met­ta in risal­to tut­te le disu­gua­glian­ze, anzi si irra­dia attra­ver­so le disu­gua­glian­ze. Le cate­go­rie già ora ai mar­gi­ni sono espo­ste ai rischi sen­za alcu­na sal­va­guar­dia. Lavo­ra­to­ri e impre­se cul­tu­ra­li, lavo­ra­to­ri e impre­se del­lo spet­ta­co­lo, pre­ca­ri di ogni ordi­ne e gra­do, soprat­tut­to lavo­ra­tri­ci: sono loro i pri­mi nell’occhio del ciclo­ne. Tut­ta­via, il coin­vol­gi­men­to di quel che resta del tes­su­to eco­no­mi­co e socia­le del pae­se è die­tro l’angolo: basta una mag­gio­re esten­sio­ne del­le zone ros­se, basta un nuo­vo focolaio.

Misu­re straor­di­na­rie, dico­no. Infat­ti sono urgen­ti e neces­sa­ri azio­ni, stan­zia­men­ti, fon­di da ero­ga­re a soste­gno di que­sto e quel set­to­re. Se dav­ve­ro si trat­ta di emer­gen­za, allo­ra dichia­ria­mo­la a fon­do, sen­za reti­cen­ze. E met­tia­mo a dispo­si­zio­ne le risor­se neces­sa­rie, gli stru­men­ti strut­tu­ra­li che sino­ra abbia­mo tra­scu­ra­to di con­si­de­ra­re, gli inve­sti­men­ti che pia­ni­fi­chia­mo per fin­ta in leg­gi di bilan­cio svuo­ta­te di tut­to. Il decre­to allo stu­dio con la pre­vi­sio­ne di 3,6 miliar­di di euro è una misu­ra lil­li­pu­zia­na dinan­zi alla pro­spet­ti­va di una para­li­si del pae­se. Ser­ve sì un prov­ve­di­men­to emer­gen­zia­le, come duran­te i ter­re­mo­ti e le allu­vio­ni, per evi­ta­re che le azien­de fal­li­sca­no e i lavo­ra­to­ri resti­no sen­za alcun red­di­to: con­ge­la­re i mutui e il paga­men­to di tri­bu­ti e tas­se non­ché incre­men­ta­re le dota­zio­ni per la cas­sa inte­gra­zio­ne straor­di­na­ria. Ma non basta. Non basta.

L’emergenza impe­di­sce di vede­re oltre, impe­di­sce di pro­get­ta­re gli inter­ven­ti, di dar­gli un sen­so orga­ni­co. Met­tia­mo pez­ze — insuf­fi­cien­ti — da ogni par­te, ogni vol­ta che acca­de. Ma abbia­mo smes­so di pro­get­ta­re il futu­ro. Che non si fa piaz­zan­do qual­che gene­ri­co inve­sti­men­to sul­le «infra­strut­tu­re ver­di», come ha det­to Lan­di­ni, esor­tan­do il gover­no a smo­bi­liz­za­re un pun­to di PIL. Ser­ve una stra­te­gia che sia con­vin­cen­te per Bru­xel­les, che si uti­le per le gene­ra­zio­ni che ver­ran­no, che si muo­va cioè nell’alveo degli inter­ven­ti per il cam­bio di siste­ma ener­ge­ti­co. Solo così la richie­sta di nuo­vi miliar­di di euro in fles­si­bi­li­tà sul bilan­cio pub­bli­co non ver­rà sprecata.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.