Daniele Albanese, trent’anni, biellese, è uno dei componenti del coordinamento operativo di «SlotMOB», mobilitazione nata nel luglio 2013 per combattere il problema del gioco d’azzardo legalizzato, un fenomeno che, in Italia, sta letteralmente dilagando. «L’idea di fondo – ci spiega Daniele — è quella di premiare i bar che hanno scelto di rinunciare alle slot machines recandoci in centinaia per consumare una colazione o un aperitivo. L’obiettivo è votare con il portafogli e sensibilizzare sul tema. Se da oggi scegliessimo di acquistare solo nei bar senza slot, il problema sarebbe già risolto: nessun barista sarebbe disposto ad offrire sul mercato un prodotto che nessuno domanda. A tutto ciò aggiungiamo il gioco sano: in occasione di ogni Slotmob si organizza un torneo di biliardino». Nell’arco di qualche mese, le associazioni che hanno aderito sono quasi 120 e continuano a crescere, così come gli Slotmob.
In Italia quali sono i numeri del gioco d’azzardo?
Il business del gioco in Italia è enorme e in rapida crescita: nel 2001 la raccolta annua era pari a 14 miliardi di euro. Oggi ammonta a oltre 100 miliardi, tra gioco legale e illegale (quasi 90 miliardi tra slot-machine, gratta e vinci, totocalcio, scommesse online), pari a una spesa media pro capite di 1700 euro l’anno. Questa crescita esponenziale ha portato l’Italia a detenere il primato in Europa e il terzo posto al mondo. Tutto ciò per un incasso netto da parte dello Stato di 8 miliardi di euro nel 2012, incasso che da allora è in progressivo calo.
Come possiamo spiegare questa rapidissima e preoccupante crescita?
Le radici stanno nell’assunto che la liberalizzazione avrebbe ridotto le attività illegali: un assunto che alla prova dei fatti si è rivelato del tutto sbagliato. Al contrario, scopriamo oggi da numerose indagini della Magistratura che l’azzardo legale, oltre ad essersi affiancato a quello illegale, si è nel tempo rafforzato e costituisce ormai il canale principale di riciclaggio di denaro.
Qual è il “contributo” delle mafie a questo giro di affari?
Nel rapporto Azzardopoli 2.0 si stima che il fatturato specifico delle mafie in questo settore sia una cifra doppia rispetto agli introiti dello Stato.
Le mafie, quindi, le inseriamo tra i beneficiari. Chi ci rimette, invece?
Come afferma Maurizio Fiasco, sociologo della Consulta nazionale anti-usura, il cosidetto gioco d’azzardo rappresenta una perdita secca per tutti gli attori “legali”: famiglie, economia e fiscalità dello Stato. Quest’ultimo ricava sempre meno, mentre l’azzardo funge da moltiplicatore negativo per l’economia: cala la domanda di beni e servizi e lo Stato incassa meno da imposte dirette e indirette. Tutti diventano più poveri, tranne “qualcuno”: l’industria del gioco d’azzardo legalizzato formata da aziende private e concessionarie pubbliche. Aziende quotate in borsa, molto spesso con sedi in paradisi fiscali.
Quali sono, invece, le ricadute in termini sociali?
Oltre 800.000 persone a rischio dipendenza (GAP, Gioco d’azzardo Patologico), famiglie distrutte, numerosi casi di suicidi, casi di usura sempre in aumento, senza contare le già citate infiltrazioni mafiose. Il Ministero della Salute stima che tra il 2% e il 4% dell’intera popolazione sia colpita da patologia, il che richiederebbe psicoterapie complesse per un costo stimato di oltre 6 miliardi di euro.
Possiamo dire che le fasce più colpite sono le fasce più deboli della società?
Sì, l’azzardo si conferma sempre più una tassa sulla povertà: giocano il 47% degli indigenti e il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso, come conferma la Corte dei Conti.
Di recente la vostra attività si è allargata, affiancando alla mobilitazione civile alcune azioni più “politiche”. Cosa può fare la politica contro il gioco d’azzardo?
Il “gioco d’azzardo” non è solo un problema di giocatori patologici, ma un cancro economico e sociale che sta divorando l’Italia e che va smontato alla radice. Limitarsi alla cura delle patologie significa implicitamente accettare che non si possa modificare il sistema che ne sta alla base. Un’azione semplice e fattibile sarebbe l’approvazione del Testo unificato di legge approntato dalla relatrice Binetti per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d’azzardo patologico, approvato all’unanimità dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, ma ora bloccato in Commissione Bilancio per mancanza di coperture.
Vi siete fatti un’idea sulle ragioni per le quali il provvedimento si è arenato?
La ragione fondamentale è contenuta in una nota (surreale) dei Monopoli di Stato nella quale si paventa, se la proposta di legge venisse approvata, una perdita di 12 miliardi per l’erario. Il calcolo è realizzato ipotizzando un fermo per tre anni di tutti gli apparecchi, necessario per apportare tutte le modifiche tecniche richieste dalla legge, in primis la possibilità di riconoscimento dei giocatori attraverso l’utilizzo della tessera sanitaria. Una misura di buon senso necessaria per monitorare comportamenti a rischio e prevenire, così, l’insorgere della dipendenza patologica, oltre che per evitare fenomeni di riciclaggio. Nel calcolo dei costi che l’introduzione della normativa comporterebbe non è però considerata la riduzione dei costi individuali e sociali generati dalla lotta alla azzardopatia. Inoltre, ciò che non si spenderebbe più nell’azzardo si trasformerebbe per il 90% in consumi, i quali produrrebbero per lo Stato maggiori introiti da imposte indirette. La foglia di fico del danno erariale è definitivamente caduta da quando Governo e Parlamento sono arrivati ad abbassare il prelievo fiscale sugli apparecchi.
Quali risposte siete riusciti ad ottenere?
Al nostro appello hanno aderito rappresentanti di diversi partiti politici. La questione di fondo è capire se dopo una grande presa di coscienza della società civile ci sia la volontà politica. Al momento ci si nasconde dietro a pareri infondati e a stratagemmi tecnici che di fatto bloccano la riforma del settore. Lo stesso Preziosi (PD), presidente della Commissione bilancio, ha ammesso l’ambiguità e l’indecisione del Governo che sta portando a misure anche controproducenti.
La legge di stabilità contiene dei provvedimenti che – passati sotto silenzio – sono stati giudicati dei veri e propri regali al mondo del gioco d’azzardo, in particolare a quello illegale. Di cosa si tratta?
L’emendamento 3.4102, all’art 26 ter, prevede che il MEF possa ridurre il prelievo, aumentare il payout (e quindi l’appetibilità), i premi, gli importi giocabili, la frequenza delle estrazioni per i concorsi che abbiano registrato un calo di almeno il 15% annuo nell’ultimo triennio. Sembra l’identikit del Superenalotto le cui entrate sono in calo dall’inizio del 2012. La sanatoria delle sale scommesse illegali, sempre contenuta in Legge di Stabilità, poi fa cadere anche l’ultima barriera che è stata la principale motivazione che ha portato al dilagare dell’azzardo legalizzato che avrebbe dovuto arginare il fenomeno dell’illegalità. Stanziare 50 milioni di euro, come avvenuto nella Legge di Stabilità, per la cura dei giocatori patologici per poi fare norme che aiutano il rilancio dei giochi che quelle malattie le provocano è un controsenso. Ci danno il contentino per poi perseguire con politiche di espansione dell’azzardo.
Vedi delle prospettive positive nell’azione promossa dal governo guidato da Matteo Renzi?
L’attuale governo non ha la minima intenzione di arginare il fenomeno dell’azzardo, anzi sembra andare in direzione contraria. L’azzardo rappresenta un tema molto caro allo Stato, per gli interessi celati che vi girano intorno.
E voi, come vi comporterete?
Non abbiamo alcuna intenzione di arretrare, la società civile sta prendendo coscienza. Continueremo ad organizzare Slotmob nelle città e provincie italiane mantenendo viva la speranza delle tante persone che si sono avvicinate in questo periodo, dei famigliari dei giocatori patologici che sempre più chiedono di porre dei dei limiti con la convinzione che dal basso quel filo che lega gli interessi privati a scapito delle persone fragili si possa spezzare definitivamente.
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