Le condizioni delle università italiane non sono mai state così critiche: costi in aumento, carenza di alloggi per studenti, disuguaglianze crescenti tra atenei e bilanci sotto pressione per inflazione. I fondi del PNRR, concentrati su ricerca e rapporti con le imprese, non hanno risolto i problemi strutturali, come il precariato accademico (oltre 21.000 assegni di ricerca e 9.000 RTDa) e il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), la cui quota base è scesa sotto il 50%.
Il FFO 2024 è stato ridotto a 9,031 miliardi di euro, segnando il primo taglio dal 2014 ad oggi, con un taglio netto di circa 520 milioni di euro. Questo scenario minaccia la sostenibilità del sistema universitario, che si finanzia per il 67% attraverso il FFO e, in parte, tramite le tasse studentesche, che arrivano fino al 20% delle entrate in alcuni atenei. La diminuzione delle risorse si traduce in un calo della qualità della didattica e della ricerca, in aumento delle tasse per gli studenti e in tagli drastici dei fondi destinati a dottorati e assegni di ricerca.
Il governo Meloni ha scelto di ridurre le spese per università e ricerca, andando in controtendenza rispetto alle politiche europee, mentre il costo del personale e l’inflazione continuano a crescere, aggravando le difficoltà economiche degli atenei. Inoltre, il nuovo schema di distribuzione del FFO premierà le università in base ai risultati della ricerca, riducendo le risorse “perequative” destinate a bilanciare le disuguaglianze tra atenei, aumentando ulteriormente il divario tra le università.
L’indebolimento dell’università pubblica rischia di favorire lo sviluppo degli atenei privati e telematici, mettendo in pericolo il diritto a un’istruzione accessibile e di qualità. Di fronte a questo scenario, siamo tuttə chiamatə a reagire, sollecitando una politica economica e sociale che garantisca la stabilità del sistema universitario, pilastro di coesione sociale e sviluppo del Paese.
Il 29 Novembre, per lo sciopero nazionale, ci saremo anche noi.
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