«Perché in fondo, diciamoci la verità, i voucher non sono stati una mia invenzione, non c’entrano niente col Jobs Act» dice Matteo Renzi. «Sono stati un’invenzione dei precedenti governi di centrosinistra sostenuti da quelli che ora vorrebbero cancellare i buoni».
Questo è il mantra che si sente ripetere sempre più spesso, e sempre da più voci, le stesse voci che fino a pochissimo tempo fa hanno difeso strenuamente il lavoro pagato a mezzo voucher.
Oggi, però, i responsabili non sarebbero più loro. «Il governo Renzi non c’entra nulla con i voucher», si dice, e invece non è vero. Lo abbiamo ripetuto più e più volte, ricostruendo l’intera storia dei voucher, che ci racconta di un progressivo smantellamento delle tutele previste quando i voucher furono “inventati”, pensati per disciplinare il lavoro «meramente occasionale» («far emergere il nero», direbbero altri), limitato nel tempo (30 giorni nell’arco dell’anno solare) e nella dimensione economica (3000 euro annui), e limitato a determinate categorie (le più a rischio di esclusione sociale o ai margini del mercato del lavoro) e a determinati settori.
Era il 2003 e da quel momento in poi abbiamo assistito a uno smantellamento progressivo della definizione dei contorni dell’occasionalità, a opera dei governi Berlusconi, Monti e Letta. Il Jobs Act non è intervenuto neppure per renserire elementi di «mera occasionalità» del lavoro retribuito tramite voucher, lasciando la definizione perciò solamente in relazione al limite economico di 7000 euro all’anno, innalzato dallo stesso provvedimento rispetto ai 5000 euro precedenti. Allo stesso tempo, la cancellazione dei Co.co.pro. ha causato il “downgrading” di parte di questi lavoratori. Ecco perché non è un caso l’esplosione dei voucher in concomitanza col governo Renzi.
Il governo Renzi, perciò, c’entra eccome: dal 22 febbraio 2014 al 7 dicembre 2016 (il quarto governo più duraturo della storia Repubblicana) c’era tutto il tempo necessario per reintrodurre garanzie e ricondurre i voucher entro i limiti dell’occasionalità, mentre ci si è limitati a tardive e limitatissime misure correttive di ben poco conto.
Bastava ci fosse la volontà politica di fare le cose bene e invece si è scelto — mentre la vendita dei ticket aumentava in maniera esponenziale — di difendere i voucher nonostante fossero strumento di sfruttamento e di magnificare i risultati in termini occupazionali dovuti alle gloriose riforme del lavoro targate Matteo Renzi.