Quando si parla di parità retributiva e di eliminare il #genderpaygap, uno dei temi su cui agire è quello dei congedi parentali. L’Italia ha bisogno di introdurre un vero congedo di paternità, avente le stesse caratteristiche di quello previsto per la madre.
I dati ci dicono che in corrispondenza della nascita dei figli si registra uno stop nella traiettoria di carriera delle donne, ma non dei padri, per ragioni legate a più fattori, come la distribuzione diseguale del lavoro di cura. Ma la questione inizia molto prima, quando alle donne vengono fatte, durante i colloqui di lavoro, domande sulla loro intenzione di avere figli, perché allo stato delle cose i congedi parentali sono in realtà congedi di maternità.
In molti stati d’Europa i governi stanno muovendosi con passi più o meno incerti per ripensare i congedi, dal Regno Unito all’Austria alla Francia, ma nella maggior parte dei casi siamo lontani da un’equiparazione o da un vero equilibrio. La Danimarca prevede 52 settimane di congedo parentale pagato, di cui 32 possono essere richieste da uno o dall’altro genitore, anche contemporaneamente.
Il caso più recente e articolato è quello della Finlandia di Sanna Marin, in cui la legge prevede un periodo di 164 giorni lavorativi per ogni genitore. Rimane la possibilità di cedere all’altro 69 giorni del proprio congedo. Nel caso di un genitore single, gli o le spettano tutti i 14 mesi.
La nostra proposta, contenuta anche in Politica! è quella di introdurre un congedo di paternità analogo a quello materno, della durata di quattro mesi a partire dalla nascita. È una proposta di legge che abbiamo immaginato come parte di alcune “Disposizioni per il riconoscimento della parità di status di donne e uomini, della parità retributiva di lavoratori dipendenti al fine di superare il divario retributivo tra i sessi”, che vanno dalla certificazione Equal pay all’estensione dei servizi socio-educativi per l’infanzia.