Vogliamo iniziare con una proposta dedicata alla riduzione del #GenderPayGap, la disparità salariale tra uomini e donne, perché nessuna azione per contrastare il divario e la violenza di genere può ritenersi efficace se a monte non si risolvono le grandissime disuguaglianze in tema economico e lavorativo.
La violenza economica è la prima forma di violenza ed è ancora troppo sottovalutata.
Proprio in quest’ottica si muove la normativa del governo britannico che ha istituito una certificazione Equal Pay: tramite un portale i datori di lavoro con più di 250 dipendenti sono obbligati a pubblicare annualmente un report con dati sulle differenze donne/uomini sulla paga oraria, sulla presenza di ogni genere in ogni quartile di paga oraria, sui pagamenti di eventuali bonus e sulla consistenza degli stessi. Il portale consente di fare un confronto fra i diversi anni (dall’anno fiscale 2016/2017) e fra diversi datori di lavoro.
Questi dati vengono tenuti in considerazione internamente per prendere le opportune contromisure per colmare il divario salariale (rendere i ruoli apicali più attrattivi per entrambi i generi, favorire un’equa valutazione delle assunzioni e promozioni…), sia esternamente (per l’accesso a finanziamenti pubblici, ad esempio). Dallo scorso anno fiscale è questo sistema di certificazione è affiancato anche da una misurazione obbligatoria dell’Etnicity Pay Gap. Purtroppo, causa pandemia, per l’anno fiscale 2019/2020 e 2020/2021, questi report non sono obbligatori, ma gran parte dei datori di lavoro hanno comunque aderito.
Leggi la proposta di Possibile per la parità retributiva.