Nelle ultime settimane abbiamo registrato l’encomiabile sforzo di Matteo Salvini nel dichiararsi, e nel dichiarare la Lega, non antisemita, tanto da organizzare un convegno sull’analisi delle nuove forme di antisemitismo (disertato dai rappresentati dell’ebraismo italiano e romano). Uno sforzo che non è richiesto a tutti. I molto deboli argomenti che Matteo Salvini offre sono due: il primo è prendere le distanze da CasaPound e Forza Nuova (che quindi accusa di antisemitismo?); il secondo è schierarsi chiaramente al fianco di Israele. Se ci sono dei colpevoli per l’emergere di un nuovo rigurgito antisemita, questi sono gli immigrati musulmani, sostiene Salvini. E lo sostiene «a suo avviso», a pelle, dimenticandosi che l’antisemitismo è saldamente legato alla storia del nostro continente. Esiste però un terzo e più importante argomento che ci aiuterebbe a comprendere le posizioni di Matteo Salvini e del suo partito sul tema, un argomento che ha a che vedere con “le nuove forme” dell’antisemitismo, appunto. Il 6 gennaio del 2018, a poche settimane dalle elezioni politiche, i canali social di Matteo Salvini hanno pubblicato un video intitolato «ECCO IL PIANO DI SOROS PER INVADERE L’EUROPA!». Nel video, girato presso la scuola di formazione politica della Lega gestita da Armando Siri, il leader leghista descrive dettagliatamente il piano di George Soros.
Ha pubblicamente dichiarato che ha messo a disposizione della sua fondazione privata 18 miliardi di euro […]. In Italia finanzia decine di Ong e di Onlus. Vi lascio immaginare di quali settori stiamo parlando. E lo mette nei suoi compiti statutari: immigrazione controllata, apertura del mercato delle droghe, ridiscussione degli stereotipi sulla famiglia e sui generi. Quindi basta con questa roba della mamma e del papà, che palle, e il bambino che c’ha la mamma e il papà… Sai quanto è più bello in una società aperta il bambino che ha sei papà, tre mamme, diciotto bisnonni e sei cugini che poi cambiano sesso in base a come si alzano la mattina. È più fluido, è più rispettoso, e poi ogni tanto si fanno tre canne perché la società aperta non conosce confini, non conosce limiti… Questo è il progetto che vogliono lasciare ai nostri figli. Perché? Perché non viene fuori un uomo o una donna, viene fuori un numero, un oggetto, senza diritti, senza storia, senza pensiero, senza nazionalità, senza identità, senza desideri, senza sogni. Ci stanno rubando i sogni. Perché se tu hai l’unico problema del mutuo di 700 euro che devi tappare a fine mese perché non ce la fai, che tempo ti rimane per sognare? Sono nemici molto organizzati. Molto danarosi.
Insomma: un grande complotto ordito da “nemici molto danarosi”, capace di tirare i fili della Storia come dei grandi burattinai. Una teoria che non è stato coniata da Matteo Salvini, evidentemente. Nei mesi precedenti, a Catania, è andata in scena «Sfida a Soros. Presentazione. Esposto. Denuncia». L’organizzazione dell’evento era in mano a Forza Nuova, pronta a esaminare il caso «Soros e Ong contro la sicurezza dello Stato». Nella locandina che pubblicizza l’evento c’è un mazzo di carte. George Soros è raffigurato come il joker. «Sono qui oggi — dichiarava Roberto Fiore, leader del partito — per consegnare un esposto alla procura di Catania e al procuratore Zuccaro contro George Soros per attentato alla sicurezza dello Stato». Anche Il Primato Nazionale, mensile di CasaPound, ha dedicato una copertina a George Soros, etichettandolo come burattinaio. “Il burattinaio”, nella testa di chi sostiene queste tesi, sarebbe a capo di un grande complotto, finalizzato alla “sostituzione etnica” degli europei con un meticciato globale, impuro, sradicato dalla propria identità e, quindi, facilmente manipolabile dai “poteri forti”, dalle burocrazie, dall’alta finanza. Sono tesi, come dicevamo, non nuove. Sia sufficiente guardare alla voce “Le grand replacement”, coniata da Renaud Camus circa un decennio fa e che ancora oggi, soprattutto su alcune testate, fa notizia. O pensiamo al cosiddetto “Piano Kalergi”, apparecchiato dal negazionista austriaco Gerd Honsik, che altro non è che l’aggiornamento ai giorni nostri dei “Protocolli dei savi di Sion”, infame falso storico e pilastro dell’antisemitismo, con una differenza: se nei Protocolli si faceva espressamente riferimento a un complotto orchestrato da ebrei, nel Piano Kalergi «non si parla di ebrei, ma il riferimento al complotto giudaico-massonico è evidente. È l’antisemitismo del non detto, ma è più forte di quello esplicitato», scrive Ilaria Myr in un articolo pubblicato sul sito della Comunità ebraica di Milano. E pensiamo alla diffusione che simili teorie hanno avuto anche oltreoceano. Quindi, in sintesi: secondo queste tesi complottiste, George Soros, finanziere ungherese naturalizzato statunitense, sarebbe a capo di un grande disegno per controllare il mondo, che persegue finanziando e sostenendo i flussi migratori verso l’Europa. Soros — penso che l’abbiate già capito, arrivati a questo punto — è ebreo ed è diventato il bersaglio perfetto. Viktor Orbàn, primo ministro ungherese, ne ha fatto uno strumento utile in tutte le occasioni, tanto da indire, sulla figura di Soros, un vero e proprio referendum. Torna sempre utile, in casi come questo, l’insegnamento di Umberto Eco, che ci ricorda come il fascismo assuma forme cangianti, che si adattano al contesto storico e sociale e che, perciò, sia necessario occuparsi tanto di chi fa espliciti riferimenti all’antisemitismo, al razzismo e al fascismo, quanto di chi lo fa, consapevolmente o meno, sotto vesti più miti e pacate, spesso nascondendosi dietro al “buonsenso”. «L’Ur-Fascismo — scriveva Eco — può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo». Chissà se di tutto ciò si è parlato, durante il convengo sulle nuove forme dell’antisemitismo.