Aereo, treno, macchina. Niente da fare, tutto esaurito. Solo un pullman di linea potrà riportarmi dalla mia Puglia a Trento, città dove studio. Viaggio interminabile, ma sono attrezzatissimo: giornali, settimana enigmistica, portatile, libro. Il percorso così sarà forse meno lungo o almeno voglio convincermene. Il momento più temuto dai viaggiatori italiani, la ricerca del posto prenotato, è terminato. Che la traversata d’Italia abbia inizio. Sto per infilare le cuffie quando vengo interrotto improvvisamente dalla mia curiosità. Un uomo sulla quarantina parla al telefono con sua moglie. Il dialetto barese, per me spesso ostico, questa volta purtroppo non impedisce la comprensione. “Disoccupato dopo 18 anni di lavoro nella stessa azienda” mi sembra di capire. Continua a rincuorare la sua Madia, ogni tanto il suo tono di voce si addolcisce, cerca di calmare la sua bambina con dei malinconici “Papà torna presto”. È un uomo partito per cercare fortuna al Nord, per ricostruire una vita a pezzi dopo la perdita del lavoro. Non dorme. Guarda fuori dal finestrino e sembra contare i centimetri di autostrada che lo stanno allontanando dalla sua famiglia. Anno 2013. A 40 anni si emigra ancora per lavorare, per portare il pane a casa. Ritorno alla musica. Ma la modalità brani casuali mi regala gli Smiths, meglio spegnere per non sprofondare nell’amarezza. Sonia, la mia vicina di viaggio, nel frattempo è impaziente, le leggo negli occhi la voglia di parlare con qualcuno. Con la scusa del “mamma mia che caldo” comincia a parlarmi di lei. Ha 33 anni, viene dalla provincia di Bari, insegna a Bologna. Precaria. Ha lasciato a casa il marito, con uno stipendio non riescono a mantenere la piccolissima Giorgia e l’ unica opportunità l’ha trovata a Bologna. Torna giù il venerdì e riparte la domenica, per 2 volte al mese. Spende ogni mese 200 euro solo per viaggiare.
In poche ore il mio umore è cambiato. Sono entrato in questo autobus pieno di nostalgia per la terra che stavo salutando e ora mi ritrovo nervoso e pieno di rancore. Sconforta questa diffusa mancanza di opportunità che costringe giovani menti a scappare e disoccupati a cercare fortuna al Nord. Finita la stagione estiva e con questa il lavoro creato dal turismo,il meridione sprofonda nel profondo buio di una disoccupazione che dilaga sfiorando il 18%.
Ma il dibattito politico e i problemi reali sono ormai due corsie ben distinte. Politici agguerriti difendono la prima casa dalle tasse senza pensare a come liberare il lavoro dalle stesse. Molti in questo pullman una casa non ce l’hanno o hanno un “mutuo di Damocle” che pende sulle loro teste. Il problema qui non è la casa ma l’occupazione, anzi la disoccupazione e la precarietà. Bisogna abbassare le tasse sul lavoro che opprimono imprese e lavoratori, per aumentare le opportunità e rendere possibili aumenti in busta paga per chi lavora già. La cosa è ormai evidente, tanto che oggi persino CGIL e Confindustria la pensano allo stesso modo. Questo pullman è un campione perfetto della situazione del meridione. Il mezzogiorno sarebbe la prima parte d’italia a godere della riduzione di queste enormi zavorre sull’occupazione. Ma niente. Questo autobus sfreccia nell’indifferenza. Una politica che sceglie di non farsi scegliere scegliendosi da sè ovviamente non può conoscere il Paese e cosa peggiore se ne disinteressa.
Autogrill. Si scende. Affogheró i miei cattivi pensieri in una rustichella. In fondo questo posto mi sembra di conoscerlo da una vita, l’Italia è ferma in Autogrill da 20 anni.