[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1500556701024{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Il nero fa molto comodo, di questi tempi. Da sfruttare elettoralmente, per guadagnare qualche voto, e da sfruttare lavorativamente, per guadagnare in maniera illegittima e fare danno a tutta l’economia. E’ già successo, è successo ancora, succederà di nuovo: in provincia di Latina è stato arrestato un noto imprenditore agricolo, insieme alla figlia, accusati di sfruttamento di persone soggiornanti irregolarmente. Che sono quelle più esposte al rischio e che meno possono reclamare diritti, ai quali una baracca può bastare e ai quali si somministrano droghe se la fatica è inumana. Perché non si capisce, altrimenti, per quali ragioni, a parità di diritti, gli sfruttati siano troppo spesso i migranti.
«Due nuovi arresti a Latina per caporalato e sfruttamento della manodopera», commenta Marco Omizzolo, profondo conoscitore del fenomeno e di quelle terre. «Ricordo uno di loro, molti anni fa, davanti alle telecamere di una redazione giornalistica importante, dirmi di considerarsi un benefattore perché dava una casa, un lavoro e una educazione ai braccianti indiani. Poi specificò quanto intendeva. Per casa intendeva una baracca prefabbricata senza acqua, luce e con copertura in eternit. Dentro ogni baracca c’erano 5 lavoratori ed ognuno pagava 100 euro d’affitto. Per lavoro intendeva 600 euro al mese per 12 ore di lavoro al giorno, tutti i giorni. Per educazione, sue testuali parole, disse “a questi animali abbiamo insegnato tutto, anche a bere dalla bocca, perché quando sono arrivati bevevano dal naso”. Ora — conclude Omizzolo — chiederemo la costituzione di parte civile di quei lavoratori sfruttati nel relativo processo».
Noi staremo ancora al fianco degli sfruttati e lo faremo con argomenti semplici. Perché è una questione di umanità e perché quelli che sono forti con i deboli non meritano tregua alcuna.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]