Quel patto per la Calabria e tutta l’enfasi mediatica della sua firma in realtà nasconde il “nulla di nuovo”. Cioè, non solo viviamo nella regione più arretrata del Paese, non solo assistiamo da sempre alle stesse logiche politico-clientelari e ai trasformismi autorizzati, per di più veniamo trattati (ma in questo ci fanno compagnia Campania e Sicilia) come idioti che non sanno leggere oltre i titoloni e gli annunci.
Così, come in Campania, anche in Calabria Renzi viene a firmare un patto per l’utilizzo di milioni di euro che non sono aggiuntivi ma si tratta di risorse già a disposizione.
Un patto che altro non è che una ricognizione delle risorse e dei progetti per cui quelle risorse erano state programmate e mai avviati oppure rimasti incompiuti.
Si tratta cioè di un impegno tra Governo e Regione a realizzare interventi (quelli che sono anni e anni che aspettiamo di realizzare) conteggiando i fondi già messi in conto nei diversi cicli di programmazione.
Oltre alla parte economica e finanziaria, non c’è timing di realizzazione se non molto generico, né indicazione di nuovi modelli di gestione di quei fondi che possano assicurare crescita e sviluppo.
Non si tratta quindi di risorse fresche ma di un elencazione divisa in macrosettori di interventi e fondi già a disposizione che, come sostiene Emiliano “non aggiunge nulla di più a quello che già c’è o a quello che è dovuto “. Motivo per il quale il Presidente della regione Puglia non ha inteso firmare alcun “patto” per non prestarsi a “dare cattive informazioni”. Ma Emiliano, lo sappiamo, ha già dimostrato di non gradire la politica “spettacolo” a cui il nostro premier ci ha abituato e di badare concretamente alle questioni del proprio territorio.
La problematica di cui maggiormente mi preoccuperei é piuttosto lo scarso investimento della Calabria, nell’ente regione come nei comuni, sulle competenze rispetto all’utilizzo dei fondi europei e dei finanziamenti in generale.
Un “patto” su questo è probabilmente quello di cui il Sud ha maggiormente bisogno, abbandonando definitivamente la politica delle spartizioni partitiche che il più delle volte favorisce soggetti con profili non rispondenti alle necessità oppure lo spreco di risorse in ambiti che non producono nulla se non qualche “sistemazione elettorale”.