Il dibattito che si sta svolgendo sul Sud non ci piace ed è preoccupante per il suo pressapochismo. Per questo motivo rivolgiamo un appello a tutti coloro che sono interessati a contribuire ad una Indagine al Sud che ha come obiettivo quello di fare proposte precise e concrete per un riscatto possibile e sostenibile del Mezzogiorno.
E inizieremo fra l’ultima settimana di agosto e la prima settimana di settembre, con Pippo Civati, a porci in ascolto di aziende e comunità meridionali che hanno un’altra storia da raccontare e proposte serie da porre all’attenzione di una politica sempre più distante e sorda.
In questi giorni la discussione pubblica è tutta centrata sull’idea che ci sia un modello virtuoso cui tendere, identificato in un immaginifico nord, e una serie di gradini che i luoghi “non nord” devono affrontare per avvicinarsi, senza mai poter raggiungere la destinazione. E’ la visione del Sud come un “non ancora nord”, per dirla con Franco Cassano, dove le specificità divengono sinonimo di arretratezza e le peculiarità sono la misura del ritardo. Il ritardo di sviluppo, appunto, come si dice di alcune regioni del Sud.
E lo sviluppo è ciò che un centro “altro” ha inteso come chiave e motore di una modernità che pare avere una direzione univoca, che funziona solo se non è mai completamente raggiungibile, e che crea visioni che oscillano freneticamente fra l’inferno mafioso e il paradiso turistico.
A noi interessa scoprire cosa c’è dietro tutto ciò, intendiamo andare alla ricerca delle possibilità di un progresso del Mezzogiorno che non sia mimetico rispetto ad altri modelli e che, come specifica Arturo Scotto, non cada nelle eccentricità di un meridionalismo autocompiacente, ma che si fondi sulle vocazioni più antiche e che sappia dialogare con le innovazioni più interessanti.
Vogliamo andare a conoscere chi a Sud lavora, produce, crea sviluppo in modo diverso e ha una storia da trasmettere a quanti vogliono provare a mettersi in gioco in questa terra.
Abbiamo l’idea che il Progetto per il Sud sia già a Sud e che le Istituzioni e la politica dovrebbero mettersi in gioco per scoprire come essere di supporto, quali politiche e incentivi immaginare per creare le migliori condizioni di riuscita.
Il Progetto per il Sud è quell’azienda che investe in tecnologia per trasformare i pannolini e gli scarti della produzione di olio in materiale completamente riciclabile per la pavimentazione e il rivestimento con pannelli completamente sostenibili. Si chiama Ecoplan, sta in Calabria, riceve premi in tutto il mondo e non riesce a vendere alle PA italiane che preferiscono continuare ad acquistare con il criterio del minor costo. E quel Progetto si trova nelle aziende cooperative, come quella di Giuseppe Cilento, che sanno valorizzare la biodiversità del loro territorio spiegando che l’agricoltura e l’alimentazione sono ben più che una questione di mercato e di produttività, ma attengono alla cura del territorio contro le frane e gli incendi e che la salute non la si affronta solo con la sanità degli ospedali, ma nasce da una diversa concezione della produzione di cibo. Come sono eroici i ragazzi che riscoprono grani antichi in paesini del Cilento e combattono con mezzi innovativi la loro battaglia per rendere consapevoli del valore delle farine non raffinate, organizzando eventi di agricoltura comunitaria come Camp di Grano.
E se si guarda con attenzione si scopre che c’è chi al Sud ritorna per stabilirci centri di ricerca e spazi di coworking integrati in network internazionali, dedicando le competenze e le esperienze acquisite nei centri più prestigiosi del pianeta alla rigenerazione di aree interne meridionali, come Alex Giordano e i nostri cari amici di Rural Hub.
Storie simili si incontrano in Sicilia dove di una giovane imprenditrice del vino scrive il New York Times come una “Natural Woman” in grado di far apprezzare la qualità del suo prodotto in tutto il mondo.
E dovremmo imparare dai ragazzi pugiesi che prendono uno spazio in disuso e lo trasformano in fablab, utilizzando al meglio una politica regionale intelligente, e riuscendo a chiamare a raccolta imprese e associazioni mettendo su un cantiere di autocostruzione per creare un nuovo spazio pubblico per l’aggregazione, la creatività e l’innovazione sociale, in grado di fare welfare e creare lavoro. Sembra incredibile, ma non lo è se si pensa che in questo Meridione la sharing economy esiste da secoli e il Mediterraneo è stato da sempre un network sociale fra culture e tradizioni differenti.
Solo così potremo darci un programma che non sia la copia di mille tentativi calati dall’alto e puntualmente inefficaci e solo così potremo dotarci di una strategia credibile per utilizzare al meglio i Fondi Europei, intentendoli come grande opportunità per finanziare una riconversione produttiva e sociale sulla base di una visione meridiana. E proporremo di costituire una Scuola per la corretta gestione dei fondi rivolta agli amministratori, ai dirigenti pubblici, agli imprenditori e ai giovani che intendono avviare progetti nei loro territori. Una Scuola che insegni i criteri e le tecniche di gestione dei progetti, che dissemini le competenze per saper condurre valutazioni affidabili degli impatti di ciò che finanziamo, perché non solo è assurdo non saper impiegare i fondi in un paese con un enorme fabbisogno di investimento, ma è improponibile adottare come indicatore di successo la quantità di soldi impiegati e non gli effetti reali di quegli impieghi.
La nostra idea è di un riscatto Possibile per un Sud che sappia essere antifragile puntando su un suo peculiare modello di sviluppo perché non ha senso e non è realmente efficace importare modelli da altri contesti, ma abbiamo l’urgenza di identificare una via Mediterannea.
Ed è per questo che con Pippo Civati combattiamo contro quel modello assurdo delle trivellazioni, del consumo del territorio e delle risorse che non sa fornire nessuna prospettiva se non ripetere e conservare impostazioni superate dalla storia. Offriamo con questo spirito l’opportunità dei referendum a tutti coloro che vorranno sostenerli, perché abbiamo nelle nostre menti e nelle nostre intenzioni un nuovo mondo e un nuovo Sud che sappia essere innovativo perché ricchissimo di saperi antichi.
Luigi Corvo, Valentina Spata