Il surreale dibattito sulla riapertura delle scuole

Dopo mesi di “altre priorità” si comincia, fuori tempo massimo, a scontrarsi con la realtà. Nelle aule facciamo finta che il problema sia risolto accollando tutto alle scuole, al cartongesso e (eventualmente) alle mascherine.

Un dibat­ti­to sur­rea­le quel­lo a cui assi­stia­mo in que­ste ore sul­la ria­per­tu­ra del­la scuola.

Dopo mesi di “altre prio­ri­tà” si comin­cia, fuo­ri tem­po mas­si­mo, a scon­trar­si con la real­tà. Nel­le aule fac­cia­mo fin­ta che il pro­ble­ma sia risol­to accol­lan­do tut­to alle scuo­le, al car­ton­ges­so e (even­tual­men­te) alle masche­ri­ne.

Ma anco­ra, come fan­no nota­re i pre­si­di, non si han­no cer­tez­ze sul nume­ro di inse­gnan­ti e di per­so­na­le sco­la­sti­co e quin­di sul­la effet­ti­va ripre­sa del ser­vi­zio. Quel­lo non dipen­de da loro, che ormai sono più diret­to­ri di can­tie­ri che di scuo­la, ma dal gover­no. Il pro­ble­ma ovvia­men­te i sol­di che non basta­no e che non si voglio­no inve­sti­re sull’assunzione di per­so­na­le.

Nel men­tre, a tre set­ti­ma­ne dall’avvio del­le lezio­ni, si accor­go­no che i ragaz­zi non solo sta­va­no ammas­sa­ti nel­le aule pol­la­io, ma, a sor­pre­sa, anche negli auto­bus. Da qui si intui­sce che chi vive in cen­tro o può accom­pa­gna­re i figli con l’auto non si è mai posto il problema.

E a sor­pre­sa le stu­den­tes­se e gli stu­den­ti che pren­do­no l’autobus per anda­re a scuo­la, sono tan­tis­si­mi! Ora il cor­to­cir­cui­to. Negli auto­bus non è pos­si­bi­le il distan­zia­men­to socia­le, non è appli­ca­bi­le la mos­sa del car­ton­ges­so e le masche­ri­ne ser­vo­no a poco quan­do stai uno sopra l’altro. Il Pre­si­den­te del­le Mar­che Ceri­scio­li ci fa sape­re, oggi dal­le pagi­ne di Repub­bli­ca, che Burio­ni for­se ha tro­va­to una solu­zio­ne: in auto­bus oltre a indos­sa­re la masche­ri­na devo­no sta­re tut­ti in silen­zio. Quan­do si dice ave­re il sen­so del­la realtà.

Le regio­ni se la pren­do­no con il gover­no che non deci­de e gira e gira l’unica solu­zio­ne a cui pun­ta­no è spin­ge­re il comi­ta­to scien­ti­fi­co a non dire quel­lo che dice e che, essen­do scien­zia­ti, la scien­za indi­ca loro di dire, ma di dire quel­lo che dico­no loro. E cioè che anche meno distan­zia­ti non c’è peri­co­lo. Come se il Covid-19 par­las­se poli­ti­che­se. Come se non stes­si­mo par­lan­do del­la salu­te di ragaz­zi e ragaz­ze del­le loro fami­glie, ma di pun­ti­gli di centimetri.

Il pun­to è che le scuo­le ria­pri­ran­no una set­ti­ma­na pri­ma del voto e sul­la scuo­la si gio­ca la tenu­ta del gover­no, da qui tut­to que­sto fer­vo­re in un dibat­ti­to fon­da­men­ta­le come quel­lo sul­la scuo­la, fino­ra rele­ga­to alle varie ed even­tua­li dell’agenda politica.

Men­tre la que­stio­ne seria e rea­le è che del­la scuo­la in que­sti anni non è fre­ga­to nien­te a nes­su­no, è sta­ta la cas­sa da cui pre­le­va­re attra­ver­so tagli cri­mi­na­li, i mini­stri peg­gio­ri li han­no piaz­za­ti sem­pre all’Istruzione, si è per­sa com­ple­ta­men­te la visio­ne, per cui è sta­ta ridot­ta ad esse­re umi­le ancel­la del mer­ca­to del lavo­ro.

Dei bam­bi­ni e bam­bi­ne, dei ragaz­zi e ragaz­ze che den­tro quel­le pare­ti di car­ton­ges­so for­ma­no i mat­to­ni più impor­tan­ti del­la loro esi­sten­za e del loro futu­ro non impor­ta nien­te a nes­sun gover­no da trop­po tempo.

La solu­zio­ne agli auto­bus è banal­men­te ave­re più auto­bus.

La solu­zio­ne di clas­si sicu­re è banal­men­te ave­re più clas­si sicu­re, quin­di edi­fi­ci più ampi e moder­ni, quin­di più inse­gnan­ti, quin­di più per­so­na­le scolastico.

Costa mol­to? Sì, costa molto. 

E biso­gna met­ter­ce­li que­sti sol­di, con prio­ri­tà rispet­to a tut­to il resto. Per­ché la scuo­la, che è la fon­da­men­ta­le isti­tu­zio­ne di un Pae­se, è sta­ta vit­ti­ma di uno spre­giu­di­ca­to pia­no di tagli e di sman­tel­la­men­to che va avan­ti da trop­pi anni e con tut­ta evi­den­za ora è il momen­to di risar­cir­la. Non con qual­che bri­cio­la di cartongesso .

“Prio­ri­tà alla scuo­la” non è uno slo­gan. È un esi­gen­za demo­cra­ti­ca. Il resto è un tea­tri­no patetico.

Non si pote­va fare tut­to in sei mesi? Cer­to che no, ma si pote­va fare mol­to, mol­to di più che lascia­re i pre­si­di con il metro in mano e gli alun­ni a piedi.

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