Il vero costo sociale e il senso di una Possibilità

Dobbiamo lavorare ad un programma di efficientamento per recuperare più della metà della bolletta energetica delle pubbliche amministrazioni italiane: si tratta di grandezze che possono muovere il PIL del Paese. Da qui nasce una varietà di opportunità che, se solo le cogliessimo, daremmo vita ad un nuovo mercato ricchissimo di prospettive. Fare efficientamento non vuol dire soltanto cambiare delle lampadine, ma implica un ripensamento del concetto di rete di erogazione e trasmissione di servizi e informazioni.

Si può pun­ta­re ad ave­re un Pae­se effi­cien­te se la poli­ti­ca che lo gover­na è defi­cien­te? La mia rispo­sta è sì, ma con alcu­ne con­di­zio­ni fon­da­men­ta­li. Pri­ma di entrar­ci, però, con­si­glio di vede­re que­sto bre­ve video.

Il gran­de dibat­ti­to stra­te­gi­co fra Cot­ta­rel­li e il Pre­si­den­te del Con­si­glio è sul quan­to tene­re acce­se le luci del­la pub­bli­ca illu­mi­na­zio­ne, con l’indicazione di spe­gner­le un po’ per otte­ne­re dei rispar­mi (come sug­ge­ri­sce il docu­men­to di spen­ding review), o tener­le acce­se per evi­ta­re il “costo socia­le” di un inci­den­te ad una “stu­den­tes­sa uni­ver­si­ta­ria” o una “anzia­na” (come segna­la il Premier).

Se è que­sto il dibat­ti­to sul futu­ro dell’efficientamento ener­ge­ti­co in Ita­lia, il vero costo socia­le è rap­pre­sen­ta­to da chi sta impo­stan­do in que­sti ter­mi­ni una que­stio­ne stra­te­gi­ca deci­si­va per il futu­ro del Pae­se. Per esse­re anco­ra più espli­ci­to, il vero costo socia­le è una clas­se diri­gen­te non all’altezza dell’Italia.

Vedia­mo perchè.

L’inefficienza ener­ge­ti­ca è, in real­tà, una enor­me oppor­tu­ni­tà per l’Italia per­ché da quel­la è pos­si­bi­le rica­va­re un ampio mer­ca­to win win che non veda l’impiego di risor­se pub­bli­che, ma che, al con­tra­rio, potreb­be far rispar­mia­re miliar­di di euro alla col­let­ti­vi­tà.

Andia­mo con ordi­ne: le bol­let­te ener­ge­ti­che pos­so­no esse­re ridot­te per più del 50% del loro impor­to con inter­ven­ti di effi­cien­ta­men­to intel­li­gen­te e, assu­men­do come rife­ri­men­to un Comu­ne di 20.000 abi­tan­ti con una bol­let­ta ener­ge­ti­ca di un milio­ne di euro, ciò vor­reb­be dire un flus­so di rispar­mi di alme­no 500.000 euro all’anno per un arco di tem­po di alme­no 10 anni.

L’impresa che rea­liz­za i lavo­ri di effi­cien­ta­men­to fa un inve­sti­men­to per gli inter­ven­ti da met­te­re in atto e rice­ve come remu­ne­ra­zio­ne lo stes­so rispar­mio che que­gli inter­ven­ti han­no gene­ra­to, riu­scen­do a rien­tra­re dall’investimento in un tem­po medio di tre o quat­tro anni.

Que­sto è ciò che vie­ne defi­ni­to model­lo Esco (Ener­gy Ser­vi­ces Com­pa­ny) e che rea­liz­za effi­cien­ta­men­to a costo zero, in cam­bio di una quo­ta dei rispar­mi che l’efficientamento stes­so gene­ra. Su tale model­lo ci sono diver­se sfu­ma­tu­re da con­si­de­ra­re, come ad esem­pio il pia­no finan­zia­rio di rien­tro che può esse­re modu­la­to gra­dual­men­te, come la pos­si­bi­li­tà di coin­vol­gi­men­to di impre­se loca­li per riat­ti­va­re l’economia ter­ri­to­ria­le.

Da ciò emer­ge che potrem­mo lavo­ra­re ad un pro­gram­ma di effi­cien­ta­men­to recu­pe­ran­do più del­la metà del­la bol­let­ta ener­ge­ti­ca del­le pub­bli­che ammi­ni­stra­zio­ni ita­lia­ne. Non farò qui i con­ti, ma è intui­bi­le che si trat­ta di gran­dez­ze che pos­so­no muo­ve­re il PIL del Pae­se.

E non è tut­to qui. Anzi, da qui nasce una varie­tà di oppor­tu­ni­tà che, se solo le coglies­si­mo, darem­mo vita ad un nuo­vo mer­ca­to ric­chis­si­mo di prospettive.

Fare effi­cien­ta­men­to non vuol dire sol­tan­to cam­bia­re del­le lam­pa­di­ne, ma impli­ca un ripen­sa­men­to del con­cet­to di rete di ero­ga­zio­ne e tra­smis­sio­ne di ser­vi­zi e infor­ma­zio­ni. E sia­mo nell’era dell’inter­net of things, in cui le infor­ma­zio­ni pos­so­no viag­gia­re via radio a fre­quen­ze bas­sis­si­me rico­pren­do spa­zi mol­to signi­fi­ca­ti­vi. E ciò vuol dire che potrem­mo usa­re la rete dell’illuminazione pub­bli­ca come nodi di tra­smis­sio­ne di infor­ma­zio­ni fon­da­men­ta­li per una nuo­va gover­nan­ce del ter­ri­to­rio: su cia­scu­no dei lam­pio­ni (ma non solo su di essi) si può instal­la­re un pic­co­lis­si­mo ser­ver (dai costi mol­to con­te­nu­ti) che regi­stra i dati che sia­mo inte­res­sa­ti a conoscere.

Uno di que­sti, ad esem­pio, è il dato sul­la lumi­no­si­tà natu­ra­le e, con tale infor­ma­zio­ne, si può pro­gram­ma­re quel lam­pio­ne, e quin­di tut­ti gli altri, ad auto­re­go­la­re la sua lumi­no­si­tà in fun­zio­ne (inver­sa) del­la lumi­no­si­tà naturale.

E ciò por­te­reb­be il livel­lo di effi­cien­za anco­ra più in alto (si sti­ma l’85%).

Que­sti ser­ver (come Ardui­no inse­gna) sono open, pos­so­no esse­re pro­gram­ma­ti a distan­za, quin­di potrem­mo pro­gram­ma­re la rete dell’illuminazione pub­bli­ca e uti­liz­zar­la per rece­pi­re le infor­ma­zio­ni uti­li per la collettività.

Que­sta sareb­be una rivo­lu­zio­ne.

Altro­ché spe­gne­re le luci e altro­ché costi sociali.

Ma non solo quel tipo di infor­ma­zio­ne, se ne pos­so­no regi­stra­re altre: la qua­li­tà dell’aria e il tas­so di inqui­na­men­to, la fre­quen­za di pas­sag­gio dei mez­zi pub­bli­ci e la loro loca­liz­za­zio­ne (dan­do un ser­vi­zio degno di un pae­se civi­le ai cit­ta­di­ni), e mol­te altre infor­ma­zio­ni che miglio­re­reb­be­ro di mol­to la qua­li­tà del­la vita.

E potrei anda­re avan­ti, potrei inse­ri­re nell’elenco il moni­to­rag­gio del­la rac­col­ta dei rifiu­ti, il ser­vi­zio di loca­liz­za­zio­ne per il car sha­ring, la dia­gno­si del­lo sta­to di salu­te del­la rete (e quin­di un ser­vi­zio di manu­ten­zio­ne pun­tua­le e specifico).

Ecco cosa vuol dire Big Data, ecco cosa vuol dire open source.

Ma la cosa incre­di­bi­le è che potrem­mo fare ciò sen­za inci­de­re sul­la spe­sa pub­bli­ca ma, anzi, ridu­cen­do­la. E crean­do oppor­tu­ni­tà occu­pa­zio­na­li, nuo­vi mar­gi­ni per le impre­se, nuo­ve fron­tie­re per dise­gna­re un model­lo di svi­lup­po intelligente.

Come que­sto, ci sono altri set­to­ri con la stes­sa carat­te­ri­sti­ca e rap­pre­sen­ta­no il nostro vero poten­zia­le (si pen­si all’economia cir­co­la­re, ad esem­pio). Occor­re indi­vi­duar­li e costruir­ci poli­ti­che, non nor­me, met­ten­do a dispo­si­zio­ne stru­men­ti, non sol­di pub­bli­ci. Uno stru­men­to su tut­ti, ad esem­pio, sareb­be crea­re una part­ner­ship fra Esco e inter­me­dia­ri finan­zia­ri per un più sem­pli­ce acces­so al mer­ca­to dei capi­ta­li (a pro­po­si­to, che fine ha fat­to la nostra Cas­sa Depo­si­ti e Prestiti?).

Quin­di, mi chie­do, di cosa sta par­lan­do que­sta clas­se diri­gen­te? Qua­le mon­do vede, qua­le socie­tà cono­sce, con qua­li impre­se ha a che fare?

Ha mai visto qua­li oppor­tu­ni­tà sor­go­no da nuo­vi model­li di busi­ness di start up, impre­se socia­li, coo­pe­ra­ti­ve di comunità?

Per­ché, per una vol­ta, non pro­va a costrui­re una poli­ti­ca eco­no­mi­ca a par­ti­re dal fer­men­to inno­va­ti­vo del­la socie­tà? Sareb­be una poli­ti­ca eco­no­mi­ca socia­le, e fareb­be un gran bene al Paese.

Ma, come anti­ci­pa­vo in aper­tu­ra, sono con­vin­to che la socie­tà abbia le capa­ci­tà e i mez­zi per riu­scir­ci anche scon­tan­do il costo di una clas­se diri­gen­te defi­cien­te (nel sen­so che defi­ci­ta di capa­ci­tà e crea defi­cit) a con­di­zio­ne che si auto-orga­niz­zi, che si coa­liz­zi per rag­giun­ge­re un obiet­ti­vo comu­ne (come il bene di cui tan­to si par­la) e che si dia nuo­ve for­me di gover­nan­ce per pren­de­re in mano le sor­ti dell’Italia.

E, a mio avvi­so, c’è uno spa­zio enor­me per una nuo­va poli­ti­ca che sap­pia accom­pa­gna­re (più che rap­pre­sen­ta­re) que­sti pro­ces­si, che sap­pia inter­pre­tar­li e met­ter­li in rete met­ten­do­ci­si essa stes­sa in rela­zio­ne alla pari. E’ que­sto il sen­so di una Pos­si­bi­li­tà, ed è que­sta la nostra sfi­da, che for­se potreb­be esse­re inte­sa come vel­lei­ta­ria da chi avreb­be visto vel­lei­ta­rio ogni altro ten­ta­ti­vo di cam­bia­men­to, ma sul­la qua­le ci gio­che­re­mo il futu­ro non di un par­ti­to, ma di diver­se gene­ra­zio­ni e comu­ni­tà.

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