Il vero #sbloccaitalia che non vedrete mai

Il cosid­det­to decre­to Sbloc­ca Ita­lia è appar­so da subi­to come un mostro giu­ri­di­co. Intan­to non si capi­sce qua­li sia­no i requi­si­ti di neces­si­tà e urgen­za dei sin­go­li prov­ve­di­men­ti in esso con­te­nu­to. Ma soprat­tut­to l’e­te­ro­ge­nei­tà dei cam­pi di appli­ca­zio­ne del­le misu­re ren­de mol­to com­pli­ca­to distin­gue­re tra le poche par­ti posi­ti­ve (ad esem­pio la boni­fi­ca del­l’a­mian­to a Casa­le Mon­fer­ra­to o la sem­pli­fi­ca­zio­ne buro­cra­ti­ca per la rea­liz­za­zio­ne di ope­re edi­li­zie all’in­ter­no degli appar­ta­men­ti) e le mol­te negative.

Rifiu­ti zero o inceneritori?
Bru­cia­re mate­ria pri­ma secon­da è una fol­lia. Non solo per l’impatto che ha sull’ambiente e le comu­ni­tà inte­res­sa­te dagli impian­ti, ma anche e soprat­tut­to da un pun­to di vista eco­no­mi­co. Recu­pe­ra­re ener­gia, come si dice nel­la sli­de, è un’operazione sem­pre in per­di­ta pro­prio da un pun­to di vista ener­ge­ti­co, non ha alcun sen­so. L’oggetto bru­cia­to ha con­su­ma­to mol­ta più ener­gia di quel­la che si ottie­ne una vol­ta smal­ti­to in un inceneritore.

La scu­sa che con­sen­te di giu­sti­fi­ca­re l’articolo 35 del­la nor­ma è quel­la secon­do la qua­le gli ince­ne­ri­to­ri sono neces­sa­ri “per rispet­ta­re le diret­ti­ve euro­pee” e “supe­ra­re le pro­ce­du­re di infra­zio­ne per man­ca­ta attua­zio­ne del­le nor­me euro­pee di set­to­re”. Nien­te di più fal­so e sba­glia­to: non c’è nes­su­na Diret­ti­va euro­pea che obbli­ga ad invia­re ad ince­ne­ri­men­to alme­no una cer­ta quo­ta di rifiu­to. C’è inve­ce l’ob­bli­go di pre-trat­ta­men­to dei rifiu­ti, che deri­va dal­la Diret­ti­va discariche.

In Ita­lia pro­du­cia­mo cir­ca 30 milio­ni di ton­nel­la­te di rifiu­ti urba­ni con 18 milio­ni di resi­duo (dati aggior­na­ti al 2012). Tale rifiu­to resi­duo negli ulti­mi 5 anni è risul­ta­to in calo media­men­te di cir­ca 1,1 milio­ni l’anno, per una media di dimi­nu­zio­ne nei 5 anni del 5,5%. Qua­lo­ra si adot­ti­no stra­te­gie più inci­si­ve di ridu­zio­ne, riu­so e rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta, qua­li l’applicazione in modo gene­ra­liz­za­to del­la rac­col­ta domi­ci­lia­re, ora appli­ca­ta solo su ¼ del­la popo­la­zio­ne e del­la tarif­fa pun­tua­le, ora appli­ca­ta solo al 2% del­la popo­la­zio­ne, il calo del rifiu­to resi­duo potreb­be esse­re mol­to più mar­ca­to ridu­cen­do­si di alme­no un’ulteriore metà rispet­to alle atte­se indicate.

In alcu­ne regio­ni d’Italia ci sono più ince­ne­ri­to­ri che rifiu­ti: Lom­bar­dia, Vene­to, Friu­li, Emi­lia Roma­gna. Così com’è già avve­nu­to per Sve­zia, Nor­ve­gia e Olan­da, que­ste regio­ni sono ora obbli­ga­te ad impor­ta­re rifiu­ti per ali­men­ta­re i cami­ni, evi­den­te segno di un’errata pro­get­ta­zio­ne nei pia­ni di gestio­ne che han­no pun­ta­to all’incenerimento, sot­to­va­lu­tan­do in modo cla­mo­ro­so il trend di rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta e di rici­clag­gio. Occor­re quin­di che nel­le regio­ni del cen­tro-sud non si ripe­ta­no gli stes­si erro­ri di programmazione.

L’incenerimento è una tec­no­lo­gia rigi­da e ad alto costo di inve­sti­men­to. Per rea­liz­zar­lo ci voglio­no media­men­te 7–8 anni. Ci vuo­le mol­to meno tem­po per rea­liz­za­re impian­ti di trat­ta­men­to a fred­do (noti come “Fab­bri­che dei mate­ria­li”), che oltre al dono del­la cele­ri­tà man­ten­go­no e rega­la­no al siste­ma fles­si­bi­li­tà ed adat­ta­bi­li­tà a sce­na­ri cre­scen­ti di rac­col­ta dif­fe­ren­zia­ta. I siste­mi di pre-trat­ta­men­to, peral­tro abbon­dan­te­men­te pre­sen­ti nel­le regio­ni in emer­gen­za come Lazio e Cam­pa­nia, pos­so­no rap­pre­sen­ta­re una vali­da e con­cre­ta alter­na­ti­va agli ince­ne­ri­to­ri nel­la filie­ra impian­ti­sti­ca distri­bui­ta sul territorio.

In sin­te­si, nono­stan­te le sli­de colo­ra­te del gover­no e il ten­ta­ti­vo di smen­ti­re l’evidenza del­la nor­ma, le scel­te fat­te rap­pre­sen­ta­no un evi­den­te pas­so indie­tro rispet­to a una gestio­ne lun­gi­mi­ran­te ed eco­no­mi­ca­men­te soste­ni­bi­le dell’”emergenza rifiu­ti”. La stra­te­gia rifiu­ti zero, tan­to casa a paro­le al Pre­si­den­te del Con­si­glio, si per­se­gue non bru­cian­do i rifiu­ti, ma ridu­cen­do la loro pro­du­zio­ne e dif­fe­ren­zian­do al mas­si­mo quel­li ugual­men­te prodotti.

Inno­via­mo o trivelliamo?
Da oggi tut­te le atti­vi­tà di pro­spe­zio­ne, di ricer­ca e col­ti­va­zio­ne di gas e greg­gio, nel­la ter­ra­fer­ma e nel mare avran­no “carat­te­re di inte­res­se stra­te­gi­co” e saran­no “di pub­bli­ca uti­li­tà, urgen­ti e indif­fe­ri­bi­li”. Gli effet­ti pra­ti­ci di tale scel­ta sono una enor­me sem­pli­fi­ca­zio­ne del­le pro­ce­du­re che sot­trae alle regio­ni la pos­si­bi­li­tà di inter­ve­ni­re diret­ta­men­te. Saran­no i mini­ste­ri com­pe­ten­ti a segui­re il pro­ces­so di valu­ta­zio­ne ambien­ta­le e di auto­riz­za­zio­ne. Il tito­lo con­ces­so­rio uni­co con­sen­ti­rà auto­ma­ti­ca­men­te gli espro­pri neces­sa­ri a tali atti­vi­tà, ponen­do alcu­ni pri­va­ti (le socie­tà petro­li­fe­re) in una posi­zio­ne di asso­lu­to pri­vi­le­gio rispet­to ad altri pri­va­ti (i pro­prie­ta­ri dei ter­re­ni espro­pria­ti), che su quei ter­re­ni potreb­be­ro aver fat­to inve­sti­men­ti che non ver­ran­no in alcun modo compensati.
L’ar­ti­co­lo di leg­ge che intro­du­ce que­ste sem­pli­fi­ca­zio­ni è inti­to­la­to “Misu­re per la valo­riz­za­zio­ne del­le risor­se ener­ge­ti­che nazio­na­li”, dove però per risor­se ener­ge­ti­che nazio­na­li si inten­do­no uni­ca­men­te quel­le fos­si­li, men­tre ormai da alcu­ni anni le risor­se nazio­na­li più uti­liz­za­te sono quel­le rin­no­va­bi­li. Nel 2013 infat­ti le rin­no­va­bi­li nazio­na­li (secon­do i dati del Mini­ste­ro per lo Svi­lup­po Eco­no­mi­co) han­no pro­dot­to più del dop­pio di ener­gia rispet­to alle fos­si­li nazionali.
Del resto le risor­se rin­no­va­bi­li si pon­go­no ormai a livel­lo mon­dia­le come con­cre­ta alter­na­ti­va e diven­ta­no final­men­te com­pe­ti­ti­ve anche in assen­za di sus­si­di. Dovrem­mo ini­zia­re a ragio­na­re su dove e come è accet­ta­bi­le rea­liz­za­re nuo­vi impian­ti rin­no­va­bi­li, su qua­le tipo di rete di tra­smis­sio­ne e distri­bu­zio­ne ser­va, su come trat­ta­re gli auto­con­su­mi, su come favo­ri­re la tran­si­zio­ne ver­so l’e­let­tri­co di tut­ti gli usi ter­mi­ci e del­la mobi­li­tà. E inve­ce rima­nia­mo bloc­ca­ti in una visio­ne nove­cen­te­sca che con­ti­nua a pri­vi­le­gia­re diret­ta­men­te o indi­ret­ta­men­te le fon­ti più impattanti.

Auto­stra­de deser­te
Nes­su­no ha mai det­to che il rin­no­vo del­le con­ces­sio­ni sia auto­ma­ti­co: sicu­ra­men­te i rin­no­vi devo­no pre­ve­de­re nuo­vi inve­sti­men­ti da par­te dei con­ces­sio­na­ri. Ma già dopo la pub­bli­ca­zio­ne del decre­to ben tre diver­se auto­ri­tà nazio­na­li sol­le­va­ro­no for­ti cri­ti­che: l’Autorità Nazio­na­le Anti­cor­ru­zio­ne, l’Autorità di Rego­la­zio­ne dei Tra­spor­ti e l’Autorità Garan­te del­la Con­cor­ren­za e del Mercato.
I rischi di infra­zio­ne del­la nor­ma­ti­va comu­ni­ta­ria era­no tal­men­te evi­den­ti che la Com­mis­sio­ne Euro­pea ha rite­nu­to di inter­ve­ni­re ad otto­bre. È quin­di sta­to neces­sa­rio duran­te la con­ver­sio­ne in leg­ge intro­dur­re un com­ma (art. 5 com­ma 4 bis) in cui è pre­vi­sto che “L’at­tua­zio­ne del­le dispo­si­zio­ni di cui al pre­sen­te arti­co­lo è subor­di­na­ta al rila­scio del pre­ven­ti­vo assen­so da par­te dei com­pe­ten­ti orga­ni del­l’U­nio­ne euro­pea.” Rima­ne la cri­ti­ca poli­ti­ca, anche se un atto rispet­ta la nor­ma­ti­va euro­pea (e ci man­che­reb­be altro, visto che le pro­ce­du­re di infra­zio­ne sono costo­se) non signi­fi­ca che sia sen­sa­to e condivisibile.
Come già ricor­da­va­mo qual­che set­ti­ma­na fa “In un set­to­re così rigi­do, l’unico momen­to in cui si può real­men­te par­la­re di mer­ca­to e di con­cor­ren­za è quel­lo in cui si asse­gna­no, con una gara euro­pea, le con­ces­sio­ni. Se le con­ces­sio­ni sono sti­rac­chia­te nel tem­po, allun­ga­te inde­fi­ni­ta­men­te, gene­ra­no pro­fit­ti da ren­di­ta di posi­zio­ne del tut­to ingiu­sti­fi­ca­ti in un’ottica di mer­ca­to. Pro­fit­ti che signi­fi­ca­no mag­gio­ri one­ri per tut­ti gli utenti.”

L’ac­qua (non è) pubblica
Il refe­ren­dum del 2011, con il suo ecce­zio­na­le risul­ta­to popo­la­re, pone l’acqua, sot­traen­do­la agli inte­res­si eco­no­mi­ci, tra i dirit­ti da tute­la­re. Si affer­ma nel­la sli­de del PD che l’obiettivo non è quel­lo di pri­va­tiz­za­re ma otti­miz­za­re il ser­vi­zio idri­co inte­gra­to, affi­dan­do­lo in modo effi­cien­te a gesto­ri uni­ci in gra­do di rea­liz­za­re gli inve­sti­men­ti garan­ten­do mag­gio­re qua­li­tà ai cittadini.

Ma anche in que­sto caso è suf­fi­cien­te leg­ge l’articolo che rego­la la mate­ria per capi­re dove sta la veri­tà dei fat­ti. Con que­sto arti­co­lo si modi­fi­ca quel­la par­te del Codi­ce ambien­ta­le (d.lgs. 152/2006) che riguar­da la gestio­ne del ser­vi­zio. In par­ti­co­la­re, con il pas­sag­gio da “uni­ta­rie­tà del­la gestio­ne” a “uni­ci­tà del­la gestio­ne” si impo­ne il gesto­re uni­co per ogni ambi­to ter­ri­to­ria­le otti­ma­le. La scel­ta del futu­ro gesto­re deve rica­de­re tra chi gesti­sce già il 25% del­le uten­ze del­la popo­la­zio­ne resi­den­te in un territorio.

La stra­da è obbli­ga­ta: le gran­di azien­de quo­ta­te in bor­sa saran­no i futu­ri gesto­ri, allon­ta­nan­do così dal con­trol­lo dei cit­ta­di­ni e dei con­si­gli comu­na­li la gestio­ne del ser­vi­zio e intro­du­cen­do quei cri­te­ri di mer­ca­to che sono alla base del­la pri­va­tiz­za­zio­ne dell’acqua. Un gran­de pro­ces­so di aggregazioni/fusioni è alle por­te. Ope­ra­zio­ne che vedrà Acea, Hera, A2a e Iren acca­par­rar­si tut­te le socie­tà di gestio­ne dei ser­vi­zi idri­ci, ambien­ta­li ed ener­ge­ti­ci. Come se non bastas­se, la leg­ge di sta­bi­li­tà garan­ti­sce agli enti loca­li che deci­de­ran­no di ven­de­re ai pri­va­ti le loro azio­ni o di quo­tar­le in bor­sa di poter impie­ga­re i pro­ven­ti al di fuo­ri del pat­to di sta­bi­li­tà, costrin­gen­do i sin­da­ci ad alie­na­re i beni pri­ma­ri del­le comu­ni­tà per con­sen­ti­re ai Comu­ni di fun­zio­na­re. Que­sto signi­fi­ca: impo­si­zio­ne, limi­ta­zio­ne del­le liber­tà indi­vi­dua­li, sot­tra­zio­ne di ric­chez­ze dei luoghi.

Gran­di ope­re, pic­co­le idee
L’au­to­stra­da Orte Mestre è un’o­pe­ra inse­ri­ta nel­le Leg­ge Obiet­ti­vo (Gover­no Ber­lu­sco­ni, 2001) e dichia­ra­ta di pub­bli­ca uti­li­tà dal 2003. Per­ché quin­di non vie­ne rea­liz­za­ta? Per­ché i con­ti non tor­na­no: l’au­to­stra­da dove­va esse­re finan­zia­ta gra­zie a cosid­det­ti inve­sti­to­ri pri­va­ti che però al momen­to non la riten­go­no con­ve­nien­te. Da alcu­ni anni que­sti pro­po­nen­ti han­no quin­di cer­ca­to di otte­ne­re uno scon­to fisca­le sul­l’o­pe­ra (vi rispar­mia­mo la sto­ria dei pre­ce­den­ti decre­ti boc­cia­ti dal­la cor­te dei con­ti). È cer­ta­men­te solo un caso che tra i pro­po­nen­ti spic­chi una socie­tà che fa capo a Vito Bon­si­gno­re, euro­par­la­men­ta­re del Nuo­vo Cen­tro Destra, com­pa­gno di par­ti­to del mini­stro com­pe­ten­te, Mau­ri­zio Lupi.
Lo Sbloc­ca Ita­lia pre­ve­de di rinun­cia­re a 2 miliar­di di euro di entra­te del­lo sta­to a favo­re del pro­get­to del­la Orte Mestre. Se mai que­sta auto­stra­da si rea­liz­ze­rà sarà quin­di meri­to del­la leg­ge di con­ver­sio­ne di que­sto decre­to: qual­cu­no può nega­re che la costru­zio­ne di una auto­stra­da di 400 km pos­sa cau­sa­re un con­su­mo di suo­lo? Non solo i 600–700 etta­ri occu­pa­ti diret­ta­men­te, gra­zie al nastro d’a­sfal­to di 4 cor­sie. Ma soprat­tut­to l’in­cal­co­la­bi­le impat­to indi­ret­to, visto che tut­ti i ter­re­ni agri­co­li che si tro­ve­ran­no in pros­si­mi­tà degli svin­co­li diven­te­ran­no natu­ra­li ospi­ti di poli di logi­sti­ca o cen­tri com­mer­cia­li (con il con­se­guen­te svuo­ta­men­to dei cen­tri urba­ni, altro che riqualificazione).

rottama-italia-acqua-01 rottama-italia-trivelle-01 rottama-italia-rifiuti-01

LE NOSTRE PROPOSTE A COSTO ZERO
A pari­tà di costo. Meno auto­stra­de, nien­te scon­ti fisca­li ai fos­si­li, rilan­cio effi­cien­za, reti e innovazione.

Ver­so rifiu­ti zero
Finan­zia­re, con un impo­sta da appli­ca­re sul­lo smal­ti­men­to dei rifiu­ti in disca­ri­ca e negli ince­ne­ri­to­ri, un pia­no nazio­na­le per l’in­tro­du­zio­ne del por­ta a por­ta e lo svi­lup­po di cen­tri per il com­po­stag­gio e per il recu­pe­ro dei mate­ria­li. I rifiu­ti da pro­ble­ma a ric­chez­za (art. 35 del­lo Sbloc­ca Italia).

Azien­de pub­bli­che di dimen­sio­ne indu­stria­le e di qualità
Desti­na­re i 400 milio­ni di € che il Gover­no vuo­le uti­liz­za­re per favo­ri­re le pri­va­tiz­za­zio­ni di acqua, tra­spor­to e rifiu­ti alla nasci­ta di azien­de pub­bli­che di dimen­sio­ne indu­stria­le. Il refe­ren­dum 2011 va rispettato.

500 milio­ni a garan­zia del­le Esco
Per sbloc­ca­re le Esco e il cre­di­to ban­ca­rio col­le­ga­to alle loro atti­vi­tà, un fon­do rego­la­men­ta­to e veri­fi­ca­to da Enea.

500 milio­ni per l’ef­fi­cien­ta­men­to immo­bi­li pub­bli­ci (con ritorno)
Effi­cien­ta­men­to ener­ge­ti­co patri­mo­nio e con­su­mi pub­bli­ci (non bene­fi­cia­no del cre­di­to d’im­po­sta): con 500 milio­ni per tre anni si otten­go­no risul­ta­ti signi­fi­ca­ti­vi e in pro­spet­ti­va si fa anche spen­ding review.

In Ita­lia ci sono 13 mila uffi­ci pub­bli­ci e 55 mila scuo­le. Spen­den­do 500 milio­ni all’an­no, in meno di die­ci anni si può otti­miz­za­re l’ef­fi­cien­za in un ter­zo degli uffi­ci e del­le scuo­le, con un rispar­mio di oltre 400 milio­ni di euro all’an­no e un rispar­mio ener­ge­ti­co di 20 milio­ni di MWh/anno. Que­sto inter­ven­to atti­ve­reb­be cir­ca 10 mila posti di lavo­ro sta­bi­li per die­ci anni.
Un altro esem­pio di effi­ca­ce spen­ding review riguar­da l’il­li­mi­na­zio­ne pub­bli­ca (spe­sa pub­bli­ca annua: 2 miliar­di). Inve­sten­do in siste­mi ad alta effi­cien­za si può otte­ne­re un rispar­mio sul­la spe­sa fino al 50%, e il costo degli inve­sti­men­ti ini­zia­le si ripa­ga al mas­si­mo in 5 anni.

500 milio­ni per acqui­sta­re 100 tre­ni per pendolari
Il tra­spor­to pub­bli­co è già ter­ri­bil­men­te mor­ti­fi­ca­to da anni e la leg­ge di sta­bi­li­tà sem­bra pro­se­gui­re su que­sta stra­da (non fer­ra­ta) e peg­gio­ra­re le cose.

Tre­ni pen­do­la­ri. Ogni gior­no in Ita­lia cir­co­la­no qua­si 3 milio­ni di pen­do­la­ri. Dal 2009 a oggi il nume­ro dei pen­do­la­ri è cre­sciu­to del 17%, ma le risor­se pub­bli­che per il set­to­re sono sce­se di un quar­to (e le tarif­fe sono cre­sciu­te, a secon­da del­le regio­ni, dal 20 al 50%). Con 500 milio­ni si pos­so­no acqui­sta­re tra 90 e 100 nuo­vi tre­ni, avvi­ci­nan­do la dota­zio­ne ita­lia­na a quel­la di Pae­si come la Ger­ma­nia e la Fran­cia. L’im­pat­to posi­ti­vo sul­l’oc­cu­pa­zio­ne sareb­be di alme­no 8 mila posti di lavoro.

Ban­da lunga
In ter­mi­ni di infra­strut­tu­re, dopo tan­te chiac­chie­re, com­mis­sio­ni, pro­mes­se, noi sia­mo qui: al 48° posto al mon­do per velo­ci­tà del­la con­nes­sio­ne inter­net misu­ra­ta, ulti­mo per quan­to riguar­da gli Sta­ti del­l’U­nio­ne Euro­pea. La velo­ci­tà sti­ma­ta sul­le con­nes­sio­ni degli uten­ti ita­lia­ni è infat­ti di 4,9 mega­bit al secon­do men­tre nel resto del­la Ue si viag­gia a velo­ci­tà più che dop­pia (per non par­la­re del­la Corea del Sud, dove la media sti­ma­ta è di 22,1 mega­bit). Sia­mo per­fi­no sot­to il Por­to­gal­lo, la Roma­nia e la Slo­vac­chia. Peg­gio di noi, solo la Tur­chia. Per quan­to riguar­da la ban­da lar­ga con velo­ci­tà supe­rio­re a 10 mega­bit al secon­do, in Ita­lia que­sta è usu­frui­ta solo dal 18,4 per cen­to di chi ha una con­nes­sio­ne alla rete, con­tro una media euro­pea del 66 per cen­to. Sono anco­ra più di un ter­zo (34 per cen­to) gli ita­lia­ni che non han­no mai aper­to un bro­w­ser in vita loro. Di nuo­vo, sia­mo mes­si peg­gio per­fi­no del Por­to­gal­lo (che è al 33 per cen­to), anche se, volen­do, pos­sia­mo con­so­lar­ci pen­san­do alla Gre­cia (36) e alla Bul­ga­ria (41). Poco con­for­tan­te è inve­ce il raf­fron­to com­ples­si­vo con le medie euro­pee: ad esem­pio, sol­tan­to il 56 per cen­to degli ita­lia­ni usa inter­net ogni gior­no, con­tro il 72 nel resto del­la Ue. E solo il 21 per cen­to uti­liz­za i ser­vi­zi digi­ta­li offer­ti dal­la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne (quan­do esi­sto­no), a fron­te di una media euro­pea pari al 41; men­tre sia­mo sot­to del 30 per cen­to rispet­to alla media Ue, assie­me a Roma­nia e Bul­ga­ria, se si guar­da agli acqui­sti on line.

Nota pro­vo­ca­to­ria sul paesaggio
Se il pae­sag­gio diven­ta un limi­te agli inter­ven­ti dei pri­va­ti o ai gran­di inter­ven­ti gesti­ti dai Com­mis­sa­ri sopra ogni altro livel­lo di demo­cra­ti­ca com­pe­ten­za, ci chie­dia­mo (in modo pro­vo­ca­to­rio) per­ché non ven­ga abro­ga­to pale­se­men­te l’art. 9 del­la Costituzione.

Gli effet­ti di un silen­zio-assen­so per una serie di ope­re, rie­su­ma­to da Ren­zi, dopo che i vari ten­ta­ti­vi dei gover­ni di destra era­no sta­ti bloc­ca­ti da sen­ten­ze che ne rile­va­va­no l’il­le­git­ti­mi­tà, pos­so­no esse­re deva­stan­ti. Se i tem­pi per l’e­spres­sio­ne del pare­re del­le Soprin­ten­den­ze sono trop­po lun­ghi, si agi­sca san­zio­nan­do, anche pecu­nia­ria­men­te, l’en­te pre­po­sto: su ogni pra­ti­ca che esca dai tem­pi, si trat­tie­ne la san­zio­ne dal­lo sti­pen­dio fun­zio­na­rio respon­sa­bi­le. Non eli­mi­nan­do chi dovreb­be garan­ti­re la tute­la del nostro patri­mo­nio, per quel che ce n’è rima­sto tra crol­li, allu­vio­ni, incu­ria. Se le Soprin­ten­den­ze non ci fos­se­ro sta­te, avreb­be­ro costrui­to fin sul­l’A­cro­po­li di Agri­gen­to. E poi, dicia­mo­ce­lo bene: ma in un’I­ta­lia che è sta­ta costrui­ta all’in­ve­ro­si­mi­le, pur con la pre­sen­za dei Soprin­ten­den­ti, pen­sia­mo dav­ve­ro sia quel­lo ciò che “bloc­ca l’I­ta­lia”? Non è che l’I­ta­lia è sta­ta bloc­ca­ta (asfal­ta­ta, spia­na­ta, immo­bi­liz­za­ta, cemen­ta­ta e via con le meta­fo­re tan­to care alla poli­ti­ca di que­sti tem­pi) per una scel­ta sba­glia­ta sul model­lo di svi­lup­po che è anco­ra con­fer­ma­ta, di più, rilan­cia­ta, da que­sto decreto?

Auto­ri: Ben­ga­si Bat­ti­sti, Nata­le Belo­si, Mar­co Boschi­ni, Enzo Favoi­no, Gian­lu­ca Ruggieri

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Possibile sostiene Coopla Green. Fallo anche tu.

Pri­ma l’a­zien­da si chia­ma­va Man­fre­pla­st e pro­du­ce­va sto­vi­glie in pla­sti­ca monou­so. Ope­ra­ie e ope­rai licen­zia­ti voglio­no ricon­ver­ti­re l’azienda nel­la pro­du­zio­ne di posa­te com­po­sta­bi­li uti­liz­zan­do solo ener­gie rinnovabili.

Han­no biso­gno del soste­gno di tut­te e tut­ti noi. Noi abbia­mo fat­to la nostra par­te, ma chie­dia­mo anche a te di fare un pic­co­lo sforzo.