Un grande scrittore di fantascienza, Ray Bradbury, scrisse che nel futuro l’uomo viaggerà tra le stelle, e durante il viaggio i passeggeri mangeranno cibo pessimo e guarderanno brutti film. La sua era una fantascienza sociologica, di fatto ne fu l’inventore, e usava quel genere letterario considerato leggero per riflettere sulla società, su come anche in un’epoca di grandi progressi si corra il rischio di veder emergere gli stessi difetti umani di sempre: l’avidità, l’arroganza, la difficoltà a progredire come singoli, e come specie.
È una metafora molto forte di alcune cose cui assistiamo ultimamente, anche se si tratta di racconti che hanno più di mezzo secolo e qualcuno potrebbe giudicarli non abbastanza alla moda.
Noi siamo qui oggi perché pensiamo che il futuro debba essere un posto migliore in cui andare, e non la solita roba. Noi pensiamo che con tutta la strada che abbiamo percorso, e francamente con tutta la fatica che abbiamo fatto, il nostro destino non può essere quello di ripetere esattamente le cose che si sono sempre fatte, sbagliando, e diventare le persone che giuravamo non saremmo mai diventati, e che volevamo cambiare.
In Liguria si possono fare molte cose per scongiurare che il futuro sia un pessimo viaggio per i suoi abitanti. Ad esempio si può mettere in sicurezza il territorio, e dire basta alla cementificazione, e lo si può fare, a partire da domenica 31 maggio, smettendo di votare quelle stesse persone che governano da tanti anni e che il territorio non l’hanno saputo sistemare.
Se lo facciamo oggi, se scegliamo oggi di iniziare una storia nuova, non ci troveremo di nuovo qui, tra qualche anno, a chiederci come mai quello che è successo è stato così deludente. È una scelta che possono fare tutti, in questa regione. In questo senso, la candidatura di Luca Pastorino che noi sosteniamo con forza, passione e convinzione (stamattina alle 11,30 l’evento in piazza Raibetta a Genova con Pippo e Luca), parla alle persone libere, e per questo può sorprendere tutti. Può costituire un modello per tutti quelli che in Italia vogliono anch’essi fare un viaggio decisamente migliore di questo, mentre vanno verso il futuro.
L’alternativa è rassegnarsi. Michele Serra, che qualche giorno fa scriveva un pezzo in cui citava Pippo Civati (e implicitamente ci citava, tutti), dice che nel corso della sua vita ha sempre avuto simpatia per quelli come noi, quelli un po’ irrequieti, movimentisti, curiosi, dice che li ha sempre sentiti più affini, più liberi, più convincenti, ma che al momento del voto si è sempre spaventato e ha sempre — dice così — “buttato il suo voto nel calderone”. Dice che gli piaceva Pintor ma votava Berlinguer, e questo ha fatto rispondere a Civati che malgrado tutto gli pare passi una grossa differenza tra il cosiddetto calderone di Berlinguer e la roba cui stiamo assistendo in questo momento. Comunque, Serra diceva che non dobbiamo convincere quelli come noi, ma quelli come lui, che sono molti di più, sono milioni. E allora proprio a quelli ci vogliamo rivolgere, per dire loro che non devono rassegnarsi, che non è il nostro destino buttare il voto in un calderone, non è il nostro destino affidare il nostro voto a qualcuno che poi ci tradirà e ne farà ciò che vuole.
Noi possiamo scrivere una storia diversa, una storia nuova che sceglie il meglio e non il meno peggio, che ripaga la fiducia del voto dei cittadini con il rispetto delle promesse fatte e non con il loro tradimento sistematico.
La politica è l’arte del compromesso, diceva quel tale, e qualcuno lo ha preso talmente in parola che a forza di compromessi si è compromesso lui per primo. Per ottenere cosa? Un partito della nazione largo, talmente largo che imbarca i fascisti ma che poi ha paura di perdere e che dà la colpa dei propri fallimenti agli altri, e a quella sinistra che ha sempre voluto umiliare. Non si può avere tutto dalla vita, non si può pretendere di risultare simpaticissimi agli elettori di Forza Italia vantandosi mentre si asfaltano i compagni di partito, gli insegnanti, i sindacati, i costituzionalisti, i giudici, e poi lamentarsi perché queste categorie non ti votano più. C’è un limite anche alla faccia tosta.
A meno che non si voglia credere alla propria stessa propaganda. E può darsi, perché ormai questa faccenda della comunicazione in politica è diventata talmente enorme che l’ha sostituita del tutto, la politica. L’altro giorno, ad esempio, il principale esperto di comunicazione del premier sosteneva che il video con la lavagna aveva funzionato (“il frame si è imposto”, ha detto), perché tutti stavano parlando della lavagna. Verissimo, ma è anche vero che a distanza di oltre un secolo, beh, c’è un sacco di gente che ancora parla del Titanic. Il famoso frame dell’affondamento, quello sì che si è imposto, non con questo che qui si voglia dare suggerimenti allo staff di Palazzo Chigi, per carità.
Certo, certo che non tutti i problemi sono figli di questa fase, è vero che sono stati vent’anni difficili, con l’Ulivo si sono realizzati passi avanti importanti ma forse ci aspettavamo di più, ci aspettavamo una svolta finale dalla situazione in cui eravamo finiti, e invece nel 2011 sono arrivati il governo Monti e le larghe intese, e in quelle larghe intese ci siamo talmente persi che ci siamo dentro ancora oggi, anzi, invece di terminarle qualcuno ha pensato bene di interiorizzarle, di incarnarle personalmente, a partire dall’agenda di governo e dalle riforme che la destra non era mai riuscita a fare. Siamo entrati in una lunga notte in cui tutte le vacche sono nere, ed è talmente buia questa notte che abbiamo il dubbio che qualcuno si sia fregato pure le vacche, e che quando riaccenderemo la luce non ci sarà che vuoto intorno a noi. Ecco, a spazzar via questo buio facciamo sorgere un bel sole ligure, un sole di levante, e facciamolo il prima possibile.