Ci sono voluti nove Salva Ilva, tre giorni di sciopero degli operai di Cornigliano e molti mesi di confusione per giungere all’esito positivo del tavolo tra Sindacati e Governo. Risultato certamente importante quello arrivato al tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico, alla presenza della viceministra Bellanova.
Risultato che forse, con un po’ di responsabilità e attenzione nei confronti delle richieste dei lavoratori, sarebbe potuto arrivare prima. E non a sei giorni dalla chiusura delle domande per la manifestazione di interesse dei privati per gli stabilimenti. Perché quello che stupisce, al di là del primo passo di oggi, è che, da Genova a Taranto, ci troviamo di fronte alla politica dell’improvvisazione industriale.
Ma procediamo con ordine e ricostruiamo le ultime fasi di questa vicenda.
Solo lo scorso 13 gennaio, durante la discussione alla Camera del nono decreto Salva Ilva, avevamo denunciato che sulla vicenda Cornigliano il Governo continuava a inseguire un’emergenza dietro l’altra. La mancanza totale di una visione strategica in materia di politica industriale, sicurezza lavorativa ed economica per migliaia di persone è stata la cifra dominante di tutta la discussione in Parlamento. Per anni, su Taranto e Genova, solo un continuo accavallarsi di azioni confuse della politica e parallelamente della magistratura. Nessuna garanzia sulla cessione degli impianti, nessuna garanzia sul bando per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la tutela dell’ambiente. Soprattutto nessuna garanzia sulla continuità salariale per 1700 lavoratori e per le loro famiglie, già provati pesantemente dall’entrata in vigore del Jobs Act. Silenzio anche sul finanziamento dei lavori socialmente utili. Tutte misure in essere negli accordi precedentemente sottoscritti dal Governo con i territori e successivamente passate in secondo piano.
Questa confusione è stata la scintilla che ha scatenato i tre giorni di sciopero a Genova con il blocco dell’intera città. Tensione altissima e lavoratori costretti a una prova di forza certamente non indolore. Per loro l’ennesimo sacrificio ‘salariale’ solo per avere la certezza di un diritto legittimo: quello che al tavolo al Mise, dove si sarebbe discusso il loro futuro, ci fosse anche il Governo. Non era scontato e anche in questo caso l’esecutivo ha gestito la vicenda in maniera dilettantistica, garantendo la presenza della viceministra allo sviluppo Vicari solo dopo richieste martellanti e manifestazioni.
Poi ancora confusione, con l’avvicendamento Vicari-Bellanova, con il Governo che solo alla vigilia del tavolo, e solo dopo ripetute sollecitazioni, ha fatto sapere che l’incontro sarebbe stato coordinato da Teresa Bellanova.
Si tratta solo di un primo passo, con le sigle sindacali soddisfatte e l’impegno a rispettare l’accordo con i lavoratori siglato nel 2005. Ma siamo ancora lontani dalla soluzione definitiva e chiara di questa vicenda. Sono piccoli passi sui quali si può essere solo cautamente ottimisti. Continueremo a vigilare, soprattutto in queste ore, dato che domani, 10 febbraio, verranno aperte le buste per capire quali sono i privati interessati all’acquisizione dell’Ilva. Piccoli passi senza strategia, ancora troppo lontani da una visione industriale che non sia improvvisata.