Caro Presidente del Consiglio,
mi perdoni lo strumento della lettera aperta, forse inusuale per un Parlamentare della Repubblica, ma qui ed ora – come accade quando la misura è colma – è necessario farsi ascoltare.
Mi riferisco ai fatti di Taranto, agli ultimi ovviamente, giacchè l’intera lunga storia dell’ILVA grida vendetta fin dalle origini. Per semplificare, si è trattato di un insediamento industriale dapprima pubblico, poi privato ma sempre garantito dall’occhio benevolo o complice dei governi, realizzato e mantenuto in nome di un assurdo compromesso: la certezza del posto di lavoro a scapito della tutela ambientale e della salute pubblica, come se due diritti costituzionalmente garantiti potessero fronteggiarsi sulle opposte sponde di un conflitto.
Eppure, una vistosa vicenda giudiziaria ha puntato i riflettori, pur se in ritardo, su un eccidio durato decenni, uomini, donne e bambini piegati e troppo spesso uccisi dal cancro, esistenze sacrificate in nome del ricatto occupazionale. Ma niente, neppure gli allerta di scrupolose procure sono serviti a fermare un abominio così tanto raro da rinvenire in un Paese occidentale, eppure proprio della nostra storia nazionale, perchè nessuno potrebbe ridurre la vertenza ILVA entro gli angusti confini pugliesi.
Anzi, i governi si sono premurati di scavalcare le conclusioni giudiziarie sostenendo senza se e senza ma quella impostazione industriale, asfittica di investimenti per la bonifica di un’area più vasta di quella della stessa città, investimenti che non escluderebbero affatto la conservazione dei posti di lavoro. Così, anzichè investire nell’ambientalizzazione, che avrebbe rafforzato e messo in sicurezza il lavoro operaio, si è preferito proseguire in una politica di galleggiamento, irresponsabile rispetto alla sicurezza e quindi nei fatti beffarda quanto alle istanze che a gran voce si levano dall’intera comunità pugliese. Ma possibile che ancora oggi si eluda la nevralgica questione della decarbonizzazione dell’ILVA come se si trattasse di un tabù?
E siamo all’oggi. I cinquanta milioni di euro promessi dal suo Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria originata dall’inquinamento dell’ILVA saltano perchè privi di copertura finanziaria, quando è ben noto che le scelte politiche si compiono proprio nel momento in cui si destinano (o non si destinano) determinati fondi. Né intendo accordare credito a coloro che ipotizzano una sorta di sua ritorsione personale verso la Puglia ed il suo Governatore, colpevole di mancato allineamento, voce tanto aberrante da non poter essere plausibile. Resta tuttavia stringente la necessità di una risposta effettiva al nocciolo del problema, ben più credibile dei balbettii ministeriali che rimandano senza garanzie a dopo il referendum costituzionale lo svolgimento di una pratica tanto bollente.
Non si può più aspettare, e non in virtù di una opposizione certamente tutta politica al suo Governo, ma in nome e per conto di bambini devastati da morbi innominabili, di famiglie fiaccate dall’angoscia, di una intera comunità territoriale atterrita tanto dall’incudine del licenziamento, quanto dal martello di malattie ingiuste.
Presidente, lei ha il dovere di dare una risposta immediata e non equivocabile a Taranto, alla Puglia e all’Italia. Altrimenti, diverrà cogente che tutte le istituzioni pugliesi, a partire dai parlamentari, si muovano in un corpo unico per elevare la più alta delle barricate ad una gestione dissennata della salute pubblica e in definitiva della vita stessa di suoi concittadini inermi.
Toni Matarrelli