Immigrati, dall’emergenza all’integrazione

immigrazione 4 Ave­te fat­to caso che a nem­me­no un mese di distan­za dal­la più ingen­te stra­ge civi­le nel Medi­ter­ra­neo ita­lia­no, con anco­ra mol­ti cor­pi da recu­pe­ra­re al mare, ben pochi media con­ti­nua­no a occu­par­si di Lam­pe­du­sa, degli sbar­chi ad esso suc­ces­si­vi e per­ché no pre­ce­den­ti, del­le con­di­zio­ni di vita dei super­sti­ti e degli abi­tan­ti autoc­to­ni del­l’i­so­la, più vol­te pro­va­ti e sem­pre gene­ro­si allo stre­mo? Pare sia la rego­la, in Ita­lia, al net­to del­la con­ti­nua locu­zio­ne d’emer­gen­za, che pas­sa dal man­da­re di cor­sa la Mari­na a pat­tu­glia­re le acque (ele­men­to mini­mo per con­sen­ti­re l’ar­ri­vo di per­so­ne vive e non la con­ta di cada­ve­ri) al met­te­re in vota­zio­ne decre­ti leg­ge sem­pre più avven­ta­ti, spes­so più seve­ri, in ogni caso det­ta­ti dal­la neces­si­tà di mostra­re all’o­pi­nio­ne pub­bli­ca quan­to un gover­no sia in gra­do di agi­re in tem­pi rapi­di — come se aves­se già da pri­ma la solu­zio­ne a por­ta­ta di mano — e non solo a invo­ca­re il sup­por­to sovra­na­zio­na­le. Come se un ese­cu­ti­vo che ha al suo inter­no mem­bri (sono paro­le di Bru­no Tabac­ci) inca­pa­ci di anda­re oltre il mero bino­mio poli­zia-puli­zia, fos­se in gra­do di pen­sa­re a qual­co­sa di più com­ples­so. Come se una cul­tu­ra poli­ti­ca diven­ta­ta subal­ter­na ai mes­sag­gi del­la destra — lo ha ricor­da­to Pao­lo Nori in occa­sio­ne dei W/days reg­gia­ni — non aves­se, pri­ma anco­ra del­la Bos­si-Fini, pro­mul­ga­to una nor­ma che isti­tui­va i cen­tri di per­ma­nen­za tem­po­ra­nea (CPT), diven­ta­ti cen­tri di iden­ti­fi­ca­zio­ne ed espul­sio­ne, in sigla CIE. Quel­la leg­ge por­ta­va il nome dei suoi pro­mo­to­ri, Livia Tur­co e Gior­gio Napolitano.

Naufragio Scicli: a bordo barcone 150-200 persone In que­sto Pae­se mol­ti aspet­ti diven­ta­no “emer­gen­za” per­ché nel tem­po non si sono pre­se le ade­gua­te misu­re, con­cer­tan­do­le e sapen­do­le spie­ga­re a una popo­la­zio­ne matu­ra. Pro­prio quel­la gen­te che al mat­ti­no por­ta a scuo­la i figli in clas­si com­po­ste, ad andar bene, solo una metà da figli di ita­lia­ni, e che quan­do va a fare l’a­pe­ri­ti­vo, lo spri­tz lo chie­de a una per­so­na che spes­so di cogno­me fa Zhang. Maga­ri le chie­de anche un lavo­ro, già che c’è. Sono tra­scor­si ven­ti­due anni dal­l’e­so­do alba­ne­se ver­so la Puglia, e dal­l’am­mas­so allo sta­dio del­la Vit­to­ria in Bari colo­ro che sono rima­sti in Ita­lia qua­le desti­na­zio­ne sta­bi­le sono ormai par­te del­la comu­ni­tà, sono i nostri imbian­chi­ni, tra­spor­ta­to­ri, medi­ci, par­ruc­chie­re. Nes­su­no lo avreb­be mai det­to quel gior­no di pri­ma­ve­ra nel 1991, nes­su­na ini­zia­ti­va d’e­mer­gen­za in Par­la­men­to avreb­be con­sen­ti­to un ocu­la­to e rego­la­re inse­ri­men­to nel­la socie­tà degli ita­lia­ni. A mag­gior ragio­ne oggi, quan­do sul­le coste sici­lia­ne arri­va­no i pro­fu­ghi dal­le guer­re e dal­le teo­cra­zie, i figli di Siria e di Eri­trea (ver­so la qua­le, come dire, abbia­mo sem­pre un debi­to): effet­ti di quel­la rivo­lu­zio­ne medi­ter­ra­nea che si è cal­deg­gia­ta, coper­ti da que­sto lato del mare, sen­za voler accet­ta­re le con­se­guen­ze spe­ci­fi­che di decen­ni in cui l’eu­ro­cen­tri­smo buro­cra­ti­co si era dimen­ti­ca­to del suo con­fi­ne meri­dio­na­le, lascian­do fare agli accor­di scel­le­ra­ti ‑uno su tut­ti, quel­lo tra il gover­no Ber­lu­sco­ni e la Libia di Ghed­da­fi- e chiu­den­do occhi alla rei­te­ra­ta trat­ta ordi­ta dagli scafisti.

immigrazione 3 Ma non dob­bia­mo com­met­te­re l’er­ro­re, tipi­ca­men­te tri­co­lo­re, di addos­sa­re alle isti­tu­zio­ni con­ti­nen­ta­li respon­sa­bi­li­tà mag­gio­ri rispet­to a quel­le che dovreb­be­ro ave­re: la via d’u­sci­ta ‑lun­ga, acci­den­ta­ta e di appro­do non cer­to- ai flus­si che arri­va­no dal sud e dal­l’e­st del mon­do, sen­za che sia con­si­de­ra­ta emer­gen­za, pas­sa da una tota­le assun­zio­ne di respon­sa­bi­li­tà reci­pro­ca, sia del­l’I­ta­lia che del­l’Unio­ne Euro­pea. Il cen­tro Astal­li, mas­si­ma strut­tu­ra di acco­glien­za gesti­ta dai padri gesui­ti, è sta­to tra i pri­mi a chie­de­re a Bru­xel­les l’u­ti­liz­zo del pro­gram­ma Fron­tex dai con­fi­ni orien­ta­li a quel­li medi­ter­ra­nei: ma la lode­vo­le ini­zia­ti­va non è suf­fi­cien­te, davan­ti a nodi strut­tu­ra­li. E per­tan­to, com­pi­to del Par­la­men­to euro­peo è addi­ve­ni­re a una nor­ma­ti­va comu­ne e orga­ni­ca riguar­do il dirit­to d’a­si­lo, capa­ce di tener con­to del­la muta­ta situa­zio­ne nel qua­dro inter­na­zio­na­le. A que­sta revi­sio­ne deve accom­pa­gnar­si, fin da subi­to, l’a­per­tu­ra di cor­ri­doi uma­ni­ta­ri anche via mare, sot­to l’e­gi­da del­l’ONU, per con­sen­ti­re l’e­mi­gra­zio­ne lega­le dei dis­si­den­ti e di colo­ro la cui vita sia in peri­co­lo nei Pae­si d’o­ri­gi­ne. Il tut­to nel­la pro­spet­ti­va di un con­trol­lo sovra­na­zio­na­le, con la meta fina­le di una legi­sla­zio­ne uni­ta­ria che rego­li l’ingres­so e il sog­gior­no nei Pae­si mem­bri. Anche a sim­bo­lo e garan­zia di que­sto per­cor­so, Giu­sep­pe Civa­ti ha avan­za­to l’i­dea che la sin­da­ca di Lam­pe­du­sa, Giu­si Nico­li­ni, sia can­di­da­ta a Stra­sbur­go nel pros­si­mo mese di giu­gno, così da par­te­ci­pa­re atti­va­men­te al pro­ces­so discus­so nei gior­ni scor­si in quel­la sede con il pre­si­den­te Mar­tin Schulz.

immigrazione 2 I dove­ri del­l’I­ta­lia sono altret­tan­ti e più gra­vo­si, se si con­si­de­ra la situa­zio­ne di par­ten­za: una destra leghi­sta, ber­lu­sco­nia­na e post-mis­si­na che — ha ricor­da­to Civa­ti — ha flir­ta­to per ven­t’an­ni con il raz­zi­smo isti­tu­zio­na­le e la discri­mi­na­zio­ne dichia­ra­ta. Per­fi­no nel­le sue fran­ge cat­to­li­che, ad esem­pio le leg­gi regio­na­li lom­bar­de volu­te dal­la giun­ta For­mi­go­ni con­tro i pho­ne cen­ter e i kebab. Ma non solo: una for­za del 25% — e par­lo del MoVi­men­to 5 Stel­le — che vede scon­fes­sa­ti i suoi ten­ta­ti­vi di abo­li­zio­ne del rea­to di clan­de­sti­ni­tà, dal momen­to che i capi poli­ti­ci Gril­lo e Casa­leg­gio temo­no di per­de­re i voti “di pan­cia” che sono arri­va­ti pro­prio da quel­la destra. Il PD e il cen­tro­si­ni­stra non devo­no esse­re pre­oc­cu­pa­ti di per­de­re voti, se aumen­ta­no e difen­do­no i dirit­ti del­le per­so­ne: ecco allo­ra che abro­ga­re la leg­ge Bos­si-Fini è la pri­ma cosa da fare, sosti­tuen­do­la con una nor­ma­ti­va che sap­pia con­tem­pe­ra­re sicu­rez­za e inte­gra­zio­ne, dirit­ti e dove­ri, rispet­to e con­vi­ven­za. Appun­to il codi­cil­lo Maro­ni, che isti­tuì il rea­to di immi­gra­zio­ne clan­de­sti­na, aven­do dato il via alla poli­ti­ca dei respin­gi­men­ti ver­so i lager libi­ci è la chia­ve per scar­di­na­re que­sto siste­ma di disva­lo­ri. Se da un lato è pro­prio il regi­me degli accor­di con la Libia che va rivi­sto, alla luce del­la nuo­va situa­zio­ne poli­ti­ca di Tri­po­li e Ben­gha­zi, dal­l’al­tro ci si atti­vi per tra­sfor­ma­re i CIE, luo­ghi dove oggi i dirit­ti uma­ni sono sospe­si. Un altro inter­ven­to indi­la­zio­na­bi­le con­cer­ne il lavo­ro, i suoi dirit­ti e la sua rap­pre­sen­tan­za sin­da­ca­le: casi come Rosar­no, dove i lavo­ra­to­ri afri­ca­ni sono sot­to scac­co del capo­ra­la­to che impo­ne paghe risi­ca­te e moda­li­tà di lavo­ro mas­sa­cran­ti, gri­da­no ven­det­ta anche se l’in­for­ma­zio­ne è sem­pre più inter­mit­ten­te.  E se chie­de­re modi­fi­che tan­to ele­men­ta­ri quan­to incom­ben­ti alla con­dot­ta poli­ti­ca di que­sti anni doves­se signi­fi­ca­re far cade­re il gover­no del­le lar­ghe inte­se, ebbe­ne, ce ne fare­mo una ragione.

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