[vc_row][vc_column][vc_column_text]La settimana scorsa, il fronte femminile del Partito Socialismo e Libertà (PSOL) ha denunciato all’ONU il Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro. L’accusa al suo governo è stata quella di aver abbandonato la battaglia contro la violenza sulle donne.
Dal 2015 al 2018, dopo il golpe contro Dilma Rousseff, durante il governo di Michel Temer, c’è stata una drastica riduzione delle risorse destinate alla Casa da Mulher Brasileira (Casa della Donna Brasiliana), che si occupa di sostenere le donne vittime di violenza. Nel 2019, invece, quando Bolsonaro è arrivato alla Presidenza della Repubblica, le risorse sono state completamente azzerate.
Inoltre, tra gli anni 2015 e 2019, il budget destinato all’”Assessorato alla Donna” (un ente che appartiene al Ministero della Donna, della Famiglia e dei Diritti Umani) è stato ridotto di più del 90% — da 119 milioni di real a 5,3 milioni.
Nel Brasile di oggi, secondo i dati del Ministero della Sanità, ogni quattro minuti una donna viene aggredita da persone conosciute, mentre dodici donne sono assassinate ogni giorno. Nel 2019 c’è stata una crescita del 76% di casi di femminicidi nello Stato di San Paolo, una delle regioni più ricche e sviluppate del Paese.
Alle domande della stampa, la risposta del Capo di Stato brasiliano è stata sconcertante: “Non è una questione di soldi e di risorse. In Brasile ci vuole un cambio nei comportamenti”.
Quali comportamenti? Bolsonaro è favorevole alla campagna dell’attuale ministro della Donna, Famiglia e Diritti Umani, Damares Alves, che suggerisce l’astinenza sessuale come modo per evitare gravidanze precoci, e ha elogiato il suo lavoro nello Stato di Pará, dichiarando: “Alves sta svolgendo un bel lavoro in Ilha de Marajó (isola dello Stato di Pará). Là ci sono padri e nonni allo stesso tempo, che mettono incinte le figlie, le nipoti.”
Una questione enorme come quella della violenza sulle donne non può essere trattata in questo modo. Di fronte ai tagli e a una situazione diventata ormai assurda, le deputate del PSOL, Luiza Erundina, Áurea Carolina, Sâmia Bonfim, Fernanda Melchionna e Talíria Petrone hanno chiesto che la relatrice dell’ONU, Dubravka Simonovik, e l’Alto Commissario, Michelle Bachelet, facciano una visita in Brasile, “affinché siano osservati direttamente gli effetti del taglio delle risorse sull’aumento della violenza nel Paese”.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]