In difesa della democrazia Costituzionale: premierato e autonomia differenziata. Le ragioni del no

Rin­gra­zio l’or­ga­niz­za­zio­ne di que­sta occa­sio­ne che è pre­zio­sa e necessaria.

Anche tra­la­scian­do il ben più lun­go dibat­ti­to sul regio­na­li­smo, que­sta spe­ci­fi­ca discus­sio­ne sull’autonomia dif­fe­ren­zia­ta nel 2024 ha l’età per anda­re a scuo­la: sono pas­sa­ti sei anni dall’accordo del 2018 di Vene­to, Lom­bar­dia ed Emi­lia Roma­gna. Gover­no Gen­ti­lo­ni, a pochi gior­ni dal voto, pro­prio in que­sto perio­do dell’anno.

Da allo­ra, ci sia­mo orga­niz­za­ti in comi­ta­ti, pre­si­di, mani­fe­sta­zio­ni, assem­blee per no a que­sto dise­gno, nel­le sue incar­na­zio­ni e varianti. 

No, per­ché lede il prin­ci­pio di ugua­glian­za, e quel­lo di solidarietà.

No, per­ché su temi fon­da­men­ta­li, tra cui scuo­la e salu­te, e quin­di tut­ti gli altri a casca­ta, dif­fe­ren­zia i cit­ta­di­ni e le cit­ta­di­ne sul­la base di dove risie­do­no. E infat­ti non sor­pren­de che piac­cia soprat­tut­to a chi pen­sa che anche i dirit­ti uma­ni dipen­da­no da dove nasci e vivi.

No, per­ché accen­tua le disu­gua­glian­ze per sua stes­sa natu­ra, favo­ren­do il poten­zia­men­to dei ser­vi­zi dove già le con­di­zio­ni sono miglio­ri, a disca­pi­to però (diret­ta­men­te e indi­ret­ta­men­te) di chi avreb­be più biso­gno. Se ser­ve dif­fe­ren­zia­re, è esat­ta­men­te nel sen­so opposto.

No, per­ché sot­trae al dibat­ti­to par­la­men­ta­re i rap­por­ti tra sta­to e regioni.

No, per­ché è matu­ra­to già in que­sto cli­ma, con la ridu­zio­ne al mini­mo fin dall’inizio del­la discus­sio­ne par­la­men­ta­re e del­la dif­fu­sio­ne del­le infor­ma­zio­ni alla cit­ta­di­nan­za, trat­tan­do la vicen­da come un affa­re pri­va­to del­le regio­ni interessate.

Voglio rin­gra­zia­re per Pos­si­bi­le Eula­lia Gril­lo che ha suo­na­to l’allarme fin dal pri­mo gior­no, e con lei tut­to il grup­po scuo­la e il grup­po salu­te di Pos­si­bi­le. Il pri­mo incon­tro lo abbia­mo orga­niz­za­to con lei, Giu­sep­pe Civa­ti e Vie­sti nel gen­na­io del 2019, per denun­cia­re quel­la che Vie­sti chia­ma “la seces­sio­ne dei ricchi”. 

Oggi qui nel 2024 ci tro­via­mo con il ddl Cal­de­ro­li in aula, e con il pro­get­to del pre­mie­ra­to. Lo chia­ma­no “scam­bio tra le destre”, ma più che uno scam­bio, che sicu­ra­men­te c’è, è un con­ti­nua­re a svuo­ta­re il ruo­lo del Par­la­men­to: il pote­re al pre­mier, al pre­si­den­te di Regio­ne, chiun­que tran­ne al Par­la­men­to. E nean­che al capo del­lo Sta­to, ma soprat­tut­to al Par­la­men­to. Lo scri­ve Valen­ti­na Pazè in un libro appe­na usci­to che si chia­ma “I non rap­pre­sen­ta­ti” (e ci tor­no fra un atti­mo). Pazè scri­ve che l’argomento dell’indebolimento del Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca è tan­to vero quan­to non esat­ta­men­te il pun­to più diri­men­te. Oltre ad accom­pa­gnar­si spes­so all’osservazione che gli ita­lia­ni al Pre­si­den­te sono affe­zio­na­ti. Ma l’affezione non è una cate­go­ria poli­ti­ca. Altra cosa inve­ce è lo svuo­ta­men­to del­la demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­ti­va attra­ver­so la figu­ra del pre­mier elet­to e del pre­mio di mag­gio­ran­za. Non lo sen­tia­mo cer­to per la pri­ma vol­ta, tra l’altro: era lo spi­ri­to dell’Italicum, “un pre­mie­ra­to di fat­to se non di dirit­to”. Già boc­cia­to dal­la Con­sul­ta, come ricor­da­to anche oggi.

Que­sto dovreb­be pre­oc­cu­par­ci e occu­par­ci tut­ti e tut­te, den­tro e fuo­ri que­sta sala, anche per­ché ogni vol­ta che discu­tia­mo pro­po­ste su que­sta linea, la situa­zio­ne peg­gio­ra. Peg­gio­ra la fidu­cia nel­le isti­tu­zio­ni, nei par­ti­ti, è evi­den­te, ma anche la fidu­cia nel­le asso­cia­zio­ni e in chi que­sti temi li stu­dia e li discu­te da una vita, che sono un patri­mo­nio che non pos­sia­mo per­met­ter­ci di per­de­re. E peg­gio­ra indi­pen­den­te­men­te dal fat­to che que­ste rifor­me ven­ga­no appro­va­te o meno, o che ven­ga­no boc­cia­te suc­ces­si­va­men­te o meno. Per­ché com’è già sta­to det­to, la cri­si del model­lo par­la­men­ta­re e del­la rap­pre­sen­tan­za non sem­bra pros­si­ma a tro­va­re una soluzione.

Dell’astensionismo si par­la solo il gior­no dopo le ele­zio­ni. Di quel­lo volon­ta­rio. Poi c’è l’astensionismo coat­to. Quel­lo dei fuo­ri­se­de, stu­den­ti, ma anche lavo­ra­to­ri. Gli ita­lia­ni e le ita­lia­ne sen­za cit­ta­di­nan­za. Le per­so­ne che per qual­sia­si con­di­zio­ne non han­no acces­so ai seg­gi, e per cui a vol­te baste­reb­be un mini­mo sfor­zo. Ogni vol­ta che si vota soste­nia­mo la richie­sta del­le asso­cia­zio­ni trans di divi­de­re i regi­stri dei votan­ti in ordi­ne alfa­be­ti­co e non di ses­so per evi­ta­re situa­zio­ni peri­co­lo­se o sgra­de­vo­li per chi ha docu­men­ti non aggiornati.

Quan­do la cit­ta­di­nan­za poi fa sen­ti­re la pro­pria voce con i mez­zi che ha a dispo­si­zio­ne, dif­fi­cil­men­te qual­cu­no se ne fa cari­co. Pen­so alle mani­fe­sta­zio­ni, cer­to: per il cli­ma, con­tro la vio­len­za di gene­re, per i dirit­ti lgb­tiq, ma anche a mez­zi più tec­ni­ci. Pen­so alle pro­po­ste di leg­ge d’iniziativa popo­la­re, su cui ven­go­no rac­col­te le fir­me, tra mil­le dif­fi­col­tà buro­cra­ti­che e pro­mes­se di snel­li­men­to mai rispet­ta­te, e se ven­go­no depo­si­ta­te non ven­go­no calen­da­riz­za­te. Pen­so alle fir­me del refe­ren­dum per la lega­liz­za­zio­ne del­la can­na­bis: boc­cia­to dal­la Cor­te Costi­tu­zio­na­le, e lascia­to cadere.

Chi dovreb­be sen­tir­si rap­pre­sen­ta­to da un par­la­men­to che non se fa cari­co, a fron­te dell’urgenza, dell’interesse che susci­ta­no que­sti temi, solo per fare un esem­pio? Che spes­so non si pone nem­me­no il pro­ble­ma, quan­do non osta­co­la i pro­ces­si già in cor­so nel­la socie­tà. Che si tro­va a esse­re supe­ra­to dal­le sen­ten­ze dei tri­bu­na­li. E a sini­stra, inten­do. Par­la­re del­la leg­ge elet­to­ra­le, ci vor­reb­be un con­ve­gno a parte. 

Io cre­do che noi che sia­mo qui abbia­mo pro­prio que­sto com­pi­to, con respon­sa­bi­li­tà diver­se per il modo cui sia­mo arri­va­ti fin qui, cer­can­do di far­lo quan­do pos­si­bi­le con cre­di­bi­li­tà, che è anco­ra più dif­fi­ci­le. E però assoluta­men­te necessario.

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