Molte delle crisi industriali italiane degli ultimi anni sono legate all’invecchiamento dei prodotti delle aziende.
I prodotti invecchiano e diventano irrilevanti per i clienti. I margini di profitto scompaiono. Le aziende provano a ridurre i costi. Delocalizzano. Mettono i dipendenti in cassa integrazione. Poi si arrendono.
Tutte azioni apparentemente sensate quando vengono messe in atto. Ma tutte molto lontane da ciò che occorrerebbe fare: inventare un nuovo prodotto (o servizio) che offra nuovo valore al cliente, per cui il cliente sia di nuovo disposto a pagare. E che per un po’ i concorrenti non siano in grado di copiare.
Ci lamentiamo delle crisi industriali, quando dovremmo lamentarci per aver perso la capacità di creare nuovi prodotti/servizi, nuove offerte di valore per i clienti.
La crisi attraversata da Saeco nel 2016 e il contemporaneo successo di Caffitaly sono un esempio per me illuminante.
Saeco e Caffitaly sono due aziende fondate in tempi diversi dalla stessa persona: Sergio Zappella.
Zappella fonda Saeco, insieme ad Arthur Schmed, nel 1981, per offrire alle persone la prima macchina per il caffè completamente automatica. Premendo un tasto il caffè viene macinato sul momento e la macchina produce una tazza di espresso come al bar. Nel 1985 Saeco commercializza il suo modello “Superautomatica”.
L’offerta di valore è unica per il cliente. E l’azienda ha un periodo di crescita molto forte. Con espansione internazionale e creazione di posti di lavoro.
Nel 2009 Zappella vende Saeco alla multinazionale olandese Philips, che intende continuare a produrre le macchine automatiche per il caffè. Sebbene nel mercato esistano ormai parecchi produttori e nel 1986 Nestlé abbia introdotto il sistema delle capsule di caffè Nespresso, una nuova offerta di valore per il cliente, apparentemente molto più convincente.
Nel 2016 Saeco entra in crisi. Dopo anni di delocalizzazioni, cassa integrazione, ridimensionamenti, licenzia (saranno esuberi volontari) 239 dipendenti su 558. — Ho visitato con Pippo Civati lo stabilimento in quei giorni.
Zappella nel frattempo, nello stesso paese in cui ha sede Saeco, aveva fondato nel 2004 (insieme ad altri) una nuova azienda chiamandola Caffitaly, per offrire ai clienti “le migliori miscele di caffè al mondo, in capsula”. Rubando quote di mercato al colosso delle capsule Nestlé e al suo sistema Nespresso, a suon di brevetti sulle capsule e altissimo livello qualitativo del prodotto.
Così, nel 2016, mentre Saeco-Philips provava senza successo a difendere un prodotto/offerta di valore divenuto irrilevante per i clienti e doveva licenziare, Caffitaly con 350 dipendenti (di cui 25 dedicati alla innovazione di prodotto) in 12 anni, da zero era arrivata a produrre un fatturato di 141 milioni di euro, un utile di 5 milioni (per un dignitoso anche se non entusiasmante 3,5% di margine netto). E con tassi di crescita del 30% all’anno.
Mettere al centro dell’agenda politica e industriale italiana l’innovazione di prodotto/servizio significa spiegare al Paese che un futuro più prospero per tutte e tutti è realmente possibile. E passa per il tornare a inventare nuovi prodotti e servizi anziché impegnarci inutilmente a difendere con le unghie prodotti e servizi ormai divenuti irrilevanti.
Significa iniziare un dialogo con imprenditori, lavoratori, giovani, ricercatori sulle migliori pratiche per fare innovazione di valore. Significa spiegare a molti “come si fa”, affinché alcuni tra questi ci riescano. A beneficio dell’intera collettività. Significa rimuovere gli ostacoli, fare investimenti pubblici, e far tornare il Paese a sperimentare.