La scuola, nel nostro ideale, lavora incessantemente per generare inclusione, educazione alle differenze, per dare uguali possibilità a ciascuno.
Dobbiamo rimettere la scuola nelle condizioni di corrispondere al proprio ruolo in una società complessa e fortemente incrinata come la nostra.
«Se si perde loro (gli ultimi) la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati», scriveva don Lorenzo Milani. Ancor prima della crisi sanitaria, prima del divario digitale della DAD, l’abbandono scolastico precoce interessava il 17,6% dei giovani in Italia, circa 750mila ragazzi e ragazze, contro una media europea del 12,8%, raggiungendo percentuali molto elevate negli istituti professionali, nelle aree metropolitane meridionali, laddove il tasso di analfabetismo è ben al di sopra della media nazionale: l’obiettivo europeo di far scendere la percentuale di abbandono al 10% entro il 2020 appare per l’Italia piuttosto lontano.
Possiamo stabilire una strategia per respingere questa disgregazione. Ricominciamo da un modello collaborativo tra docenti, studenti e famiglie, senza quell’ordinamento organizzativo di tipo verticale che appare stantio. Riportiamo la scuola al ruolo di educazione alla comunità di cittadini e cittadine, abbandonando definitivamente quello di scuola-azienda voluta dalle riforme di questi anni.
Leggi il documento “La scuola salva il mondo. Proposta per una scuola possibile”.