Ieri il Guardian ha rivelato che alcuni documenti ottenuti dalla radio tedesca NDR e dall’ICIJ (il consorzio internazionale di giornalismo investigativo che ha svelato i Panama Papers) farebbero luce sull’atteggiamento ostruzionistico tenuto dal Lussemburgo, negli anni in cui l’attuale Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ne era Primo Ministro ed anche Ministro delle Finanze, sulla lotta all’evasione ed elusione fiscali a livello europeo. In particolare, dai documenti emergerebbe il ruolo del Lussemburgo nel bloccare ed annacquare alcune proposte volte a sottoporre le norme sulla tassazione delle imprese a una revisione esterna, ad indagare sulle strategie usate dalle multinazionali per pagare meno tasse, e a rafforzare lo scambio di informazioni tra i paesi Ue. Proposte che erano emerse in seno al Comitato “Codice di Condotta sulla tassazione delle imprese”, sorto nel 1998 dall’impegno reciproco ad arginare la concorrenza fiscale dannosa tra Stati membri, sui cui lavori non vi è mai stata alcuna trasparenza (nonostante le numerose richieste partite dal Parlamento europeo). Nel comitato si decide all’unanimità, e il Lussemburgo avrebbe bloccato ogni tentativo di avanzamento mettendo il veto.
A questo punto, anzitutto, è necessario che il presidente Juncker venga a rendere conto dei gravi fatti emersi in un’audizione formale in Commissione di inchiesta Panama Papers, richiesta che ho già avanzato insieme al collega Sergio Cofferati. E’ l’ora di finirla con l’ipocrisia delle soluzioni a metà, e con la schizofrenia dei governi europei che da un lato chiedono all’OCSE un piano di contrasto alle pratiche elusive mentre dall’altro, a porte chiuse, sabotano gli strumenti indispensabili per stabilire trasparenza e giustizia fiscale. Il principio è molto semplice: le tasse si devono pagare dove vengono generati i profitti. Ci siamo sentiti dire troppo a lungo che “le risorse non ci sono”, e giù con tagli all’osso a welfare e servizi ai cittadini, mentre non si dice dove sono ed è sempre mancata la volontà politica di andarle a recuperare. Si stima che in UE ogni anno si perdano fino a 1000 MLD di euro di evasione ed elusione fiscale: ci si potevano pagare ben 3 piani Juncker. Anche di questo chiederemo conto al Presidente della Commissione europea.
Da quando sono emersi i LuxLeaks, la Commissione ha fatto alcuni passi avanti nel contrasto all’evasione ed elusione fiscale: in particolare sullo scambio automatico di informazioni, poi con la proposta del Pacchetto Anti-elusione di Moscovici, e con l’importante mossa della commissaria Vestager di chiedere all’Irlanda di farsi restituire 13 MLD di euro di tasse non pagate da Apple. Ma, di fronte all’evidenza che anche chi oggi dovrebbe essere custode dei Trattati, fino a ieri si occupava di far prevalere gli interessi nazionali a costo di fregare il fisco degli altri partner europei, serve molto di più. Questa sfrenata corsa a ribasso e competizione fiscale tra Stati membri dell’UE non solo è assurda, del tutto insostenibile, ma si risolve in un gioco a perdere per tutti, soprattutto se arriva al paradosso di concedere aliquote dello zero virgola a questa o quella multinazionale.
Si avanzi immediatamente, senza più indugi, su una maggior integrazione sul piano fiscale: sul pieno scambio automatico di informazioni tra autorità fiscali, sulla direttiva CCCTB (la cd. base imponibile consolidata comune) che è ferma da troppi anni per le resistenze di alcuni governi europei, e su un sistema di rendicontazione Stato per Stato pubblica e obbligatoria per tutte le multinazionali, di modo che, come la normativa europea ha imposto con successo alle banche dal 2013, si sappia quanti profitti fanno e quante tasse pagano in ogni giurisdizione in cui sono operative, sia dentro l’Unione che fuori. Questo semplice strumento di trasparenza, a costo quasi zero, potrebbe essere adottato domattina, e già si porrebbe un freno alle pratiche evasive ed elusive che stanno aumentando vorticosamente le diseguaglianze globali.
Il lavoro che ho svolto come relatrice del Parlamento europeo sull’evasione ed elusione fiscali nei Paesi in via di sviluppo, che pagano il prezzo più alto per questi fenomeni, dimostra che questa è una battaglia che va affrontata con strumenti di contrasto a livello europeo ed anche globale. Altrimenti, come ben spiega Zucman nel suo “La ricchezza nascosta delle nazioni”, si creano immediatamente incentivi per altri Paesi a diventare veri e propri paradisi fiscali.