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È di due giorni fa la notizia del decreto di ampliamento della sperimentazione del “liceo breve” ad altre 92 scuole, oltre le 100 inizialmente previste, nonostante il parere contrario del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Il MIUR ha motivato la sua decisione dicendo di “voler dare il giusto riconoscimento all’autonomia progettuale delle istituzioni scolastiche che hanno coinvolto le proprie componenti ed il territorio, in coerenza con il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano di sperimentazione”.
Ultimamente, una parte della scuola sembra essere vittima di una sorta di sindrome di Stoccolma: quanto più è sbrigativamente additata dall’esterno come inefficace e inefficiente, secondo una supposta ottica imprenditoriale, tanto più tende a interiorizzare tale pregiudizio. Non si spiega altrimenti la docilità e rassegnazione con cui si è obbedito all’ingiunzione di effettuare le 200/400 ore di inutile alternanza scuola-lavoro, né la risposta di quasi duecento scuole alla richiesta di presentare un progetto per attuare un “liceo breve”. Al MIUR non è parso vero, tanto che ha prontamente esteso la “sperimentazione” dalle 100 classi inizialmente previste a 192, modificando in corsa le regole che esso stesso aveva stabilito.
Insomma, questo liceo breve s’ha da fare, ad ogni costo!
L’idea di fondo è che lo spazio occupato dalla formazione scolastica nella vita delle persone dev’essere ridotto e che la buona didattica sia quella che fa imparare tutto nel minor tempo. Che le conoscenze vadano assimilate e lentamente rielaborate, che le competenze alte richiedano tempo per maturare, per fondere i saperi formali acquisiti nel corso degli studi con altre esperienze di vita, tutto ciò non rientra nell’ottica del “fare”, del correre verso la competizione globale. Per schiantarsi, temo.
Propongo qualche domanda per favorire una riflessione:
Si pensa di arrivare a una scuola a due velocità: un percorso rapido per i migliori e uno più lento per i più deboli?
- Questa corsa contro il tempo non si rivelerà più un addestramento, di cui le capacità critiche saranno le prime vittime, che una formazione integrale?
- Che ne sarà di quel liceo che, come ha sostenuto di recente Mariana Mazzucato, “fornisce un curriculum di enorme qualità e di dissonante originalità rispetto agli standard internazionali”?
- Come conta il MIUR di preservare un ugual numero di posti di lavoro, se le ore complessive di scuola inevitabilmente caleranno? Ci possiamo fidare delle rassicurazioni di chi ha già mostrato una spiccata propensione a cambiare repentinamente le regole?
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