La #campagnacover: il making of

Schermata 2013-11-23 alle 14.30.13C’è una sto­ria diver­ten­te, a pro­po­si­to del­la nasci­ta del logo del PD, e ha a che fare col fat­to che i colo­ri — il ros­so e il ver­de — furo­no sot­to­po­sti a vota­zio­ne, ma il bian­co di sfon­do non ven­ne con­cor­da­to, e creò qual­che bor­bot­tio quan­do ven­ne rive­la­to al pub­bli­co nel­la com­po­si­zio­ne gra­fi­ca che cono­scia­mo. Vie­ne da chie­der­si qua­le altro colo­re si sareb­be potu­to usa­re, ma a par­te i richia­mi evi­den­ti alla ban­die­ra ita­lia­na, men­tre ros­so e ver­de veni­va­no con­si­de­ra­ti colo­ri comun­que “di sini­stra”, c’e­ra qual­cu­no secon­do cui il bian­co avreb­be richia­ma­to un po’ trop­po la famo­sa bale­na del­lo stes­so colo­re. Un dibat­ti­to che dice mol­to su quan­to si è spes­so discus­so del nul­la, in segui­to, nel PD, ma è pur vero che la costru­zio­ne di un logo, per un par­ti­to appe­na nato, non è cosa da niente.

Ma il logo del PD non è solo la tri­cro­mia bian­co-ros­so-ver­de: non sono pre­sen­ti rife­ri­men­ti alla fal­ce e mar­tel­lo, né allo scu­do cro­cia­to, a dir­la tut­ta nem­me­no a garo­fa­ni, rose, nes­sun peta­lo di mar­ghe­ri­ta e nes­su­na ghian­da di quer­cia, e nes­sun sole che ride a illu­mi­na­re il boschet­to. Quei sim­bo­li, pro­ve­nien­ti da epo­che diver­se, ave­va­no già tro­va­to una sin­te­si pre­ce­den­te, e quel­la sin­te­si era l’U­li­vo, la casa nuo­va in cui, dopo la fine del­la Secon­da Repub­bli­ca, ave­va­no tro­va­to rifu­gio tut­te le for­ze sane dei par­ti­ti che ave­va­no fon­da­to la Repub­bli­ca nel dopo­guer­ra e che si rico­no­sce­va­no nel­la Costi­tu­zio­ne (che det­ta così suo­na un po’ bru­ta­le, ma non sem­pre si è potu­to dire lo stes­so del cen­tro­de­stra, in que­sti ven­ti anni).

Il ramo­scel­lo d’u­li­vo pre­sen­te nel logo del PD è il rico­no­sci­men­to di quel­l’e­spe­rien­za, ed è rias­sun­ti­vo di tut­te quel­le che già com­pren­de­va: ed è curio­so che così di rado sia ricor­da­to, nei nostri dibat­ti­ti, e come mol­ti pre­fe­ri­sca­no fare richia­mi a un pas­sa­to mol­to più anti­co dimen­ti­can­do­si, for­se per cat­ti­va coscien­za, quel­lo recen­te. Come in ogni evo­lu­zio­ne, noi sia­mo qui e sia­mo così anche per la som­ma del­le espe­rien­ze che ci han­no pre­ce­du­to. E non è pas­sa­ti­smo, al con­tra­rio: solo aven­do tut­to que­sto ben pre­sen­te, e sapen­do sepa­ra­re il buo­no dal meno buo­no, e dal pes­si­mo, si può esse­re dav­ve­ro libe­ri di affron­ta­re la sfi­da del futuro.

Tut­to ciò per dire che que­st’an­no ne sono suc­ces­se, di cose, e che in trop­pi cer­ca­no di col­lo­ca­re que­sto con­gres­so fuo­ri dal tem­po e dal­lo spa­zio: negan­do la pos­si­bi­li­tà che si pos­sa par­la­re del gover­no, e quin­di negan­do la rifles­sio­ne su cosa ci ha por­ta­ti fin qui. Al gover­no del­le lar­ghe inte­se, pas­san­do per i 101 che affos­sa­ro­no Pro­di, e con lui tut­to un pro­get­to poli­ti­co che ci ave­va impe­gna­to di fron­te agli elet­to­ri e che non abbia­mo mai spie­ga­to fino in fondo.

Nel 1996, l’U­li­vo segnò la sto­ria del cen­tro­si­ni­stra ita­lia­no e vin­se le ele­zio­ni anche gra­zie a una cam­pa­gna vin­cen­te idea­ta da Rober­to Pari­si (copy), Rober­to Gari­bol­di (art direc­tor) e Nico­let­ta Ver­ga (account). Ema­nue­le Pirel­la era il pre­si­den­te di quel­l’a­gen­zia, e insom­ma, per capir­ci stia­mo par­lan­do dei gran­di miti del­l’ad­ver­ti­sing ita­lia­no. Per que­sto, quan­do qual­che set­ti­ma­na fa ci ha chia­ma­to pro­prio Rober­to Pari­si, per pro­por­ci di rimet­ter­si in squa­dra con Gari­bol­di e Ver­ga per rea­liz­za­re una cam­pa­gna cover, beh, ci è sem­bra­ta un’i­dea bel­lis­si­ma, diver­ten­te, e anche mol­to appro­pria­ta rispet­to alla stret­tis­si­ma cro­na­ca di que­sti giorni.

Per rea­liz­zar­la, sta­vol­ta, abbia­mo scel­to di fare un pas­so fuo­ri dal­la rete, dove si è svol­ta gran par­te del­la comu­ni­ca­zio­ne di que­sta cam­pa­gna, e di com­pra­re le affis­sio­ni vere e pro­prie. Di far­lo a Bolo­gna, cit­tà uli­vi­sta (e pro­dia­na) per eccel­len­za, e di fare pro­prio lì, il 1° dicem­bre, una con­ven­tion un po’ diver­sa dal soli­to, all’E­stra­gon, tem­pio del­la musi­ca live ita­lia­na, con con­cer­to fina­le rega­la­to alla cit­tà (dei Mar­ta sui Tubi). Abbia­mo pro­va­to a stuz­zi­ca­re la curio­si­tà del­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca bolo­gne­se, sen­za voler stra­fa­re: 15 mani­fe­sti in tut­to. Pochi per una cit­tà così gran­de, ma lo sco­po era che fos­se nota­to alme­no uno, e ci sia­mo riusciti.

Anche piut­to­sto in fret­ta, per­ché poche ore dopo la pri­ma affis­sio­ne, dome­ni­ca scor­sa, il Resto del Car­li­no ave­va già pub­bli­ca­to un pri­mo arti­co­lo subi­to mol­to pre­ci­so nel attri­bui­re a Civa­ti l’i­ni­zia­ti­va. Cosa che ci ha fat­to mol­to pen­sa­re, per­ché evi­den­te­men­te c’è qual­co­sa nel­la sua can­di­da­tu­ra che richia­ma all’U­li­vo più che nel­le altre, sia det­to sen­za offe­sa per nes­su­no. Ma è rima­sta un’i­po­te­si, i gior­na­li han­no pre­so a inda­ga­re in altre dire­zio­ni ed è scat­ta­to il pas­sa­pa­ro­la, un po’ ovun­que, anche in rete, dove è sta­to diver­ten­te segui­re i com­men­ti di mili­tan­ti e diri­gen­ti del Pd imma­gi­na­re le ipo­te­si più fantasiose.

Schermata 2013-11-23 alle 14.09.53

Poi, dopo pochi gior­ni (sen­za tirar­lo per la giac­chet­ta, per­ché non è mai sta­ta que­sta l’in­ten­zio­ne), è arri­va­to il com­men­to diver­ti­to e incu­rio­si­to del Pro­fes­so­re, di Pro­di in per­so­na, ripre­so un po’ da tut­ti. La sod­di­sfa­zio­ne più gran­de, e il segna­le che pote­va­mo pas­sa­re alla fase due, quel­la dei nuo­vi mani­fe­sti (que­sta vol­ta rea­liz­za­ti dal nostro gra­fi­co in distac­ca­men­to da Bel­gra­do, Andrea Ghet­ti), quel­la del­la spie­ga­zio­ne, e del lan­cio del nostro even­to bolo­gne­se del 1° dicembre.

Costo tota­le del­le affis­sio­ni, 4.100 euro. Costi di agen­zia, zero: nel sen­so che Pari­si, Ver­ga e Gari­bol­di si son diver­ti­ti a riu­nir­si (e pec­ca­to per Pirel­la, che nel frat­tem­po è man­ca­to), a rico­strui­re con gli stes­si font e gli stes­si colo­ri mate­ria­li vec­chi di 17 anni che non esi­sto­no più ma che evi­den­te­men­te fun­zio­na­no anco­ra, come ci rac­con­te­ran­no loro stes­si in un pros­si­mo post.
Noi, banal­men­te, vole­va­mo ricor­da­re ai nostri elet­to­ri che quel ramo­scel­lo tra la P e la D nel logo del Par­ti­to Demo­cra­ti­co non è lì per caso, anche se spes­so ten­dia­mo a dimen­ti­car­ce­ne, e che con tut­ti i brut­ti pastic­ci capi­ta­ti que­st’an­no quel­lo è un buon pun­to da cui par­ti­re, se si vuo­le cam­bia­re tut­to e anda­re ver­so il futu­ro. Spe­ria­mo di esser­ci riu­sci­ti, alme­no un po’.

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