Sta trovando una certa eco sui social in questi giorni un’immagine, inizialmente diffusa il 6 dicembre dalla pagina facebook “Charte des giles jaunes”, che conterrebbe la lista ufficiale delle venticinque rivendicazioni dei gilet gialli al governo francese.
L’elenco, interamente consultabile qui in inglese, contiene proposte su quattro macroaree (economia/lavoro, politica, salute/ambiente, geopolitica) e auspica ad esempio — insieme a misure sociali come l’aumento del salario minimo, una nuova politica per la casa e l’assunzione di dipendenti nel settore pubblico — l’uscita della Francia dall’Unione Europea e dalla Nato, lo stop “ai migranti che non possono essere accolti” e la cancellazione del debito pubblico francese.
Il contenuto dell’immagine è entrato anche nel dibattito social italiano, citato sia da Luca Marsella di CasaPound (che era presente sabato durante l’Acte 4 e che è stato intervistato da RaiNews senza che fosse dichiarato il suo orientamento politico) sia dalla pagina di Patria e Costituzione, l’associazione guidata da Stefano Fassina, che ne ha pubblicato una traduzione in italiano.
Ciò che sfugge a chi in questi giorni (soprattutto in Italia) sta commentando l’elenco è che le rivendicazioni contenute nell’elenco non possono in alcun modo essere definite “ufficiali”.
L’elenco è stato diffuso da una pagina facebook creata esplicitamente per condizionare il dibattito in un movimento sorto spontaneamente, acefalo e che contiene al suo interno anime diverse e spesso anche in aperto contrasto tra loro, come peraltro dimostrano gli scontri (di idee, ma anche fisici, in qualche occasione) tra le anime generalmente riconducibili a istanze di “destra” e di “sinistra” presenti nel movimento.
La “carta ufficiale” (rilanciata soprattutto dal sito www.lelibrepenseur.org di Salim Laibi, che l’ha anche illustrata punto per punto in un video e ha contribuito alla sua diffusione anche sui social) infatti, non è la prima lista di rivendicazioni che ha provato a mettere ordine, per così dire, tra le richieste dei gilet gialli.
Alcuni esempi :
- Questo elenco di 42 proposizioni, visualizzato 525.000 volte da quando è stato pubblicato, firmato da “Les Gilets Jaunes” e che non contiene — ad esempio — l’uscita della Francia dall’Unione Europea;
- I quattro punti presenti sul sito http://giletsjaunes.e‑monsite.com, quantomeno legittimate da un “sondaggio” online, che si riferiscono all’introduzione dell’istituto del referendum popolare, alla creazione di un’assemblea dei cittadini, alla revisione verso il basso delle tasse relative a prodotti e servizi e alla riduzione degli stipendi dei membri del governo;
- Le richieste di assemblee di gilet gialli sorte su base locale, come avvenuto ad esempio in Normandia;
Certo, è innegabile che la “carta ufficiale” abbia trovato un discreto riscontro sui social dal momento del lancio (all’11 dicembre, ore 14.39, la pagina conta più di 1000 like e il post con le rivendicazioni conta 553 like, 626 commenti e 5192 condivisioni, con un trend in lieve calo nelle ultime ore), riscontro probabilmente dovuto anche proprio allo stratagemma di presentarsi come “ufficiale” e senza la firma di chi l’ha redatto, ma questi numeri vanno messi in prospettiva.
Basta confrontarli con quelli del primo video di Jacline Mourad, la cinquantunenne bretone che aveva innescato sui social l’onda di rabbia contro il presidente Macron per i nuovi aumenti del prezzo della benzina e del gasolio, e che ha ottenuto più di 45.000 like, 13.000 commenti e 260.000 condivisioni, numeri immensamente superiori.
Tra chi ha condiviso il documento, peraltro, c’è anche chi lo ha criticato, sia tra i manifestanti (non è stata molto apprezzata la mancanza di riferimenti ai referendum popolari che — come abbiamo visto — facevano parte di altre liste) sia tra le persone avverse al movimento, che sta usando l’immagine per screditare i gilet gialli di fronte ai pezzi di opinione pubblica contrari a qualcuna delle 25 proposte o sensibili alle contraddizioni di alcune parti del documento.
Sono sporadiche, infine, le menzioni della “carta ufficiale” sui media francesi (molto più presente su quelli italiani, dove è stata ripresa dal Corriere della Sera e dal Sole 24 Ore, che lo mette a confronto con altre liste di rivendicazioni): uno dei pochi giornali a citare l’elenco è Le Monde, che lo attribuisce (senza elementi dirimenti, a dire il vero) a un’azione dei militanti dell’UPR, partito sovranista di destra, per egemonizzare il movimento.
Les militants de l’Union populaire républicaine (UPR) de François Asselineau sont également à la manœuvre. S’il existe plusieurs listes de revendications des « gilets jaunes », aucune n’a jamais fait l’unanimité au point de pouvoir être considérée comme consensuelle parmi ceux qui se revendiquent du mouvement. Mais est apparue depuis quelques jours une nouvelle liste « officielle », qui comprend de nouvelles propositions proches de celles de l’UPR, comme le « Frexit » (le départ de la France de l’Union européenne) ou la sortie de l’OTAN.
Al momento è difficilmente immaginabile che i Gilet Gialli possano dotarsi di una struttura di rappresentanza che consenta loro di esprimere una visione politica a 360 gradi. Come ha scritto Davide Serafin nel suo La Retromarcia dei gilet gialli: “I manifestanti gialli sono senza capi, senza organismi intermedi che dettano le modalità di interazione con il vertice verso il quale rivolgono le istanze”.
E anche per questo motivo continuerà la lotta per far passare alcune posizioni (alcune più, alcune meno condivisibili dal punto di vista di chi scrive) tra quelle sostenute tra i manifestanti: manifestanti che, è bene ricordarlo, continuano a essere uniti più da una generica rabbia verso le decisioni di Macron e da una sfiducia verso buona parte dell’arco politico che dalle 25 proposte del documento.