Stamattina in molte piazze d’Italia hanno manifestato i lavoratori e le lavoratrici della cultura. Persone, percorsi, condizioni lavorative molto diverse che hanno in comune il fatto di subire duramente il peso delle restrizioni legate all’emergenza covid e di essere stati tra i primi a farlo.
Dai gestori di spazi culturali ai musicisti, a chi lavora nei modi più disparati nei Beni Culturali, agli organizzatori di eventi, le preoccupazioni sono le stesse: con la nuova chiusura decisa dall’ultimo DCPM (che sembra destinato a essere presto superato da un altro più restrittivo, perché la curva del contagio non si appiattisce) per molti riaprire, ricominciare è un’incognita pesantissima.
Proprio nel momento in cui avremmo bisogno di più cultura, non meno, per andare oltre alla superficialità e al dibattito urlato e odioso in cui siamo immersi, per ritrovarci pienamente cittadini e cittadine, rischiamo di soffocare chi con il proprio lavoro ha sostenuto un settore intero, tra mille difficoltà.
Perché l’emergenza ha messo drammaticamente sotto i riflettori una situazione che esisteva anche prima: la precarietà in cui si trovano molti lavoratori e lavoratrici, la mancanza di tutele minime e la lotta per restare sopra la soglia della povertà alla prima difficoltà.
È necessario assicurarsi che questi lavoratori e queste attività possano superare l’emergenza, che siano nelle condizioni di riaprire e di riprendere il loro lavoro quando sarà possibile farlo in sicurezza. Ma è necessario anche che il sistema cambi, che finalmente il lavoro culturale smetta di essere considerato dalle istituzioni a tutti i livelli come una passione, un passatempo, ma venga considerato professionismo a tutti gli effetti, con il rispetto e la considerazione che gli spetta. È necessaria una pianificazione che è mancata per troppo tempo. È necessario che ci siano investimenti all’altezza del patrimonio culturale del paese e del ruolo sociale che la cultura rappresenta. I bonus, che non sono nemmeno arrivati a tutti, non sono la soluzione alle fragilità del sistema: la crisi non passerà se non la sfruttiamo per cambiare, profondamente, le cose.