La dittatura eritrea, i profughi, l’Europa e noi

Sempre più eritrei sono in fuga dal regime sanguinario. Nonostante ciò Italia e Unione Europea hanno aperto linee di credito verso Asmara.

Sono sta­te 1,37 milio­ni le richie­ste d’a­si­lo avan­za­te in Unio­ne euro­pea nel 2015. Al set­ti­mo posto per pae­se di pro­ve­nien­za tro­via­mo i cit­ta­di­ni eri­trei, con cir­ca 47mila doman­de di asi­lo. Ma da cosa scap­pa­no? Scap­pa­no da Isa­ias Afewer­ki, pre­si­den­te del pae­se del Cor­no d’A­fri­ca inin­ter­rot­ta­men­te dal 1993, e dal suo regi­me dit­ta­to­ria­le, accu­sa­to dal­le Nazio­ni Uni­te di aver com­piu­to — e di com­pie­re tut­to­ra — gene­ra­liz­za­ti e siste­ma­ti­ci cri­mi­ni con­tro l’u­ma­ni­tà, di esse­re respon­sa­bi­le di arre­sti ille­git­ti­mi, di vio­len­ze, tor­tu­re, stu­pri e del­la ridu­zio­ne in schia­vi­tù di cir­ca 400mila cit­ta­di­ni eritrei.

Si trat­ta di un eso­do con­ti­nuo e ter­ri­bi­le, da una ter­ra dimen­ti­ca­ta che spin­ge miglia­ia di suoi cit­ta­di­ni ad attra­ver­sa­re il deser­to. Una vera e pro­pria dia­spo­ra che sta tro­van­do una pro­pria con­sa­pe­vo­lez­za, come dimo­stra­no le recen­ti mani­fe­sta­zio­ni di cit­ta­di­ni eri­trei su suo­lo euro­peo: nei gior­ni scor­si, a Gine­vra, miglia­ia di eri­trei pro­ve­nien­ti da tut­ta Euro­pa (anche da Mila­no, Roma e Bolo­gna) han­no espres­so il pro­prio soste­gno alla Com­mis­sio­ne di inchie­sta del­le Nazio­ni Unite.

Nono­stan­te le vio­la­zio­ni dei dirit­ti uma­ni sia­no ormai un dato di fat­to, non solo nul­la sem­bra muo­ver­si all’o­riz­zon­te (anzi: all’o­riz­zon­te si vede solo il migra­tion com­pact, che rischia sola­men­te di aggra­va­re situa­zio­ni come que­sta), ma da alcu­ni mesi si regi­stra­no due pre­oc­cu­pan­ti pro­ces­si.

Il pri­mo è una sor­ta di “ria­bi­li­ta­zio­ne” di Afewer­ki da par­te del­la comu­ni­tà inter­na­zio­na­le, attra­ver­so la visi­ta nel 2014 del­l’al­lo­ra vice­mi­ni­stro degli Este­ri Lapo Pistel­li, con l’in­clu­sio­ne di Asma­ra nel pro­ces­so di Khar­toum (nei mez­zi e nei fini non mol­to dif­fe­ren­te dal migra­tion com­pact, pre­ve­den­do anch’es­so un raf­for­za­men­to del­le fron­tie­re ad ope­ra degli Sta­ti di ori­gi­ne), attra­ver­so linee di finan­zia­men­to aper­te dal­l’U­nio­ne euro­pea per 200 milio­ni di euro, nono­stan­te una riso­lu­zio­ne con­tra­ria del Par­la­men­to europeo.

Il secon­do pro­ces­so riguar­da la sem­pre più capil­la­re rete di con­trol­lo inter­na­zio­na­le che ope­ra per il regi­me, riscuo­ten­do una tas­sa del 2% sul red­di­to dei migran­ti eritrei.

Uno sce­na­rio intol­le­ra­bi­le, rispet­to al qua­le, con la pre­zio­sa col­la­bo­ra­zio­ne di Mar­co Omiz­zo­lo, abbia­mo inter­ro­ga­to il Mini­stro degli Este­ri e il Mini­stro degli Inter­ni. Il testo del­l’in­ter­ro­ga­zio­ne è dispo­ni­bi­le qui.

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