La dottrina Minniti, parola per parola

Ci troviamo di fronte a un disegno preciso, a una rotta tracciata, che associa migrazioni e sicurezza, come nel nostro paese ha sempre fatto la destra. Una associazione cui l'allora centrosinistra rispondeva in maniera ferma, parlando di inclusione sociale, di gestione dei processi, di supremazia del diritto e dei diritti

[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1494406326742{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]«Provo ad anda­re con ordi­ne». Comin­cia così l’in­ter­ven­to del mini­stro Min­ni­ti ospi­te del forum orga­niz­za­to da Repub­bli­ca. E andia­mo con ordi­ne, allo­ra, seguen­do il ragio­na­men­to del ministro.

«I dati indi­ca­no che, nel 2016, i flus­si di migran­ti del­la rot­ta bal­ca­ni­ca occi­den­ta­le sono dimi­nui­ti dell’86 per cen­to, quel­li del­la rot­ta bal­ca­ni­ca orien­ta­le del 72 e, al con­tra­rio, quel­li del Medi­ter­ra­neo cen­tra­le aumen­ta­ti del 18. Que­sto signi­fi­ca che lo sfor­zo finan­zia­rio assun­to dal­l’Eu­ro­pa con la Tur­chia, 6 miliar­di di euro, ha con­sen­ti­to di arre­sta­re di fat­to il flus­so dai Bal­ca­ni e che la par­ti­ta si gio­ca dun­que di fron­te alle nostre coste».

Esat­ta­men­te. Il flus­so lun­go la rot­ta bal­ca­ni­ca si è note­vol­men­te ridot­to. L’Un­ghe­ria ha ina­spri­to le leg­gi con­tro i migran­ti e ha costrui­to e raf­for­za­to un muro al con­fi­ne con la Ser­bia, i migran­ti ven­go­no respin­ti dal­la Gre­cia in Tur­chia, men­tre la Tur­chia stes­sa sta costruen­do un muro anti-immi­gra­ti al con­fi­ne con la Siria. Quin­di, sì: il flus­so si è ridot­to, ma si è ridot­to al costo di spo­sta­re più in là la fron­tie­ra, di lascia­re i siria­ni in Siria, o di bloc­ca­re gli afgha­ni in Tur­chia, Gre­cia e Ser­bia, in con­di­zio­ni al limi­te del­l’u­ma­no, come han­no testi­mo­nia­to le foto di fami­glie e mino­ri costret­te que­sto inver­no a dor­mi­re in ten­de e barac­che. Un bilan­cio disa­stro­so.

Inol­tre, stan­do a que­sti pri­mi mesi del 2017, la secon­da nazio­na­li­tà del­le per­so­ne arri­va­te sul­le coste ita­lia­na è rap­pre­sen­ta­ta da cit­ta­di­ni del Ban­gla­desh (4.841), che nel 2016 era­no al nono posto (8.131). «Dal Ban­gal­desh — ha dichia­ra­to un fun­zio­na­rio del­la IOM -, pri­ma viag­gia­no ver­so Dubai e Tur­chia, e suc­ces­si­va­men­te rag­giun­go­no la Libia in aereo». Suc­ces­si­va­men­te si imbar­ca­no e rag­giun­go­no le coste ita­lia­ne. Le rot­te migra­to­rie non sono sem­pre linea­ri e spes­so non basta “chiu­der­le” per bloc­ca­re i flus­si.

«E allo­ra, io dico che, oltre ad aver lavo­ra­to per la sta­bi­liz­za­zio­ne poli­ti­ca di quel Pae­se, in quat­tro mesi, abbia­mo fir­ma­to un accor­do con il gover­no libi­co e che, entro fine giu­gno, la Libia avrà a dispo­si­zio­ne le 10 moto­ve­det­te che ci sia­mo impe­gna­ti a con­se­gnar­le — due sono già ope­ra­ti­ve da fine apri­le — con equi­pag­gi già for­ma­ti e con cui pat­tu­glia­re le sue acque territoriali».

Un accor­do che al momen­to risul­ta sospe­so in atte­sa del pie­no svol­gi­men­to di un pro­ces­so pro­mos­so da alcu­ni avvo­ca­ti libi­ci, che con­te­sta­no la vali­di­tà del­l’ac­cor­do sul­la base del fat­to che il gover­no di Al Ser­raj non avreb­be anco­ra rice­vu­to la fidu­cia da par­te del par­la­men­to. Per quan­to riguar­da la Guar­dia costie­ra, «in Libia non si può par­la­re di un’unica guar­dia costie­ra, ma di un’istituzione che rima­ne espres­sio­ne del­le real­tà loca­li», ha spie­ga Gabrie­le Iaco­vi­no, esper­to di Libia del Cen­tro di stu­di inter­na­zio­na­li (CeSI), sen­ti­to da Anna­li­sa Camil­li. «Una cosa è la guar­dia costie­ra di Misu­ra­ta, un’altra quel­la di Zawiya. In par­ti­co­la­re, in que­sta regio­ne del­la Libia, i pote­ri loca­li sono nemi­ci del­le mili­zie che con­trol­la­no Tri­po­li». Non si può esclu­de­re, pro­se­gue Iaco­vi­no, che in alcu­ne zone «espo­nen­ti del­la guar­dia costie­ra libi­ca si fac­cia­no paga­re del­le tan­gen­ti dai traf­fi­can­ti per con­sen­ti­re alle imbar­ca­zio­ni di lascia­re la costa e giun­ge­re nel­le acque inter­na­zio­na­li». Anche il sosti­tu­to pro­cu­ra­to­re di Tra­pa­ni, Andrea Taron­do, ha dichia­ra­to ieri in Com­mis­sio­ne Dife­sa al Sena­to che «come rife­ri­to recen­te­men­te da due migran­ti alge­ri­ni, la par­ten­za dal­le coste libi­che avvie­ne con l’au­si­lio di per­so­ne che si qua­li­fi­ca­no come ope­ra­to­ri di poli­zia e che scor­ta­no il bar­co­ne fino in mare aper­to. Nel caso rife­ri­to dai testi­mo­ni cita­ti, poi, il bar­co­ne sareb­be sta­to a sua vol­ta inter­cet­ta­to da un’u­ni­tà del­la guar­dia costie­ra libi­ca: ne sareb­be deri­va­to un con­fron­to tra que­st’ul­ti­ma e i sedi­cen­ti ope­ra­to­ri di poli­zia aven­te ad ogget­to la cor­re­spon­sio­ne di una som­ma di dena­ro al fine di poter pro­se­gui­re».

Stia­mo affi­dan­do ad altri (che non sem­bra­no così affi­da­bi­li) il lavo­ro spor­co, in sostan­za, con l’o­biet­ti­vo di ope­ra­re respin­gi­men­ti di migran­ti, sen­za occu­par­ci del­la tute­la dei loro dirit­ti. Nel 2016, il secon­do grup­po più nume­ro­so di migran­ti arri­va­ti sul­le nostre coste era com­po­sto da cit­ta­di­ni eri­trei, in fuga da una dit­ta­tu­ra, cui rico­no­scia­mo pro­te­zio­ne in per­cen­tua­li ele­va­tis­si­me: chi garan­ti­rà i loro dirit­ti in Libia, un pae­se che non ha nem­me­no sot­to­scrit­to la Con­ven­zio­ne di Ginevra?

«Ricor­do infi­ne che, nei gior­ni scor­si, a chiu­su­ra di que­sto cir­cui­to vir­tuo­so, la Com­mis­sio­ne euro­pea ha stan­zia­to 90 milio­ni di euro per la costi­tu­zio­ne di cam­pi di acco­glien­za sul ter­ri­to­rio libi­co sot­to la respon­sa­bi­li­tà del­l’U­n­h­cr e del­lo Iom».

Sì, pec­ca­to che il memo­ran­dum sot­to­scrit­to da Ita­lia e Libia pre­ve­da «la pre­di­spo­si­zio­ne dei cam­pi di acco­glien­za tem­po­ra­nei in Libia, sot­to l’esclusivo con­trol­lo del Mini­ste­ro dell’Interno libi­co». Esclu­si­vo con­trol­lo. La pre­sen­za di IOM e UNHCR è inve­ce pre­vi­sta dal­la dichia­ra­zio­ne sot­to­scrit­ta a Mal­ta dai lea­der euro­pei (sul­la qua­le non sono sta­te coin­vol­te auto­ri­tà libi­che). Ci si impe­gna a «cer­ca­re di garan­ti­re ade­gua­te capa­ci­tà di acco­glien­za e con­di­zio­ni in Libia per i migran­ti, insie­me con l’U­N­H­CR e OIM». Sono garan­zie sufficienti?

Rispet­to all’ac­cor­do di ricol­lo­ca­men­to da Gre­cia e Ita­lia ver­so gli altri pae­si euro­pei (al momen­to dal­l’I­ta­lia sono sta­ti effet­tua­ti 5.400 ricol­lo­ca­men­ti), Min­ni­ti sostie­ne che:

«Quel­l’ac­cor­do è diven­ta­to inu­ti­le sem­pli­ce­men­te per­ché è “invec­chia­to”. Mi spie­go. Nel 2016, le nazio­na­li­tà dei migran­ti era­no prin­ci­pal­men­te ira­che­na, siria­na e soma­la. Oggi quei grup­pi etni­ci non sono più pre­sen­ti nei flus­si e quin­di c’è poco da ricol­lo­ca­re. Oggi, le pri­me tre etnie di migran­ti pro­ven­go­no da Nige­ria, Ban­gla­desh e Guinea».

In que­sto caso il mini­stro pare stia mischian­do dei dati. In pri­mo luo­go, l’ac­cor­do di relo­ca­tion è sta­to nego­zia­to e dive­nu­to ope­ra­ti­vo tra la metà e la fine del 2015 (non nel 2016), e pre­ve­de — spie­ga il Mini­ste­ro — che «i richie­den­ti pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le appar­te­nen­ti a nazio­na­li­tà, o apo­li­di, per le qua­li il tas­so di rico­no­sci­men­to del­la pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le è pari o supe­rio­re al 75%».

In secon­do luo­go, il mini­stro sta par­lan­do di arri­vi in Euro­pa o in Ita­lia? Per­ché ai ver­ti­ci degli arri­vi in Euro­pa si col­lo­ca­no, costan­te­men­te dal 2015, cit­ta­di­ni siria­ni, afgha­ni e ira­che­ni, con i soma­li intor­no alla deci­ma posi­zio­ne. Nei pri­mi mesi del 2017 la mag­gior par­te dei migran­ti giun­ti in Euro­pa attra­ver­so il Medi­ter­ra­neo (Ita­lia e Gre­cia) pro­ven­go­no da Siria, Afgha­ni­stan, Nige­ria, Iraq, Eri­trea, con la Gui­nea al sesto posto e con il Ban­gla­desh fuo­ri clas­si­fi­ca. Le cose non è che sia­no cam­bia­te così tan­to a livel­lo europeo.

In Ita­lia, inve­ce, la situa­zio­ne negli anni pas­sa­ti si rica­va dal sito del Mini­ste­ro del­l’In­ter­no (guar­da­te dove stan­no ira­che­ni, siria­ni e soma­li: né nel 2015 né nel 2016 era­no ai pri­mi posti).

 

Nel 2017 sono sen­za dub­bio aumen­ta­ti gli arri­vi di cit­ta­di­ni dal Ban­gla­desh, così come dal­la Guinea:

Quin­di, sì, ci sono sta­ti dei cam­bia­men­ti, ma non si regi­stra­no chis­sà qua­li cam­bia­men­ti. Sem­bra piut­to­sto che il mini­stro abbia para­go­na­to gli arri­vi in Euro­pa del 2015 e 2016 con gli arri­vi in Ita­lia del 2017, mischian­do le cose.

«E’ evi­den­te che chi, per 10 mila dol­la­ri, par­te dal Ban­gla­desh, rag­giun­ge in aereo il Cai­ro o Istan­bul e di lì vie­ne pre­so dai caro­va­nie­ri per esse­re con­dot­to pri­ma nel sud del Saha­ra e poi, a Sabra­ta e di lì sul­le nostre coste con bar­co­ni, non sta sfug­gen­do a una guer­ra. È chia­ro che, legit­ti­ma­men­te, cer­ca oppor­tu­ni­tà di vita miglio­ri e si affi­da all’u­ni­ca indu­stria soprav­vis­su­ta in Libia».

Quin­di anche il mini­stro Min­ni­ti è al cor­ren­te del fat­to che chiu­de­re una rot­ta (quel­la bal­ca­ni­ca, così come si vor­reb­be fare con quel­la del Medi­ter­ra­neo cen­tra­le) non vuol dire aver esclu­so la pos­si­bi­li­tà di arri­va­re in Euro­pa, ma sola­men­te aver indi­riz­za­to i flus­si ver­so per­cor­si più dif­fi­ci­li, costo­si e gesti­ti dai traf­fi­can­ti. E di chi par­te con 10mila dol­la­ri dal­la Siria, inve­ce, che fac­cia­mo? E del fat­to che nel nostro Pae­se non sia di fat­to pos­si­bi­le entra­re per cer­ca­re lavo­ro che ne fac­cia­mo? La modi­fi­chia­mo la Bos­si-Fini o no, così maga­ri un cit­ta­di­no del Ban­gla­desh potrà arri­va­re rego­lar­men­te a cer­ca­re lavo­ro spen­den­do 700 euro di volo e con in tasca 9.300 euro?

«Chi oggi pen­sa che i due ter­mi­ni, acco­glien­za e inte­gra­zio­ne, non deb­ba­no anda­re di con­ser­va e non dipen­da­no l’u­no dal­l’al­tro non met­te a rischio i desti­ni del­la sini­stra in Ita­lia, met­te a rischio il futu­ro del Pae­se. Se io sono cre­di­bi­le su que­sto, sono cre­di­bi­le quan­do, come ho fat­to in que­ste ore, chie­do 2.130 ispe­zio­ni nei cen­tri di acco­glien­za e quan­do fir­mo accor­di con l’An­ci per l’ac­co­glien­za dif­fu­sa o quan­do otten­go il voto del Par­la­men­to sul decre­to sicurezza.

Con­ver­rà che sui cen­tri di acco­glien­za c’è un pro­ble­ma di infil­tra­zio­ne mafiosa.
È il moti­vo per cui ho dispo­sto le ispe­zio­ni ed è il moti­vo per cui, con la col­la­bo­ra­zio­ne del­l’Au­to­ri­tà nazio­na­le anti­cor­ru­zio­ne, abbia­mo pre­di­spo­sto un nuo­vo tipo di con­trat­to uni­co che pre­ve­de tre novi­tà. La fine del gesto­re uni­co, la sepa­ra­zio­ne dei lot­ti e l’au­men­to dei pote­ri ispet­ti­vi del mini­stro dell’Interno».

Van­no bene tut­te le ispe­zio­ni del mon­do, ma il pro­ble­ma è aver inve­sti­to su un siste­ma emer­gen­zia­le che non garan­ti­sce né l’in­clu­sio­ne dei rifu­gia­ti e nep­pu­re tra­spa­ren­za finan­zia­ria. E’ il cosid­det­to siste­ma dei Cen­tri di Acco­glien­za Straor­di­na­ri (CAS), più vol­te al cen­tro del­le pole­mi­che a cau­sa di gestio­ni poco tra­spa­ren­ti, di cen­tri di gran­di dimen­sio­ni o sovraf­fol­la­ti, del­la man­ca­ta ero­ga­zio­ne di ser­vi­zi. Esi­ste inve­ce un siste­ma che garan­ti­sce una ren­di­con­ta­zio­ne pun­tua­le, un’ac­co­glien­za dif­fu­sa e l’e­ro­ga­zio­ne di per­cor­si di inclu­sio­ne. Si chia­ma Ser­vi­zio Pro­te­zio­ne Richie­den­ti Asi­lo e Rifu­gia­ti (SPRAR), cui i comu­ni ade­ri­sco­no su base volon­ta­ria. A fine mar­zo i posti a dispo­si­zio­ne nei cen­tri SPRAR era­no cir­ca 24mila, i posti CAS, inve­ce, 140mila. Alle ispe­zio­ni non sareb­be meglio affian­ca­re una revi­sio­ne del­la nor­ma­ti­va che ren­da obbli­ga­to­ria la gestio­ne SPRAR e quin­di resi­dua­le la gestio­ne CAS? E per qua­le ragio­ne, come abbia­mo docu­men­ta­to, sono sta­ti rimos­si i dati dal sito del Mini­ste­ro, se dav­ve­ro si vuo­le fare luce sul sistema?

«Io non pos­so com­bat­te­re la pau­ra bia­si­man­do chi ha pau­ra. Io devo aiu­tar­lo a libe­rar­si dal­la pau­ra. La sicu­rez­za è un sen­ti­re. E la cosa più impe­gna­ti­va, dun­que, è il sen­tir­si, che è qual­co­sa di vici­no al sen­ti­men­to. Dove si ragio­na con le sta­ti­sti­che non c’è sen­ti­men­to. Io sto con chi pren­de l’au­to­bus tut­te le mat­ti­ne. Io devo riu­sci­re a sen­ti­re quel­lo che pro­va lui. Non chi ha tre auto di scor­ta come me. La sicu­rez­za è un pro­ble­ma che col­pi­sce i debo­li. Per­ché i ric­chi la sicu­rez­za se la com­pra­no. È di destra sta­re con i più debo­li? È di destra coin­vol­ge­re i sin­da­ci nel­l’ac­co­glien­za dei migran­ti, nel­la pre­di­spo­si­zio­ne del con­trol­lo del ter­ri­to­rio, met­ten­do­li nel­le con­di­zio­ni di allon­ta­na­re dal­l’in­gres­so di una scuo­la chi ha pre­ce­den­ti per spaccio?».

Esat­to: biso­gna anche lavo­ra­re sul­la per­ce­zio­ne di sicu­rez­za. Che lo si fac­cia con poli­ti­che repres­si­ve inve­ce che con poli­ti­che inclu­si­ve è una scel­ta: una scel­ta di destra.

«È di destra por­ta­re da quat­tro a tre gra­di di giu­di­zio il pro­ce­di­men­to per il rico­no­sci­men­to del­l’a­si­lo per ragio­ni uma­ni­ta­rie per dare tem­pi cer­ti al dirit­to di chie­de di esse­re accol­to e alla sicu­rez­za di chi accoglie?»

Di destra o non di destra, è sicu­ra­men­te discri­mi­na­to­rio.

Non c’è nul­la da stu­pir­si, in real­tà, leg­gen­do le paro­le del mini­stro Min­ni­ti. Ci tro­via­mo di fron­te a un dise­gno pre­ci­so, a una rot­ta trac­cia­ta, che asso­cia migra­zio­ni e sicu­rez­za, come nel nostro pae­se ha sem­pre fat­to la destra. Una asso­cia­zio­ne cui l’al­lo­ra cen­tro­si­ni­stra rispon­de­va in manie­ra fer­ma, par­lan­do di inclu­sio­ne socia­le, di gestio­ne dei pro­ces­si, di supre­ma­zia del dirit­to e dei dirit­ti, nono­stan­te ci fos­se già allo­ra chi pro­po­ne­va l’i­sti­tu­zio­ne di “ron­de demo­cra­ti­che” come rispo­sta alle “ron­de pada­ne”. For­se qual­cu­no, in real­tà, non ci ha mai cre­du­to.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.