La galassia dei diritti è di tutti, difendiamola

Ziggy ci fa sapere che il viaggio è andato bene e che persino “on Mars” hanno il matrimonio egualitario. Solo che loro non lo chiamano matrimonio egualitario, lo chiamano matrimonio e basta. Perché se fosse destinato solo a pochi si chiamerebbe privilegio e questo persino i marziani lo sanno.

12584157_10153890287202342_77113163_nZig­gy ci fa sape­re che il viag­gio è anda­to bene e che per­si­no “on Mars” han­no il matri­mo­nio egua­li­ta­rio. Solo che loro non lo chia­ma­no matri­mo­nio egua­li­ta­rio, lo chia­ma­no matri­mo­nio e basta. Per­ché se fos­se desti­na­to solo a pochi si chia­me­reb­be pri­vi­le­gio e que­sto per­si­no i mar­zia­ni lo san­no.

Come mar­zia­ni si scen­de­rà in piaz­za per difen­de­re quel che resta del Ddl Cirin­nà per­ché anco­ra una vol­ta biso­gna abboz­za­re e dire: meglio di nien­te. Per­ché è il peri­co­lo del nien­te che ha atti­va­to le piaz­ze, si scen­de in stra­da per difen­de­re un decre­to che per­met­te alle cop­pie omo­ses­sua­li di esse­re un po’ meno discri­mi­na­te, ma li ren­de pur sem­pre di serie B, con figli di serie B e fami­glie di serie B.

Le piaz­ze del 23 dovreb­be­ro esse­re piaz­ze dell’impegno civi­le, di una bat­ta­glia che vie­ne soprat­tut­to da chi i dirit­ti li ha già, visto che “esse­re un po’ meno discri­mi­na­ti” non può esse­re e non è un obiet­ti­vo del movi­men­to Lgbt. Esi­ste l’uguaglianza o non esi­ste, “discri­mi­na­te­ci sof­tly” non è il tema cen­tra­le di nes­su­na piat­ta­for­ma riven­di­ca­ti­va Lgbt. Il movi­men­to vuo­le il matri­mo­nio, non un accroc­chio nor­ma­ti­vo che da unio­ne civi­le si è tra­sfor­ma­to in “for­ma­zio­ne socia­le spe­ci­fi­ca” e che noi chia­me­re­mo per como­di­tà truf­fa. Per­ché le paro­le sono impor­tan­ti, più che mai in que­sta storia.

Saba­to 23 gen­na­io 2016 si scen­de in piaz­za per difen­de­re un decre­to leg­ge nato per cer­ca­re di assot­ti­glia­re le discri­mi­na­zio­ni tra i cit­ta­di­ni ita­lia­ni, ma come sap­pia­mo il Ddl è sta­to len­ta­men­te svuo­ta­to. Anche que­sti ulti­mi ama­bi­li e mar­to­ria­ti resti, stan­no per esse­re stra­vol­ti a suon di emen­da­men­ti pro­po­sti per lo più dall’ala cat­to­li­ca del Pd. Per­ché, è il caso di ricor­dar­lo, que­sto Ddl è una pro­po­sta del Pd, par­ti­to che ha sdo­ga­na­to la schi­zo­fre­nia come sti­le di vita, pri­ma, e for­ma di gover­no, poi. Il Pd non ha ade­ri­to alla mani­fe­sta­zio­ne del 23 per difen­de­re una pro­pria pro­po­sta, e gli emen­da­men­ti che pro­ba­bil­men­te affos­se­ran­no il Ddl sono tut­ti frut­ti di fuo­co amico.

L’ultimo in ordi­ne di tem­po è l’emendamento che pre­ve­de 12 anni di car­ce­re per chi “orga­niz­za” ute­ro in affit­to all’estero. Ebbe­ne ricor­dia­mo che il Ddl Cirin­nà non legi­fe­ra su ute­ro in affit­to, pra­ti­ca vie­ta­ta in Ita­lia. L’unica nor­ma che riguar­da i figli è quel­la rela­ti­va a figli già nati, già esi­sten­ti, in car­ne ossa e ginoc­chia sbuc­cia­te: la ste­p­child adop­tion, che comun­que dà ai figli adot­ta­ti dirit­ti di serie B, negan­do, ad esem­pio, la con­ti­nui­tà dell’asse ere­di­ta­rio del geni­to­re adot­ti­vo.

Poi­ché per i ben­pen­san­ti del regres­so “ste­p­child adop­tion” era trop­po dif­fi­ci­le da ripe­te­re, han­no comin­cia­to ad attac­ca­re l’utero in affit­to. Una azio­ne fuor­vian­te  avvia­ta da una fran­gia di “Se non ora quan­do” che ha dise­gna­to sce­na­ri di sfrut­ta­men­to e sopru­si tali, in meri­to alla gesta­zio­ne per altri, da far­la per­ce­pi­re come peri­co­lo immi­nen­te. Insom­ma il mes­sag­gio è ini­zia­to ad esse­re: se pas­sa la Cirin­nà si arri­va all’utero in affit­to in quat­tro e quat­tro otto.

In que­sta sto­ria mar­zia­na il par­la­re male e pen­sa­re male, vin­co­no sui fat­ti. Mai come in que­sti gior­ni si sen­te la man­can­za di una leg­ge con­tro l’omofobia. E mai come in que­sti gior­ni sem­bra rivi­ve­re il para­dos­so che si por­tò die­tro tut­to l’iter del­la man­ca­ta appro­va­zio­ne: la liber­tà di opi­nio­ne dife­sa in quel­la sede fa li paio con la liber­tà di coscien­za invo­ca­ta da Ren­zi che si è guar­da­to bene dal por­re la fiducia.

Come se legi­fe­ra­re sul­la pel­le di ita­lia­ne ed ita­lia­ni, su que­stio­ni che riguar­da­no l’assistenza di un part­ner o del figlio del part­ner in caso di malat­tia, il dirit­to di ere­di­ta­re beni e pen­sio­ne di rever­si­bi­li­tà da par­te del part­ner, il rico­no­sci­men­to dei dirit­ti dei figli di fami­glie omo­ge­ni­to­ria­li, sia­no que­stio­ni di coscien­za, non nor­ma­li que­stio­ni legi­sla­ti­ve che inci­do­no nel­la vita quo­ti­dia­na degli ita­lia­ni come il Jobs Act.

Il gio­go poli­ti­co è aiu­ta­to dal gio­co media­ti­co. Per­ché vive­re in un pae­se civi­le, noma­le per­ché nor­ma­to secon­do rego­le basi­la­ri di demo­cra­zia, pre­sup­po­ne un rac­con­to basa­to su eti­ca e deon­to­lo­gia. Paro­le desue­te, anzi, qua­si male­pa­ro­le. Il caso Sarri/Mancini ne è un gran bell’esempio: dagli all’omofobo a Sar­ri ma lascia sta­re Sal­lu­sti che dice che le unio­ni civi­li apro­no alla pedo­fi­lia. Sce­glie­re cosa rac­con­ta­re ed in che ter­mi­ni è atto poli­ti­co, e cam­bia il modo di pen­sa­re del­la gen­te. E’ dal­la comu­ni­ca­zio­ne, dai media e dai ter­mi­ni uti­liz­za­ti, che si deve riscri­ve­re la sto­ria dei dirit­ti, per non esse­re trop­po soli in que­sta galas­sia e riu­sci­re a deci­fra­re anche i mes­sag­gi from Mars, dove ugua­li vuol dire ugua­li.

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