C’era un volta la Sardegna regione modello per la tutela del paesaggio, quella del primo Piano paesaggistico regionale, quella che fece scuola.
C’era una volta. E ora? Probabilmente se l’è un po’ dimenticata (o se la ricorda male) l’attuale Giunta Pigliaru, che ha appena licenziato le nuove norme per l’Urbanistica.
Si tratta di due DDL, ancora da discutere nel Consiglio Regionale, che riordinano e ridisegnano l’intera materia; il primo contiene norme abrogative e correttive di vecchie e recenti Leggi Regionali, il secondo costituisce il vero e proprio testo per la “disciplina generale del governo del territorio”.
Era difficile aspettarsi nuovi rischi per il paesaggio sardo dopo le polemiche di due anni fa durante la discussione e la successiva approvazione della L.R. 8/2015. Si trattava, tra l’altro, solo di norme da tutti definite transitorie nell’attesa della vera Legge Urbanistica Regionale. Il nuovo “combinato disposto” però, invece di fugare definitivamente i dubbi ripropone alcune criticità e ne introduce di nuove che riguardano, essenzialmente, la concessione di nuove volumetrie in deroga ai parametri e agli indici previsti dagli strumenti urbanistici nei centri abitati, ma anche nell’agro e soprattutto nelle coste.
E’ allarmante, in particolar modo, la nuova disciplina per le strutture turistico-ricettive, che consente incrementi di volumetria sino al 25% anche nei centri storici e nelle strutture localizzate entro i 300 metri dalla linea di battigia marina, ridotti a 150 metri nelle isole minori.
In pratica, nella famosa fascia di “tutela integrale”.
Il DDL peraltro non esclude il “bonus” volumetrico anche alle strutture esistenti che diverranno turistico-ricettive in futuro e prevede la possibilità di nuovi futuri insediamenti di interesse turistico localizzati all’interno della fascia costiera, come definita e individuata dal Piano paesaggistico regionale, che dovranno essere solo “preferibilmente” localizzati in contiguità con quelli eventualmente esistenti o con i centri abitati.
Ce n’è abbastanza per definire queste nuove norme lontane dallo spirito originario del Piano Paesaggistico Regionale, che mirava alla salvaguardia della fascia dei 300 metri e alla valorizzazione delle volumetrie esistenti nei centri costieri per strutture di accoglienza diffuse, promuovendo nuovi sistemi di mobilità verso le spiagge e non nuovi volumi vicini alle spiagge.
Se a ciò sommiamo alcune prescrizioni per l’edificato rurale (si autorizzano incrementi volumetrici anche per l’edificato esistente non legato alla conduzione del fondo) e le volumetrie già previste dal “piano casa” e ora prorogate (portate ovunque in zona B e C al limite del 30% dei volumi esistenti fino ad un massimo di 120 m3 e già concesse anche nei centri storici sino al 20% — 70 m3) il quadro che emerge è quello di un sistema di bonus diffuso.
E’ singolare che nella stesura di una Legge Urbanistica moderna che ha tra le sue finalità la tutela del territorio costiero e del paesaggio rurale e montano, la valorizzazione delle identità storico-culturali degli insediamenti, il contenimento del consumo di suolo, la riqualificazione ed il recupero edilizio non si siano trovati sistemi incentivanti migliori delle sole premialità volumetriche; non vogliamo demonizzarle, in alcuni casi (come, ad esempio, quelli pure previsti dei trasferimenti di volumi per la riqualificazione ambientale e paesaggistica di siti “sensibili” o a rischio idrogeologico) sono strumenti da sperimentare; negli altri paiono invece una strada troppo facile, tanto più che le premialità sono sì concesse con una serie di condizioni, ma tra queste in realtà non compare mai in maniera esplicita la riqualificazione complessiva (paesaggistica, energetica) dell’intero complesso/unità immobiliare.
Si introduce così un concetto dannoso: che la riqualificazione, il recupero, il minor consumo di suolo siano in qualche modo legati alla concessione di nuove volumetrie “in deroga”, che vanno a sommarsi a quelle pianificabili nel futuro.
L’obiettivo dichiarato dei bonus nelle fasce costiere è quello di migliorare qualitativamente l’offerta ricettiva per il superamento della stagionalità del turismo in Sardegna, fortemente concentrato nei mesi estivi. Riteniamo che sia la strada giusta?
Pensiamo che le presenze turistiche aumenteranno in Sardegna anche se non avremo un sistema di trasporti all’altezza? Se per andare dall’Aeroporto di Cagliari verso le coste o l’interno saranno ancora necessarie ore? Se spostarsi all’interno senza un mezzo proprio sarà sempre difficilissimo? Abbiamo incentivato un’offerta turistica integrata che valorizzi anche l’interno? Come promuoviamo la Sardegna, la sua singolarità e le sue potenzialità di meta per tutte le stagioni? La qualità dei servizi turistici (tutti i servizi) è all’altezza?
Tutte questioni, queste, per la risoluzione delle quali in questi anni si è fatto poco o nulla.
Cristiano Castangia