La lezione del coronavirus: il personale sanitario va protetto

Il 38enne di Codogno, il cosiddetto paziente 1, è risultato positivo ai test il 18 febbraio e da quella data il numero dei contagiati e dei decessi non ha fatto altro che aumentare: oggi 26 marzo in Italia ci sono 80.539 casi confermati con 8.165 pazienti deceduti tra cui si conta anche personale sanitario. Morti sul lavoro, dunque.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ieri è sta­to final­men­te sigla­to dal­le prin­ci­pa­li sigle sin­da­ca­li e dal Mini­stro Rober­to Spe­ran­za il “Pro­to­col­lo per la pre­ven­zio­ne e la sicu­rez­za dei lavo­ra­to­ri del­la sani­tà per l’emergenza da Covid-19, che va a rego­la­men­ta­re le misu­re per il con­tra­sto e il con­te­ni­men­to del­la dif­fu­sio­ne del virus SARS-CoV‑2 negli ambien­ti di lavoro.

Ieri, 25 mar­zo, 37 gior­ni dopo il pri­mo caso di tra­smis­sio­ne secondaria.

Il 38enne di Codo­gno, il cosid­det­to pazien­te 1, è risul­ta­to posi­ti­vo ai test il 18 feb­bra­io e da quel­la data il nume­ro dei con­ta­gia­ti e dei deces­si non ha fat­to altro che aumen­ta­re: oggi 26 mar­zo in Ita­lia ci sono 80.539 casi con­fer­ma­ti con 8.165 pazien­ti dece­du­ti tra cui si con­ta anche per­so­na­le sani­ta­rio. Mor­ti sul lavo­ro, dunque.

Gli ulti­mi dati par­la­no di 6205 ope­ra­to­ri sani­ta­ri con­ta­gia­ti: 36 medi­ci dece­du­ti, casi di sui­ci­dio tra infer­mie­ri, l’ultima a Mon­za a soli 34 anni, e si con­ta­no le vit­ti­me anche tra tut­ti gli altri ope­ra­to­ri, come i farmacisti.

La denun­cia da par­te dei sani­ta­ri di assen­za di pre­si­di di pro­te­zio­ne indi­vi­dua­le ido­nei e in quan­ti­tà suf­fi­cien­ti è arri­va­ta subi­to, già dai pri­mi gior­ni, quan­do si sono mostra­te subi­to evi­den­ti le cri­ti­ci­tà per gli ope­ra­to­ri stessi.

Trop­po spes­so gli ope­ra­to­ri sono sta­ti costret­ti ad usa­re le sole masche­ri­ne chi­rur­gi­che, spes­so non ido­nee per la man­sio­ne che dove­va­no com­pie­re (dichia­ra­te uffi­cial­men­te ido­nee per mol­te man­sio­ni for­se solo per­ché non dispo­ni­bi­li le masche­re FFP2 e FFP3), mol­ti ope­ra­to­ri sono sta­ti costret­ti ad usa­re la stes­sa masche­ri­na per più gior­ni, quan­do sono pre­si­di che van­no cam­bia­ti ogni poche ore per­ché risul­ti­no effi­ca­ci. Soprat­tut­to a livel­lo ter­ri­to­ria­le la man­can­za di pre­si­di è ecla­tan­te, con il per­so­na­le sani­ta­rio che spes­so è anche dovu­to ricor­re­re all’ingegno e al “fai da te” per disin­fet­ta­re spes­so l’unica masche­ri­na in pos­ses­so o addi­rit­tu­ra crea­re fil­tri idonei.

Non solo ha pesa­to l’assenza di DPI ade­gua­ti ma anche la scel­ta, mol­to discu­ti­bi­le, di non sot­to­por­re il per­so­na­le sani­ta­rio a test, scel­ta che ha por­ta­to ad ave­re un ope­ra­to­re su 10 con­ta­gia­to (in Cina gli ope­ra­to­ri con­ta­gia­ti sono sta­ti il 3,8%): ini­zial­men­te le rego­le deci­se dall’Istituto Supe­rio­re di Sani­tà pre­ve­de­va­no l’esecuzione del tam­po­ne solo agli ope­ra­to­ri sin­to­ma­ti­ci (non con sin­to­mi lie­vi). Da alcu­ni gior­ni si par­la di ese­gui­re il test anche ai sani­ta­ri asin­to­ma­ti­ci venu­ti a con­tat­to con pazien­ti Covid-19 posi­ti­vi, ades­so con il nuo­vo Pro­to­col­lo sigla­to si par­la final­men­te di ese­guir­lo a tut­ti, ma è una misu­ra pur­trop­po che arri­va mol­to in ritardo.

“Assi­cu­ra­re che tut­to il per­so­na­le espo­sto che ope­ra nei ser­vi­zi ogget­to del pre­sen­te pro­to­col­lo, in via prio­ri­ta­ria ven­ga sot­to­po­sto ai test di labo­ra­to­rio neces­sa­ri ad evi­den­zia­re l’e­ven­tua­le posi­ti­vi­tà al SARS-CoV‑2, anche ai fini del­la pro­se­cu­zio­ne del­l’at­ti­vi­tà lavo­ra­ti­va, pre­ve­den­do anche l’e­ven­tua­le caden­za perio­di­ca, secon­do cri­te­ri sta­bi­li­ti dal cita­to CTS e dal­le cir­co­la­ri ministeriali.”

Gli ospe­da­li sono pur­trop­po già diven­ta­ti una del­le sedi del con­ta­gio e, spes­so, gli ope­ra­to­ri stes­si degli incon­sa­pe­vo­li vet­to­ri del virus, così come a domi­ci­lio o nel­le strutture.

Il pro­to­col­lo è sta­to sigla­to dopo che i medi­ci dell’Ospe­da­le Papa Gio­van­ni XXIII di Ber­ga­mo han­no lan­cia­to un duro atto di accu­sa dal­le pagi­ne del New England Jour­nal of Medi­ci­ne Cata­ly­st dove appun­to fan­no nota­re come la strut­tu­ra sia ormai alta­men­te con­ta­mi­na­ta e al col­las­so. Un pun­to impor­tan­te che toc­ca­no i medi­ci “dav­ve­ro in pri­ma linea” è l’impre­pa­ra­zio­ne a un even­to simi­le, soprat­tut­to gestio­na­le, e la neces­si­tà di pas­sa­re dal con­cet­to di patient-cen­te­red care a quel­lo di com­mu­ni­ty-cen­te­red care, di cam­bia­re pro­spet­ti­va con l’ausilio di esper­ti di salu­te pub­bli­ca e di even­ti come le epidemie.

Come spes­so acca­de quel­lo che è venu­to a man­ca­re è il sup­por­to anche alla medi­ci­na ter­ri­to­ria­le, alla comu­ni­tà, per evi­ta­re il sovraf­fol­la­men­to degli ospe­da­li e far sì che vi ricor­ra­no solo i pazien­ti gra­vi. Sareb­be sta­ta neces­sa­ria una pre­co­ce atti­va­zio­ne di ser­vi­zi anche al domi­ci­lio, con pos­si­bi­li­tà di som­mi­ni­stra­re tera­pie già nel­le pri­me fasi di malat­tia, per poter evi­ta­re l’ospedalizzazione.

Fare tam­po­ni o, meglio, nuo­vi test mol­to più rapi­di, al mag­gior nume­ro di per­so­ne pos­si­bi­le per indi­vi­dua­re gli asin­to­ma­ti­ci, sani­ta­ri e non, sem­bra fon­da­men­ta­le, come ci han­no inse­gna­to altri pae­si, ma anche non muo­ver­si “a caso”, andan­do a cer­ca­re in modo capil­la­re tut­ti i con­tat­ti dei pazien­ti posi­ti­vi, anche con l’ausilio del­la tec­no­lo­gia per iso­lar­li e por­li in quarantena.

Pro­prio per que­sto il 24 mar­zo 290 scien­zia­ti ita­lia­ni han­no sot­to­scrit­to un appel­lo indi­riz­za­to al Pre­mier Con­te e ai Gover­na­to­ri del­le Regio­ni, per­ché si pos­sa­no uti­liz­za­re tut­te le risor­se dispo­ni­bi­li, secon­do loro già pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio, per testa­re non più solo gli indi­vi­dui sin­to­ma­ti­ci, ma per anda­re a cer­ca­re l’enorme baci­no degli asin­to­ma­ti­ci che sono il ser­ba­to­io che per­met­te al virus di con­ti­nua­re a propagarsi.

Fosca Benne[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.