[vc_row][vc_column][vc_column_text css=”.vc_custom_1506065554565{margin-top: 20px !important;}”][/vc_column_text][vc_column_text]Alla fine l’ennesima proposta di legge elettorale è arrivata e il sistema è sostanzialmente quello che era stato anticipato: oltre due terzi dei seggi (231 alla Camera e 102 al Senato) sono attribuiti con il sistema maggioritario uninominale, mentre la restante parte con il sistema proporzionale, nell’ambito di collegi plurinominali, composti di liste bloccate (che alla Camera possono contenere fino a sei candidati).
Tutto in pratica è bloccato: lo è, naturalmente, il candidato nel collegio uninominale (e questo è fisiologico rispetto a quel sistema), lo sono i candidati nelle liste proporzionali (e questo, invece, fisiologico non è), ma soprattutto lo è il voto dell’elettore, che è unico e deve prendere insieme il candidato nel collegio uninominale e una lista (bloccata) che lo appoggia. Però, un candidato nel maggioritario (al cui nome non sarà affiancato nessun simbolo di partito) può essere appoggiato anche da più liste (essendo state espressamente previste le coalizioni, sconosciute in ogni altro Paese). In questo caso se alcuni elettori si esprimono solo per il candidato nell’uninominale, i loro voti – fate bene attenzione – sono ripartiti tra le liste della coalizione in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio plurinominale. Si tratta di un’evidente aberrazione che peraltro attribuisce all’elettore scelte che non ha compiuto – e che in molti casi probabilmente non saprà neppure di avere compiuto – incidendo negativamente sulla sua libertà di voto.
Ci sono poi altri aspetti che lasciano davvero molto perplessi. Ad esempio, se la soglia che le liste devono ottenere per vedersi attribuiti seggi è del 3%, basta però l’1% per portare voti alla coalizione, avvantaggiandone i partiti che superano lo sbarramento, ciò agevolando la presentazione di liste che non hanno possibilità di entrare in Parlamento, ma che sono portatrici d’acqua (magari anche costituite a quest’unico fine) di quelle maggiori nell’ambito della coalizione (secondo una tecnica già sperimentata soprattutto a destra).
Un altro aspetto che colpisce è che, pur essendo previste le coalizioni la presentazione del programma elettorale e del “capo” avviene da parte del partito o gruppo politico, non essendo previsto (come invece nella legge 270 del 2005, ancora vigente per il Senato) che, nel caso di presentazione in coalizione, vi sia un unico programma e un unico “capo”. Pertanto gli elettori potrebbero trovarsi a votare per un grappolo di parlamentari bloccati, appartenenti a diverse forze politiche, che hanno presentato magari con un programma differente.
La conclusione è che la proposta in questione risulta l’ennesimo pasticcio, fatto probabilmente con l’occhio troppo fisso sulle ormai imminenti elezioni che impediscono di pensare liberamente al sistema migliore per consentire la rappresentanza dei cittadini cercando di favorire anche la stabilità degli esecutivi (che rimane poi comunque una questione soprattutto politica). Per questo, come abbiamo già detto più volte, sarebbe stato più utile concentrarsi sull’armonizzazione delle attuali due (diverse) leggi elettorali per le due Camere. Senza soluzioni frettolose ma senza perdere tempo.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]